Imprenditoria Made in Italy

Forum Comitato Leonardo 2019

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Tech in Italy: innovazione, competitività, crescita. Gli argomenti della XVIII edizione del Forum organizzato dall’agenzia ICE, Confindustria e Leonardo SpA

Il Made In Italy è declinato in tante voci, ma l’Italia brilla per il Made in Farm, Made in Tech e per la Tecno economy. Tanti gli argomenti introdotti alla XVIII edizione annuale del Forum Comitato Leonardo organizzato dall’agenzia ICE, Confindustria e Leonardo SpA (ex Finmeccanica), svoltosi a Roma il 28 novembre all’Accademia Nazionale dei Lincei. Al seminario “Tech in Italy: innovazione, competitività, crescita”, sono intervenuti la presidente del Comitato Leonardo, Luisa Todini, il presidente di Leonardo, Giovanni De Gennaro, il presidente dell’Agenzia ICE Carlo Ferro e il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia insieme agli imprenditori italiani del mondo high-tech. Hanno preso parte al Forum con un indirizzo di saluto anche il ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli e il sottosegretario agli affari esteri Manlio Di Stefano.

La tecnologia in Italia nello scenario internazionale
Le 160 imprese associate al Comitato Leonardo, che pesano in termini di fatturato 360 miliardi, rappresentano il 22% della ricchezza nazionale del Paese e, con il 54% delle esportazioni, contribuiscono ad attrarre quote crescenti di imprenditori provenienti dall’estero; valori che esprimono forte competitività in grado di crescere nel tempo.
Le nostre imprese testimoniano la centralità dell’innovazione come volano di sviluppo: il 60% della spesa in Ricerca & Sviluppo proviene dal sistema imprenditoriale, valore cresciuto di oltre 10 punti negli ultimi anni. Siamo primi a livello europeo e decimi nel ranking mondiale per numero di brevetti, solo nel 2018 sono stati depositati 4 mila e 400 brevetti. L’Italia è terza in Europa per fatturato nella meccanica strumentale con 49 miliardi di euro e sesta al mondo nella robotica, soprattutto in quella umanoide (ad oggi sono istallati più di 64 mila robot), senza contare che nel settore farmaceutico è leader nella cura e nella salute di malattie rare.
Il comparto high tech sviluppa effetti moltiplicativi sulla produttività e sui processi d’innovazione avvantaggiando la filiera dei settori eccellenti del Made in Italy.

In sintesi, innovazione e tecnologia sono le leve primarie per far fronte a scenari internazionali ancora incerti. “Nonostante ciò” ha commentato Todini “esistono concrete debolezze strutturali dal lato degli investimenti in ricerca e sviluppo”. L’Italia investe nel settore circa l’1,3% del Pil, contro il 2,18% della Francia e il 3% della Germania, rispetto ad una media europea dell’1,9%. La Todini ha spiegato che l’investimento pubblico è al di sotto delle sue potenzialità (0,48%) del Pil, metà di quello tedesco, e la struttura industriale italiana è composta per il 95% da imprese con meno di 10 addetti. In particolare, il 20% delle piccole aziende dichiara di avere i requisiti d’innovazione rispetto al 60% delle medie e grandi imprese.

“Occorre offrire alle piccole imprese l’opportunità di trasformarsi in medie e grandi ed esportare l’eccellenza al di fuori dei nostri confini” ha spiegato la Todini. “Un segmento su cui puntare è la digitalizzazione per agganciare quote di mercato in settori ad alto valore tecnologico e costruire un rapporto nuovo tra cliente e consumatore, incentivando l’e-commerce, dal momento che già il 12% delle nostre imprese vende online. Puntare poi sulle smart factories, smart cities e smart people che costruiscono oggetti, città, situazioni, introducendo attività che possono consolidare il mercato produttivo. Studiare nuovi modelli di business, in chiave di open innovation, attraendo stakeholder importanti e puntare su strumenti che creano un mercato ‘disruptive’ che genera prodotti e nuove alleanze sul mercato. È in questo settore” ha concluso Todini “che sono nate 10mila startup di giovani che hanno sviluppato attività imprenditoriali di piccole dimensioni e che aspettano di essere protagoniste del cambiamento”.

Principali risultati della ricerca del Centro di Economia Digitale
Durante i lavori è stata presentata la ricerca “Il ruolo dell’innovazione e dell’alta tecnologia in Italia nel confronto con il contesto internazionale”, coordinata dal presidente del centro di economia digitale Rosario Cerra.
Dal rapporto emerge che in Italia il livello degli investimenti pubblici e privati in R&S in rapporto al PIL, si attesta ad un livello più basso rispetto alla media UE 28 (1,3% in Italia nel 2017 su una media europea del 2,1%) ma il divario emerge con la Francia (2,2%) e la Germania (3%). Nel settore dei brevetti high-tech si rilevano forti criticità rispetto ai partners europei, tuttavia la produzione scientifica dei nostri ricercatori è in crescita negli ultimi anni con un numero di pubblicazioni al pari di quelle francesi e non troppo distanti da quelle tedesche.
Significativa è la correlazione tra innovazione tecnologica e dimensione dell’impresa. Fra le imprese italiane medio-grandi, la percentuale che hanno dichiarato di aver introdotto sistemi innovativi è inferiore alle piccole aziende che raggiungono il 75% delle imprese totali in settori ad alta innovatività nel comparto manifatturiero.
Germania e Francia hanno un peso nelle esportazioni high-tech sul totale UE28, pari al 27,5% e 17,8% dimostrando una capacità nell’esportazione e nell’innovazione superiore a quella italiana che raggiunge il 5,1%. Tuttavia, l’esportazione di beni ad alta tecnologia verso mercati Ue ed extra UE costituisce una voce importante del nostro PIL. Tra i beni esportati ad alta tecnologia dalle imprese italiane, spiccano i prodotti farmaceutici, l’elettronica, gli strumenti scientifici e i beni dell’industria aerospaziale.

