Il lavoro agricolo cambia. In un settore in cui 1.000 aziende impiegano più di un terzo della manodopera totale, ancora c’è posto poiché manca la manodopera specializzata. Il focus di Confagricoltura
L’unico settore economico italiano che negli ultimi 10 anni, nonostante la crisi, è riuscito a mantenere stabile l’occupazione è quello agricolo. In agricoltura infatti opera oltre un milione di lavoratori, con manodopera proveniente anche da altri comparti che riesce tranquillamente ad assorbire. E, anzi, c’è ancora spazio poiché anche questa tipologia di lavoro si sta evolvendo e si ha bisogno di specialisti.
Confagricoltura, in occasione del convegno dal titolo “Le esternalizzazioni dei processi produttivi in agricoltura. L’appalto di servizi e la somministrazione” tenutosi il 12 febbraio a Roma, ha evidenziato i cambiamenti del tessuto produttivo, a partire dall’evoluzione delle figure professionali e dal miglioramento degli indicatori di qualità (come quello relativo alla diminuzione degli infortuni sul lavoro) negli ultimi 8 anni, di quasi il 29%. Nel suo focus si comprende come si stia andando verso un’agricoltura più professionale, “capace di assicurare occupazione più stabile, con iniziative di welfare aziendale e un’organizzazione del lavoro attenta alla salute e alla sicurezza dei lavoratori”.
La prova sta nei numeri: in agricoltura lavorano 965.000 operai a tempo determinato, il 59% dei quali al Sud e 103.000 operai a tempo indeterminato (il 56% al nord). Di lavoratori stranieri ce ne sono 275.000 e di impiegati 37.000. Ma chi sono i datori di lavoro? Imprese (per il 60%), coltivatori diretti (per il 35%) e cooperative (per il 4%) per un totale di 188.000 datori di lavoro.
Se da una parte diminuisce il numero delle aziende, se ne ingrandisce però la dimensione media e aumentano gli imprenditori agricoli professionali e le società agricole di persone e di capitali. Si concentra l’imprenditoria ma anche l’occupazione, come mette in evidenza Confagricoltura: 1.000 aziende occupano un terzo della manodopera totale e le prime 17 mila ne assorbono i due terzi.
La mancanza di manodopera specializzata
Purtroppo manca ancora la manodopera specializzata e questo porta al “contoterzismo”, accanto al quale si sta affermando il fenomeno delle esternalizzazioni, ossia l’affidamento ad altre imprese di alcune fasi del processo produttivo. “Tra le sole aziende associate alla nostra Organizzazione” ha rimarcato il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti “dal 2016 al 2018 il numero di quelle che si sono rivolte ad agenzie di somministrazione per la fornitura di manodopera è cresciuto del 120% e le giornate di lavoro somministrate sono aumentate del 46%”.
Il fatto che manchi manodopera specializzata apre però opportunità di lavoro per chi si vuole specializzare in questo settore negli ambiti richiesti. Il problema però è – come sempre in Italia – quello del troppo alto costo del lavoro e della burocrazia. Spiega al riguardo Giansanti: “occorre un quadro normativo chiaro, in grado di accompagnare l’evoluzione del settore con adeguate politiche capaci di favorire un’occupazione più stabile e di qualità. Bisogna ancora rimuovere ostacoli come l’elevata pressione fiscale e contributiva sul lavoro e la complessità degli adempimenti. Gli incentivi per l’assunzione devono essere effettivamente fruibili, migliorando anche l’incontro tra domanda e offerta di lavoro”.