Ambiente

Green Economy: le imprese italiane leader nell’innovazione ambientale

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Italia Germania 1 a 0. Questo è il risultato della sfida sull’efficienza, sull’economia circolare, sulle rinnovabili, sui rifiuti in una parola: sulla green economy. Secondo le ricerche di Fondazione Symbola il nostro modello produttivo è tra i più innovativi ed efficienti in campo ambientale

Nonostante i problemi che ci attanagliano, il più recente quello dello smog, c’è chi sta molto peggio. E infatti chi avrebbe mai detto che le imprese italiane sono leader europee per efficienza dei consumi e riduzione delle emissioni climalteranti? Ebbene: a parità di prodotto, le nostre imprese usano meno energia e producono meno emissioni facendo meglio anche di un grande Paese manifatturiero come la Germania. Ed è lo stesso per quanto riguarda l’utilizzo di materie prime e la produzione di rifiuti. Siamo primi in Europa anche nel riciclo industriale: recuperiamo 25 milioni di tonnellate di materia ogni anno sui 163 totali europei e questo ci consente un risparmio di energia primaria di oltre 15 milioni di tep e di evitare 55 milioni di tonnellate di emissioni di CO2. E siamo all’avanguardia anche nelle rinnovabili: l’Italia è primo Paese al mondo per contributo del fotovoltaico nel mix elettrico nazionale (7,9%, dati relativi al 2013), meglio di Grecia (7,6%) e Germania (7%), ma anche del Giappone (sotto il 3%) di Usa e Cina (meno dell’1%).
E tutto ciò per merito delle molte imprese che hanno scommesso sul Green.

 
Quasi un’impresa italiana su quattro durante la crisi ha scommesso sulla green economy, che vale 102.497 milioni di euro di valore aggiunto, con vantaggi competitivi in termini di export e innovazione, tanto che nella manifattura le imprese eco-investitrici esportano ed innovano circa il doppio delle altre (rispettivamente il 43,4% contro il 25,5% e il 30,7% contro il 16,7%).
 
Ed è anche grazie a queste performance – spiegano gli analisti di Symbola – se con un surplus commerciale manifatturiero con l’estero di 134 miliardi di dollari nel 2014, l’Italia si conferma uno dei soli cinque Paesi al mondo che possono vantare un surplus commerciale manifatturiero superiore a 100 miliardi di dollari. Gli altri sono Cina, Germania, Corea del Sud e Giappone, mentre Francia, Regno Unito e Stati Uniti ci guardano da lontano.
Le imprese italiane sono in grado dunque di competere con i maggiori sistemi produttivi mondiali nei più diversi settori: dal legno arredo alla nautica, dall’agroalimentare alla green economy, dalle rinnovabili alla cultura. Con 10 miliardi di dollari di surplus l’industria italiana del Legno Arredo è seconda nella graduatoria internazionale per saldo della bilancia commerciale, preceduta solamente dalla Cina (80 mld) ma davanti ai competitor polacchi (9 mld), messicani (6 mld), vietnamiti (5 mld) e tedeschi (-2,1 mld). Nella nautica siamo addirittura primi con oltre un quinto dell’export globale e non abbiamo rivali per numero ed eterogeneità di prodotti agroalimentari distintivi.
 
Questa è l’Italia che Fondazione Symbola racconta in “L’Italia in 10 selfie.2016 – Una nuova economia per affrontare la crisi, protagonisti della sfida del clima”. Un dossier che guarda al Paese reale, fotografa i talenti dell’Italia che c’è e dimostra, numeri alla mano, che il Belpaese è già protagonista di quel cambiamento verso una società e un’economia più sostenibili e a misura d’uomo sollecitato anche dalla Cop21.
 
“L’accordo sul clima di Parigi” spiega il presidente di Fondazione Symbola Ermete Realacci nella premessa di L’Italia in 10 selfie 2016 “è solo un primo passo, ma segna un cambio di rotta prima impensabile e propone grandi opportunità. L’Italia può coglierle se scommette sui suoi talenti migliori, sulla prima fonte di energia rinnovabile e non inquinante, di cui non è avara, che è l’intelligenza umana”.
 
L’obiettivo di restare ben al di sotto dei due gradi, necessario per contrastare i mutamenti climatici, porta con sé una nuova economia e impone una transizione verso una società e un modello di sviluppo a basso tenore di carbonio. Un cammino non semplice che offre formidabili occasioni legate alla Green Economy.
 
