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Ricerca scientifica e rientro dei cervelli

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sandra-savaglioTorna nella “sua Calabria” dopo 23 anni di assenza e dopo essere diventata l’emblema dei cervelli in fuga dall’Italia. L’astrofisica cosentina Sandra Savaglio, a distanza di dieci anni, cambia il titolo di quella copertina del settimanale americano “Time” che, nel 2004, scriveva sul suo volto “How Europe lost its science stars”, ovvero come l’Europa ha perso le proprie stelle della scienza

di Dominella Trunfio

Ritornerà a casa in autunno, lasciando la Germania consapevole che è un «Paese messo meglio per il finanziamento alla ricerca» e scommetterà sul futuro del Belpaese e su quello universitario, dopo aver accettato il ruolo di professore ordinario all’Unical di Arcavacata (Cosenza), dove c’è un Dipartimento di Fisica definito da Savaglio «un gioiellino, un fiore all’occhiello per la regione e per il Paese» e dove l’astrofica ha conseguito con lode la laurea e il dottorato di ricerca. «Mi aspetto» dice «di avere a disposizione delle risorse umane, ovvero studenti e giovani ricercatori. Per quello non c’è crisi economica che regga: in Calabria le risorse ci sono e non hanno niente da invidiare alla Germania».

Un rientro, quello della scienziata, che coincide anche con la vittoria del prestigioso Premio Casato Prime donne promosso dalle Cantine di Donatella Cinelli Colombini che incorona, dal 2000, un personaggio femminile che si è contraddistinto per essere stato d’esempio o di aiuto ad altre donne e che nel 2012 era stato vinto da un’altra calabrese, l’attuale Ministro degli Affari Regionali, Autonomie e Sport ed ex sindaco di Monasterace, Maria Carmela Lanzetta. Il Premio, che prevede anche altre sezioni dedicate alla valorizzazione della campagna senese in tutti i suoi aspetti umani, culturali e produttivi in campo giornalistico e fotografico, ha una giuria interamente femminile presieduta da Francesca Cinelli Colombini e composta da Rosy Bindi, Anselma Dell’Olio, Anna Pesenti, Stefania Rossini, Anna Scafuri e Daniela Viglione.

«Ho sempre fatto quello che la gente non si aspettava da me come donna: la scienziata, lo sport, la difesa di chi non ha voce, contro gerarchie di cui in tanti hanno smisurato rispetto» si legge nella dedica di Savaglio che ritirerà ufficialmente il premio il 14 settembre a Montalcino (Siena), «non per la mia gloria, ma perché quello mi sembrava la cosa più giusta per me e per i valori che ho imparato dalla mia terra. Una sfrontatezza che, consapevole, avrei pagato a mie spese». Un riconoscimento assegnato ai suoi meriti da scienziata -160 pubblicazioni nelle più prestigiose riviste scientifiche internazionali, come “Nature” e “Astrophysical Journal” e al suo coraggio civile che emerge nel libro – denuncia scritto con Mario Caligiuri sul mondo della ricerca in Italia.
«Da grande mi piacerebbe fare la scienziata astrofisica, adoro scrutare il cielo, le galassie, pensare all’infinito, capire com’è fatto l’universo». Già a diciassette anni, quando ancora era una studentessa del Liceo scientifico “Scorza” di Cosenza, Savaglio aveva le idee ben chiare sul suo futuro. Una passione che ben presto si trasforma in lavoro portandola alle Hawai e alla scoperta, grazie al telescopio “Gemini”, delle origini più antiche della nostra galassia. Nel 1991, dopo la laurea e due di dottorati, la scienziata firma un contratto che la porta all’Università di Baltimora. Qui esplora le galassie, si occupa dell’arricchimento chimico dell’universo, dei fenomeni esplosivi, fa scoperte fondamentali per la comprensione delle galassie che ospitano i lampi gamma. Adesso, dopo più di otto anni, lascia il Max Planck Institute di Garching in Germania e si dedicherà ai suoi nuovi studenti.

Una prima donna in tutto e per tutto, un simbolo di cambiamento del ruolo femminile come Donatella Cinelli Colombini, la fondatrice delle Cantine che organizzano il premio e sono le prime in Italia con un organico interamente rosa. In comune le due donne hanno avuto il coraggio di esplorare mondi maschili per eccellenza, Savaglio quello della scienza, Colombini quello del vino.
«Nel 1998» dice Colombini «creai una azienda per conto mio, composta dal Casato a Montalcino e dalla Fattoria del Colle a Trequanda, staccandomi da quella storica della mia famiglia. Mi era stata data una porzione di vigne e case da ristrutturare completamente e una piccola quantità di Brunello di Montalcino che è un vino che ha bisogno di molte cure. A quel punto» continua «telefonai alla scuola di enologia di Siena chiedendo un cantiniere e mi risposero di no, perché ci voleva un sacco di tempo per prenotarlo. Ma quando gli chiesi se c’era un enotecnico donna mi dissero che ce ne erano tantissime perché nessuno le voleva assumere».


Ascolta qui l’intervista audio a Donatella Cinelli Colombini


Questo episodio fu l’inizio per la creazione di un’inversione di tendenza. «Mi resi conto che c’era una discriminazione larga, profonda e antica. Da qui, l’obiettivo diventò dimostrare come una cantina potesse essere gestita solo da donne».
«Mi accorsi poi che nelle guide che giudicano i vini c’erano solo assaggiatori maschi, nacque così l’idea del Brunello Prime donne che viene assaggiato da un gruppo di quattro donne. E dopo arrivò il premio grazie alla giornalista Rai, scomparsa nel 2009, Ilda Bartoloni che mi guidò a capire che si poteva guardare ad un tipo di orizzonte femminile differente, così come ha fatto Savaglio».
«Lei» aggiunge Colombini «è il primo esempio di grande scienziato che torna, un segno di coraggio per la rinascita economica e di ricchezza per il mondo universitario, se si considera che in questo momento nella classica internazionale delle università (la Arwu, Academic Ranking of World Universities 2014, un elenco delle 500 migliori del mondo, ndr) non ce nessuna italiana sopra il 150° posto».
«Può esserci una macchina di ripresa. E tutte le dediche lasciate dalle vincitrici a Montalcino ripetono sempre lo stesso concetto: l’importante è provarci, anche a costo di non riuscire, non bisogna tirarsi indietro ma bisogna provarci».

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