In Bocconi è stata inaugurata la Rodolfo Debenedetti Chair in Entrepreneurship che è nata con l’obiettivo di fornire strumenti e tecniche per arricchire le competenze dei protagonisti del nostro sistema aziendale
di Cristina Mazzani
Il sistema imprenditoriale che ha caratterizzato gli anni Ottanta non funziona più. Fabiano Schivardi, titolare della neonata Rodolfo Debenedetti Chair in Entrepreneurship in Bocconi, è abbastanza lapidario nel focalizzare la situazione.
“A quei tempi” ha specificato “si imparava a fare l’imprenditore sul campo, all’interno della famiglia di origine, oppure si iniziava nel proprio distretto industriale, osservando gli altri per poi decidere di mettersi in proprio. Agendo così, prodotti e processi risultavano standardizzati nel tempo. Questo rappresentava una cosa positiva, ci si assicurava una buona qualità, costi contenuti, ma non lasciava grande spazio all’innovazione. Senza dubbio, i distretti hanno rappresentato una fucina importante per la nostra imprenditorialità, ma bisogna capire che ora non è più sufficiente. In questo delicato momento storico abbiamo competitor molto forti sulla produzione standard, che, se parliamo per esempio di Cina, possono usufruire di costi di manodopera molto bassi, direi irraggiungibili.
La competizione quindi deve essere giocata su un altro livello e non basta guardare all’evoluzione tecnologica: bisogna saper sviluppare il proprio business, adottare modelli nuovi, aprire nuovi canali di sbocco e così via.
La cattedra in Entrepreneurship nasce proprio con lo scopo di offrire agli imprenditori di oggi e di domani la formazione necessaria per acquisire quelle tecniche di gestione (del personale, dei processi, dei sistemi di reclutamento eccetera) ormai imprescindibili per far crescere le imprese, a qualsiasi industry esse appartengano, e farle diventare organizzazioni complesse”.
La Cattedra è stata istituita grazie a una donazione a titolo personale, dell’ammontare di 3 milioni di euro, di Carlo De Benedetti; è una cattedra intitolata e permanente, ovvero la cui attività è finanziata dai proventi di un fondo di dotazione, donato per fini filantropici da un individuo o un’impresa e investito dall’Università stessa.
“Con questa iniziativa in memoria di mio padre” ha affermato De Benedetti in occasione della Lectio Inauguralis “vorrei, insieme all’Università Bocconi, aiutare i giovani che nonostante tutte le negatività hanno voglia di provarci. Sono profondamente convinto che la creazione dello spirito imprenditoriale è il risultato di una fitta trama di valori, educazione familiare, aspirazioni personali, e che il principio che ordina tutte queste variabili è in ultima istanza rappresentato dai percorsi di istruzione e formazione”.
“Con l’impegno su temi strategici come quello dell’imprenditorialità, che verrà ora potenziato in nome di Rodolfo Debenedetti e grazie alla lungimiranza di Carlo De Benedetti” ha affermato il presidente della Bocconi, Mario Monti “la Bocconi intende contribuire sempre più ad una positiva evoluzione della società italiana ed europea, sia con una ricerca rigorosa ed aperta alla realtà, sia con la formazione di una classe dirigente responsabile e in grado di affrontare, nel privato e nel pubblico, le sfide della crescita e dell’occupazione”.
Il corso partirà nel secondo semestre di quest’anno accademico, a febbraio, e sarà inserito nella laurea triennale.
“Ma non ci limiteremo a questo” ha aggiunto Schivardi: “organizzeremo un gruppo di ricerca attorno a questi temi e a quanto riguarda, più in generale, il sistema produttivo italiano per capire come rimediare al ristagno. L’obiettivo finale è l’elaborazione di proposte concrete e attività strutturate. Prendiamo a esempio la Silicon Valley, oltre a esservi presenti molte imprese tecnologiche, si tratta di una zona in cui sono sono attive due università, industrie di venture capital eccetera; tutto questo ci deve far capire che per risultati vincenti, servono cioè più attori che supportino e integrino le varie competenze specifiche”.
Se la tesi di Schivardi è che anche le nuove abilità si possono imparare, i percorsi che si possono seguire in questo senso sono due e possono essere complementari. Una formazione più strutturata dell’imprenditore, da un lato, e, dall’altro, l’acquisizione di tali abilità dall’esterno attraverso l’allargamento del gruppo manageriale a seguito tipicamente di finanziamenti di venture capital. L’Italia a questo proposito si trova in una posizione particolare rispetto al resto del Continente.
Il nostro Paese, infatti, è più o meno allineato al resto d’Europa in termini di percentuale di imprese a controllo familiare (85,6%, con la Francia all’80% e la Germania all’89,8%) e rimane in linea con la Germania in termini di percentuale di imprese familiari con amministratore delegato familiare (83,9% l’Italia, 84,5% la Germania), si caratterizza invece per una quota senza uguali di imprese in cui l’intero gruppo dirigente è di estrazione familiare (66,3%, con la Spagna al 35,5% e la Germania al 28%).
“Si deve inoltre rilevare” ha aggiunto Schivardi “che in Italia gli imprenditori sono dipendenti dalle banche, invece sarebbe meglio diversificare gli strumenti finanziari guardando per esempio al mondo dell’equity finance. Arricchire, sotto molteplici punti di vista, la propria impresa significa crescita e risultati per il futuro”.
(Nella foto: Fabiano Schivardi, titolare della neonata Rodolfo Debenedetti Chair in Entrepreneurship in Bocconi)