“Le misure per favorire la Green Economy e raggiungere gli obiettivi fissati alla Cop21 di Parigi” evidenzia Realacci “coincidono largamente con quelle che servono per combattere lo smog. A partire da un potenziamento del trasporto pubblico, dalla scommessa su mezzi più puliti e su forme di mobilità sostenibile, da una maggiore efficienza nel riscaldamento”.
 
E veniamo al titolo del dossier: perché si parla di 10 selfie? Spiega ancora Realacci: “per superare i suoi problemi e affrontare la crisi, l’Italia deve avere il coraggio di accettare le sfide di un mondo che cambia senza perdere la propria anima; questi dieci selfie fotografano dieci punti di forza di un Paese che ha nei cromosomi i principi dell’efficienza e dell’economia circolare, capace di sposare antichi saperi e innovazione, conoscenza con qualità, bellezza e Green Economy. È un’Italia che fa l’Italia. Un Paese di cui essere orgogliosi che può essere protagonista del cambiamento che ci aspetta”.
 
Ecco allora i 10 selfie da cui partire per sfidare la crisi ed essere protagonisti del cambiamento:
 
Selfie n. 1
Dalla green economy il turbo per le imprese italiane. Sono 372.000 aziende italiane (il 24,5% dell’imprenditoria extra-agricola, nella manifattura addirittura il 32%) che durante la crisi hanno scommesso sulla green economy – che vale 102.497 mln di € di valore aggiunto, il 10,3% dell’economia nazionale. Con vantaggi competitivi in termini di export (43,4% delle imprese manifatturiere eco-investitrici esporta stabilmente, contro il 25,5% delle altre) e di innovazione (il 30,7% ha sviluppato nuovi prodotti o nuovi servizi, contro il 16,7%). La green economy fa bene anche all’occupazione. Nel 2015, tra green jobs propriamente detti e posti di lavoro in cui sono richieste competenze green, il 59% delle assunzioni previste è legato alla green economy: un esercito di 294mila nuovi lavoratori green.
 
Selfie n. 2
L’Italia è uno dei soli cinque paesi al mondo che vanta un surplus manifatturiero sopra i 100 mld di dollari. Nel 2014, con un surplus commerciale manifatturiero con l’estero di 134 mld $ (erano 113 nel 2012), si conferma il ruolo di punta del nostro Paese nell’industria mondiale.
Non si può dire lo stesso di paesi come Francia (-35 mld), Regno Unito (-129 mld), Usa (-589 mld).
 
Selfie n. 3
Le imprese italiane sono tra le più competitive al mondo. Su un totale di 5.117 prodotti – il massimo livello di disaggregazione statistica del commercio mondiale – nel 2013 l’Italia si è piazzata prima, seconda o terza al mondo per attivo commerciale con l’estero in ben 928: circa uno su cinque.
 
Selfie n. 4
Il nostro Paese è all’avanguardia nel mondo per le fonti di energia rinnovabile. L’Italia è primo paese al mondo per contributo del fotovoltaico nel mix elettrico nazionale (7,9%, dati
relativi al 2013), meglio di Grecia (7,6%) e Germania (7%), ma anche del Giappone (sotto il 3%) di Usa e Cina (meno dell’1%).
Nel 2012 l’Italia era prima (con il 39%) tra i grandi paesi Ue, a pari merito con la Spagna e davanti a Germania (24%), Francia (17%), Gran Bretagna (15%), anche per quota di energia rinnovabile nella produzione elettrica. Nel 2014 la quota di rinnovabili ha superato il 43%.
 
Selfie n. 5
L’industria italiana del legno arredo è seconda al mondo per surplus commerciale. Con 10 mld di $ di surplus l’industria italiana del Legno Arredo è seconda nella graduatoria internazionale per saldo della bilancia commerciale, preceduta solamente dalla Cina (80 mld) ma davanti ai competitor polacchi (9 mld), messicani (6 mld), vietnamiti (5 mld) e tedeschi (-2,1 mld).
Ed è leader in Europa, con 56,4 mln di €, negli investimenti in R&S, che sempre più spesso alimentano l’innovazione green e l’efficienza nell’uso di materia ed energia: davanti alle imprese inglesi (44,6), tedesche (39,9) e francesi (17,5).
 
