Mestieri e professioni

Avvocati: un’immagine danneggiata

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Una professione ancora prestigiosa ma penalizzata dalla sfiducia nella giustizia. Il 51% dei cittadini ha rinunciato a far valere i propri diritti a causa delle inefficienze del sistema

Lavorare come avvocati dà ancora quell’aura di prestigio che contornava in passato chi svolgeva questa professione? Insomma, mica tanto, secondo il 60% degli italiani che vivono nella sfiducia più completa rispetto alla giustizia e a chi fa parte del “sistema” che la dovrebbe mettere in opera.

Secondo il rapporto annuale del Censis sull’avvocatura (che alleghiamo all’articolo) presentato questo mese di marzo 2016, la figura dell’avvocato è danneggiata, oltre che dal cattivo funzionamento del sistema giudiziario, dalla bassa qualità professionale di molti legali, dall’eccessivo orientamento al profitto, dalla troppa vicinanza alla politica.

Per il 75% degli italiani il sistema giudiziario non garantisce la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini e, anzi, negli ultimi anni c’è stato addirittura un peggioramento. Più della metà delle persone che avevano avviato un percorso per ottenere giustizia, hanno rinunciato alla tutela del proprio diritto per sfiducia; una sfiducia che cresce al crescere del livello di istruzione degli interpellati. I laureati infatti sono i meno fiduciosi nel nostro sistema giudiziario.
Inoltre, per l’85% degli italiani il numero degli avvocati oggi in Italia è eccessivo.

Per realizzare il «Rapporto annuale sull’avvocatura» per la Cassa Forense, che fa il punto sull’immagine degli avvocati nell’opinione degli italiani, il Censis ha somministrato un questionario strutturato a un campione rappresentativo di mille adulti italiani. Le interviste sono state realizzate tra il 25 e il 30 novembre 2015 con le tecniche CATI /CAWI (intervista telefonica con supporto informatico) allo scopo di garantire l’affidabilità dei risultati e la rapidità dell’elaborazione. Il Censis ha tenuto conto delle classi di età, del genere, dell’area geografica di residenza.

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Dalle interviste è emerso che l’avvocatura viene considerata una professione ancora prestigiosa, ma che sta perdendo punti a un ritmo molto veloce.
Nella classifica delle professioni d’eccellenza si collocano in un posto piuttosto basso, a pari merito con quella del politico, altra “carriera” in ribasso.
Ecco la classifica dei professionisti che gli italiani ritengono più prestigiosi:
– medici,
– magistrati,
– professori universitari,
– notai,
– ingegneri,
– imprenditori,
– dirigenti d’azienda,
– politici e avvocati (pari merito),
– dirigenti di banca,
– commercialisti,
– geometri.

Cosa pensano di sé gli avvocati?

Per realizzare il «Rapporto annuale sull’avvocatura» per la Cassa Forense, il Censis ha interpellato anche gli stessi avvocati, in particolare ha sentito un campione di 7.685 iscritti all’Albo stratificati secondo l’area geografica (Nord, Centro e Sud), genere ed età anagrafica (classe di età inferiore ai 40 anni, classe di età compresa tra i 41 e i 49 anni, età superiore ai 50 anni). Ha rilevato inoltre anche i dati relativi alla fascia di reddito di appartenenza dei professionisti intervistati e lo stato civile.
Secondo l’autopercezione degli intervistati, quella dell’avvocatura è una professione ferita dalla crisi e a bassa specializzazione.
Per quanto concerne la crisi economica, solo il 30% degli avvocati italiani dichiara di essere riuscito a mantenere stabile il fatturato della propria attività professionale nell’ultimo biennio. Per il 44% è diminuito (e la percentuale sale al 49% tra gli avvocati del Mezzogiorno), mentre solo il 25% lo ha visto aumentare.
Per quanto concerne invece la professionalità, secondo gli avvocati questo lavoro appare ancorato a una generica specializzazione civilistica. Il 54% degli avvocati dichiara come prevalente la specializzazione in diritto civile, l’11% in materia penale, il 9% in diritto di famiglia (ma tra le donne avvocato la quota sale in questo caso al 14%), solo il 3% in diritto societario e appena l’1% in diritto internazionale.
Solo l’11% degli avvocati indirizza la propria attività verso servizi specializzati.

Faresti l’avvocato?

Nell’immaginario collettivo l’attrattività della professione forense è dovuta in primo luogo alla sua dinamicità, indicata dall’82% degli italiani. Seguono l’autonomia nell’organizzazione dell’attività (81%), i guadagni elevati (74%), gli interessanti sviluppi di carriera che la professione può assicurare e la possibilità di avere relazioni significative con il mondo politico e imprenditoriale (72% in entrambi i casi).
Tra i pregi dell’essere avvocato c’è il fatto di godere di una grande reputazione sociale secondo il 62% degli italiani (e il dato sale al 72% tra i giovani di 18-34 anni). Ma di contro ci sono gli aspetti che non invogliano alla professione, e la scarsa voglia di studiare è la prima motivazione.
Emerge infatti in primo luogo che la necessità di aggiornamento continuo, segnalata dall’83% degli italiani, allontana dalla professione.
Seguono l’eccessiva concorrenza (74%) e la difficoltà di crescita professionale in un sistema percepito come chiuso (67%).
Tra gli aspetti negativi della professione si chiude il cerchio, in quanto il 57,5% indica la perdita di prestigio sociale avvenuta nel tempo, il 56% la scarsa capacità di innovazione – fatto assai strano visto che gli stessi intervistati hanno mostrato il poco interesse a volersi aggiornare professionalmente è il motivo principale per cui non si ha voglia di iniziare questa professione.
Infine, viene indicato – a sorpresa – lo scarso margine di guadagno.

pdf Scarica il rapporto!

(D.M.)

(infografica: www.versari.it)

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