Eventi socio-culturali

Un nuovo modello di welfare per superare la crisi

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squinziL’Italia risale i vertici della classifica Ocse sull’economia sociale grazie alle donne in Cda  

di Daria Contrada

Aumentare gli investimenti dello Stato nel settore del welfare. È stato questo il tema del convegno “Economia e Finanza sociale” promosso a Roma da Confindustria e Fondazione San Patrignano. Tema che in un Paese ancora in recessione, con un trend demografico di progressivo invecchiamento, riporta alla luce la tanto attesa riforma del welfare.

L’Italia spende meno degli altri Paesi europei. Secondo l’Istat la spesa pubblica sociale rappresenta il 68% del totale delle uscite del bilancio dello Stato: 509 miliardi di euro solo nel 2013. Settori come sanità, invalidità, sostegno alle famiglie, housing ed esclusione sociale costituiscono il 20,8% di questa somma (165 miliardi), mentre l’8,5% è costituito dalla spesa per l’istruzione (65 miliardi) e appena lo 0,7% per la cultura (6 miliardi di euro circa). Tuttavia i vincoli imposti all’espansione di bilancio, dalla spending review agli accordi di Basilea, limitano fortemente questa possibilità. Si stima così che il gap tra spesa pubblica necessaria e spesa pubblica sostenibile per il periodo 2014-2020 sarà di circa 150 miliardi di euro.

Nel corso del suo intervento al convegno, il ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, si è soffermato sulle modalità per incrementare l’impegno pubblico in questi settori cruciali e ha posto l’accento sulla necessità di valorizzare l’immenso patrimonio culturale e territoriale italiano, a prescindere dalla crisi economico-finanziaria ancora in atto. “Oggi è fondamentale passare ad una gestione mista pubblico-privato per poter investire di più e meglio”, con l’obiettivo di riuscire a coinvolgere le imprese private negli investimenti che riguardano i beni comuni aiutandole a pensare ai benefici di lungo periodo.

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Gli imprenditori, però, si trovano ancora tanti ostacoli sul proprio cammino. Il presidente del Comitato Tecnico per il Fisco di Confindustria, Andrea Bolla, ha denunciato nuovamente l’insostenibilità del peso fiscale e delle norme bizantine che lo accompagnano: “insieme al lavoro, il fisco resta una priorità, una leva da utilizzare”, ma fino ad ora “i passi compiuti dal governo sono stati troppo timidi e lenti. Noi imprenditori ci siamo. La politica deve rispondere coi fatti, realizzando con coraggio le riforme che sono sul tavolo. Dobbiamo ricreare condizioni di fiducia e impedire che questo Paese si rassegni o ceda allo sconforto”.

La Fondazione San Patrignano è da sempre impegnata nella ricerca di un nuovo modello di economia e di strumenti finanziari che possano andare a sostegno del non profit. “Dobbiamo superare le divisioni fra mondo del profit e del no-profit” ha affermato Letizia Moratti, cofondatrice della Fondazione. “L’impresa si deve sentire partecipe del bene comune e per farlo si deve pensare al lungo periodo. L’anno scorso l’Italia, rispetto all’indice di economia positiva, era posizionata al 29 posto tra i paese Ocse; quest’anno si posiziona al 22esimo posto insieme con Israele, Portogallo e Slovenia, scalando così sette posizioni in 12 mesi, grazie all’aumento della presenza femminile in posizione di vertice sia in economia che in politica. Dobbiamo fare in modo che l’indice di economia positiva sostituisca il Pil e, nel frattempo, inserire nel Pil il volontariato e le attività sociali. Il governo sta lavorando per rafforzare il terzo settore attraverso un fondo di 500 milioni di euro per le imprese sociali. E già un primo passo. Ci sono però altri paesi come la Francia che hanno adottato modelli che potrebbero rappresentare un esempio per un paese come il nostro”.
Utilizzare le risorse dello Stato per finanziare il welfare rappresenta “un cambiamento epocale” secondo il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che ha proposto una riflessione: “serve il lungo periodo per affrontare questi temi. Si deve usare la stessa fantasia dei contadini che seminano per raccogliere i frutti dopo qualche mese. Ad oggi l’idea di economia sociale sta crescendo ma ora bisogna fornire ai cittadini gli strumenti perché ciò si tramuti in realtà. Non basta dare 300 euro a chi ha bisogno di aiuto ma gli si deve indicare la strada”.

L’idea di Confindustria è di sviluppare nuovi strumenti per rafforzare il welfare State oggi in crisi per la necessità sempre più stringente dei governi di limitare la spesa pubblica. “Il nostro Paese è chiamato a cercare vie innovative, e nuove regole, per continuare a competere nell’economia globalizzata, cercando di trovare un nuovo, originale equilibrio tra la crescita della produttività e la coesione sociale”, ha affermato il presidente Giorgio Squinzi, facendo l’esempio dei social impact bond anglosassoni “ai quali guardiamo con interesse perché possono determinare al tempo stesso importanti benefici in termini di sviluppo di attività in ambito sociale e di contenimento ed efficienza della spesa pubblica sostenuta per perseguire obiettivi nel medesimo ambito”. Secondo Confindustria, “il superamento della separazione tra il settore profit e il no-profit, anche con l’utilizzo di innovativi strumenti finanziari a carattere social e può avere un impatto positivo sul benessere generale e su una coesione sociale oggi a rischio”. Per Squinzi, “la crisi ci ha mostrato con tutta evidenza la necessità di dare vita a sistemi di welfare efficaci, solidali ed equi, che meglio equilibrino le politiche sociali pubbliche con gli interventi dei privati e, soprattutto, riesca a far fronte al fabbisogno di spesa non coperta per i servizi di welfare”.

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