Selfie n. 6
Per 89 prodotti il nostro paese è leader dell’agroalimentare nel mondo, e vanta l’agricoltura più sostenibile. Tra i prodotti dell’agroalimentare italiano, ben 27 non hanno rivali sui mercati internazionali. Dalla pasta ai pomodori e altri ortaggi, da aceto e olio ai fagioli, alle ciliegie: tutti campioni assoluti nelle quote di mercato mondiale. E ce ne sono altri 62 per i quali siamo secondi o terzi: siamo sul podio nel commercio mondiale, insomma, per ben 89 prodotti.
Quest’anno l’export agroalimentare è cresciuto di 8 punti percentuali nei primi 9 mesi, a quota 27 mld di €. Grazie anche al successo dell’Expo, ma soprattutto perché il nostro è il Paese più forte al mondo per prodotti ‘distintivi’: primi nel food, con 278 tra Dop/ Igp/Stg, e nel vino, con 523 Doc/Docg/Igt; primi in Europa nel biologico per numero di imprese, tra i primi al mondo per superficie. Con 814 tonnellate per ogni milione di euro prodotto dal settore, non solo l’agricoltura italiana emette il 35% di gas serra in meno della media Ue, ma fa decisamente meglio di Spagna (il 12% in meno), Francia (35%), Germania (39%) e Regno Unito (il 58% di gas serra in meno).
 
Selfie n. 7
Italia prima nella nautica con un quinto dell’export globale. Oltre un quinto della domanda internazionale di prodotti della nautica da diporto è assorbito dal made in Italy. Risultato che fa della nautica italiana la prima al mondo per quote di mercato, coi principali competitor che ci seguono a distanza: gli Usa col 14,5% del mercato e la Germania con l’11,4%. Una leadership assoluta, legata anche alle performance ambientali (come l’efficienza nei consumi e nelle emissioni), che diventa ancor più netta nella produzione di imbarcazioni e yacht da diporto (con motore entrobordo): dove gli oltre 2,4 mld di dollari di export ci consegnano una quota di mercato del 32,2%, superiore a quella dei due principali concorrenti: USA, e Germania (in totale 26,2%).
 
Selfie n. 8
Il sistema produttivo italiano leader in Europa in efficienza dei consumi e riduzione delle emissioni. Il modello produttivo italiano è tra i più innovativi ed efficienti in campo ambientale. A partire dai consumi energetici e dalle emissioni inquinanti: con 15 tonnellate di petrolio equivalente per milione di € prodotto, tra i big player europei solo il Regno Unito (12 t) – dove finanza e servizi giocano però un ruolo molto importante – fa meglio dell’Italia, paese manifatturiero. Che si colloca davanti a Francia (16), Spagna e Germania (18). E con 113 tonnellate di anidride carbonica per milione di € si piazza seconda dietro solo alla Francia (91 t), facendo meglio del Regno Unito (135), della Spagna (138) e della Germania (158).
 
Selfie n. 9
Le nostre imprese campioni nella riduzione dei rifiuti e nell’economia circolare. Il nostro Paese è campione europeo nella riduzione degli scarti nel sistema produttivo, leader nell’industria del riciclo e portabandiera dell’economia circolare.
Con 40,1 tonnellate di rifiuti ogni mln di € prodotto l’Italia è ben più efficiente di Regno Unito (49,8), Spagna (50,1), Germania (63,7), Francia (83,5).
A fronte di un avvio a recupero industriale di oltre 163 mln di tonnellate di rifiuti su scala europea, nel nostro Paese ne sono stati recuperati 25 mln, il valore assoluto più elevato tra tutti i paesi del continente (in Germania sono 23). Il risparmio dell’Italia è di oltre 15 mln di tonnellate equivalenti di petrolio ed emissioni per circa 55 mln di tonnellate di CO2.
Siamo secondi solo alla Germania in termini di percentuale di riciclo e di recupero di rifiuti di imballaggio, facendo meglio di Spagna, Francia e Regno Unito.
 
Selfie n. 10
Cultura, bellezza e creatività per competere. Alla filiera della cultura – 443mila aziende, il 7,3% del totale nazionale, che danno lavoro al 5,9% del totale degli occupati in Italia, 1,4 mln di persone – l’Italia deve 84 mld di €, il 5,8% della ricchezza prodotta. Questi 84 mld ne mettono in moto altri 143 nel resto dell’economia: 1,7 € per ogni € prodotto dalla cultura. Si arriva così a 227 mld prodotti dall’intera filiera culturale, col turismo come principale beneficiario di questo effetto volano.
Le imprese che hanno investito in creatività sono più innovative: il 63,5% ha introdotto innovazioni di prodotto contro il 22,2% di chi non ha investito. E non è un caso, poi, che tra le prime il 48,1% sia presente sui mercati internazionali, a fronte del 21,6% delle altre.
 
(D.M.)

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