Principali vettori dell’innovazione high-tech
Fra i vettori dell’innovazione spicca il ruolo dei settori high-tech e il manifatturiero ad alta e media tecnologia che, nonostante il peso limitato rispetto all’economia globale, in termini di valore aggiunto e occupazione si colloca intorno al 17% e al 40% sulla spesa complessiva in R&S relativa al totale dei settori produttivi italiani. Nella dinamica degli addetti in attività di R&S, l’analisi mostra che nonostante la crisi, i settori ad alta tecnologia hanno “tenuto”, anzi le imprese high-tech sono riuscite a sfruttare la congiuntura sfavorevole imprimendo processi virtuosi di ristrutturazione. Lo studio ha rilevato anche il ruolo strategico e l’impatto economico del settore aerospaziale, della difesa e sicurezza che nel panorama economico fa da traino per un’occupazione qualificata e produttività in settori fortemente strategici.

Direttrici della policy
Il rapporto delinea alcune direttrici di policy per raggiungere la crescita e lo sviluppo del Paese. La prima è adottare un approccio sistemico alle politiche per la ricerca e l’innovazione, così da aumentare la qualità degli elementi che costituiscono l’eco-sistema dell’innovazione e gli scambi di conoscenza tra essi. La seconda indica la necessità di garantire al sistema flussi d’investimenti pazienti, orientati al raggiungimento di obiettivi nel medio-lungo periodo, in grado di generare innovazioni radicali per consentire il miglioramento della competitività tecnologica e le performance delle aziende. Un terzo obiettivo è l’adozione di politiche “mission oriented” che consentono di affrontare nuove sfide per raccogliere le opportunità relative alla trasformazione delle economie green. La quarta policy suggerisce di attuare delle strategie di “ritorno” nei programmi pubblici evitando una frammentazione di risorse per aumentare la partecipazione italiana a programmi europei destinati al funzionamento della ricerca e innovazione. L’ultima indicazione si riferisce al ruolo che l’Italia può avere nello sviluppo di un processo che la conduca alla creazione di una piattaforma industriale europea, capace di rafforzare la competitività ad alta tecnologia nelle economie europee che produrrebbe ricadute positive su tutta l’economia italiana.

Testimonianze del sistema imprenditoriale, istituzioni e politica
Boccia ha spiegato che coniugare innovazione con l’interesse generale, è la sfida del Paese. “La sostenibilità oltre ad essere declinata in chiave aziendale deve essere rapportata in chiave umana economica, sociale ed ambientale. Un punto sul quale occorre andare nella stessa direzione è manutenere gli impianti con l’industria 4.0 e accelerare sul valore aggiunto dell’industria ad alta produttività”.
Ha aggiunto che “occorre rivedere l’innovazione, nei contratti, nelle relazioni industriali, negli approcci con le reti commerciali e nell’uso del digitale e delle persone in quanto perno per le imprese. In Italia abbiamo il 20% d’imprese eccellenti, ma il 60% sono in fase di transizione che aspettano di essere sostenute perché la vocazione all’export è un fattore determinante per l’attrazione di un Paese. In questo percorso dobbiamo recuperare le potenzialità all’interno del paese e un nuovo umanesimo è possibile solo se sapremo muoverci all’interno di una cultura della complessità che si nutra di contaminazioni e condivisioni tra mondi diversi.”

“L’industria italiana” ha detto Ferro “si appresta a costruire il futuro sulle radici della cultura, della ricerca, sull’industrializzazione e sulla manifattura, pilastri del Made In Italy che l’ICE ha il privilegio di promuovere nel mondo. Crescita e competitività” ha sostenuto “sono le uniche strade per mantenere la posizione di secondo esportatore di prodotti nell’unione europea”. Un’indagine ICE ha infatti indicato che il peso delle esportazioni italiane ad alto valore tecnologico sul totale dell’export UE è al 5,1%, rispetto all’8,5% dei prodotti europei esportati.

Il ministro Patuanelli ha spiegato che è necessario rafforzare la cooperazione tra il mondo imprenditoriale e le università per trasformare i processi produttivi. “L’obiettivo del governo” ha aggiunto “è sostenere l’innovazione delle aziende, e le piccole al pari delle grandi, devono accedere ai processi rinnovando il sistema produttivo attraverso un credito di formazione 4.0 finanziato per il 50% dal Mise. Infine” ha concluso “occorre rafforzare il dialogo con il sistema educativo (scuola, università) e l’impresa deve suggerire al mondo della formazione, le figure professionali di cui ha bisogno”.

“Pensare alle tecnologie come parte della nostra esistenza” ha commentato Profumo, amministratore delegato di Leonardo “e l’industria della difesa è determinante per lo sviluppo del Paese. Il capitale umano c’è, ma occorre una trasformazione all’interno dell’azienda reimpostando il modo di lavorare sviluppando nuove opportunità. Gli imprenditori devono assumersi la responsabilità di creare progetti di formazione operando un radicale cambiamento culturale”.

“L’obiettivo” ha detto Di Stefano, sottosegretario agli affari esteri “è realizzare un modello di governance unico per la gestione della politica commerciale, rafforzando la diplomazia economica come componente essenziale della politica estera”.

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