Più imprese, soprattutto in ambito turistico e commerciale, più società di capitale e cooperative: così è cresciuta l’imprenditoria italiana nel 2015, secondo un rapporto di Unioncamere. Con il commento di Tiziana Pompei
di Angelica Basile
Il numero delle imprese italiane è tornato a crescere dopo anni di caduta verticale, secondo il quadro incoraggiante che è stato tracciato dal rapporto di Unioncamere – Infocamere analizzando i dati del 2015.
Il bilancio, misurato sul rapporto tra nascita e mortalità delle imprese, è stato assolutamente positivo. Si parla, infatti, di almeno 6 milioni e 57 mila imprese sul territorio nazionale: un numero reso possibile da ben 372 mila nuove iscrizioni a fronte delle 327 mila cancellazioni. Le imprese in più sono, dunque, in totale circa 45 mila e si sono concentrate nei settori turistici e commerciali: le società nel commercio sono 7.313 in più rispetto al 2014, nel turismo 9.235, i servizi alle imprese 5.837.
Invece, sono in netta discesa aziende agricole (-5.460), attività manifatturiere (-2.416) e di costruzioni (-6.055).
Per quanto riguarda le forme giuridiche, crescono le società di capitali (55.904 in più, per una crescita del 3,8% rispetto allo scorso anno) e le cooperative, mentre diminuiscono le imprese individuali e le società di persone. Questo significa che i nuovi imprenditori italiani preferiscono imbarcarsi in una nuova (e rischiosa) esperienza lavorativa ricorrendo a formule organizzative più solide e sicure, anche grazie a finanziamenti stanziati dagli enti pubblici.
Le cifre sono comunque davvero importanti se si considera lo stato di crisi economica in cui versa il nostro Paese da ormai 7 anni: tralasciando il biennio 2010-2011 (nel quale ci fu una breve ed illusoria ventata positiva), è dal 2008 che il bilancio annuale delle imprese si chiude con il segno meno. Nel 2015, invece, il ritmo di crescita è aumentato, registrando un +0,75% che si assesta ai livelli precedenti la crisi. Ma, sebbene il “segno più” prometta bene, si dovranno comunque aspettare ancora dodici mesi per capire se si tratti di una breve fiammata positiva oppure dell’inizio di una ripresa concreta.
Chi è pronto a scommettere sulla seconda è proprio Unioncamere, che – oltre ad aver rilevato i lati positivi di tale crescita – ha sottolineato come i veri motori propulsori di questa ripresa siano stati i giovani, gli stranieri e le donne. I numeri parlano chiaro: le imprese avviate dagli under 35 sono 66.202, dagli stranieri 32.000 e dalle donne 14.300. Cifre straordinarie, considerando che l’intero saldo annuale è, come già accennato, +45.181.
Le aziende nate dalla forza di questi tre gruppi sociali si concentrano principalmente nel commercio (+11.990 unità), turismo (+11.263) e servizi alle imprese (+9.409). In netto miglioramento le attività di servizi per edifici e paesaggio e dei servizi di alloggio, soprattutto nel Mezzogiorno (+4,6%) e nel Centro-Italia (+5,8%).
Tutte le regioni italiane (eccezion fatta per la Basilicata) sono cresciute rispetto al 2014. Ma, andando a guardare più nel dettaglio, quella che è andata meglio è stata il Lazio che ha registrato un tasso di crescita dell’1,7%. È andata molto bene anche alla macro-area del Nord-Est e a tutte quelle regioni che, nonostante la risalita, mantengono saldi negativi: Marche, Piemonte, Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia.
A commentare per Donna In Affari il rapporto 2015 di Unioncamere-Infocamere, è stata Tiziana Pompei. Vice Segretario generale dell’Unione italiana delle Camere di Commercio, industria, artigianato e agricoltura; direttore dell’area Regolazione del mercato, concorrenza e politiche di genere e dell’ufficio Relazioni istituzionali e parlamentari. Negli ultimi 10 anni Pompei ha contribuito a rafforzare gli interventi in favore dell’imprenditoria rosa anche grazie alla costituzione dei Comitati per l’imprenditoria femminile istituiti presso 100 Camere di commercio italiane. Dal 2010, inoltre, è responsabile delle tematiche legate alle politiche di genere e alla responsabilità sociale di impresa. Per questo, tra tutti i dati analizzati dal rapporto in questione, le è stato chiesto di commentare il dato delle imprese femminili in crescita.
“Avevamo già rilevato che l’impresa under 35 è sempre più femminile” ci ha detto Pompei. “Questo ritengo sia dovuto al fatto che le ragazze possiedano un bagaglio formativo di tutto rispetto. Basti pensare ai dati sui profili dei laureati italiani ed ai risultati conseguiti dalle donne: più laureate, maggior rispetto dei tempi di laurea, voti più elevati. Questo in ogni percorso disciplinare e a parità di ogni altra condizione (origine sociale, studi pre-universitari, ecc.). A cui si aggiungono per le donne più tirocini, stage, e borse di studio. Penso che le ragazze siano oggi più emancipate per fare impresa rispetto alla generazione precedente e che stiano guadagnando spazi. Sono dinamiche e attente al mercato, sanno valutare i trend e soprattutto inventarsi una forma alternativa di autonomia e guadagno non garantito dal lavoro dipendente che ancora le penalizza fortemente. Il commercio, turismo e servizi sono settori dove possono mettere a frutto le competenze personali (senza per forza investire ingenti capitali per l’avvio dell’attività) e know-how tecnico aggiuntivo. C’è da aggiungere poi che in questi comparti c’è un elevato turnover di imprese che aprono e chiudono e quindi è importante non solo la fase di avvio d’ impresa ma anche la capacità di gestione: la determinazione ad andare avanti spesso è posseduta dalle donne in misura più marcata”.
Per le imprenditrici femminili, insomma, le basi di partenza sembra ci siano davvero tutte. Il futuro si tingerà di rosa per il lavoro italiano?