Lavoro Pari opportunità

Il Giusto Mezzo, nuovo movimento femminile

Perché le donne devono sempre lottare per conquistare l’altra metà della mela? Il Giusto Mezzo ricorda che per far crescere il nostro Paese si deve investire sulle donne

Il movimento d’opinione Il Giusto Mezzo è composto da donne che vogliono farsi ascoltare dalle istituzioni per evidenziare i propri diritti. Abbiamo partecipato a un loro incontro (online) in cui presentavano la loro petizione.

La petizione de Il Giusto Mezzo
L’incontro online, arricchente per contenuti e per l’eterogeneità dei profili collegati, dal titolo Next Generation EU Leaves Women Behind, è stato organizzato da “Il Giusto Mezzo”, movimento d’opinione composto da donne che rappresentano ogni ambito della vita sociale, civile e associazionistica come #DateciVoce, GammaDonna, Le Contemporanee, MammaDiMerda, PrimeDonne e European Women Alliance. Presenti, seppur collegate, numerose firmatarie della petizione #giustomezzo indirizzata alle istituzioni.

Come nasce Il Giusto Mezzo?
Questo movimento è ispirato all’iniziativa della europarlamentare tedesca Alexandra Geese che ha inaugurato la stagione di #HalfofIt (https://alexandrageese.eu/it/halfofit-ultime-notizie-come-stiamo-migliorando-next-generation-eu/). Il simbolo del movimento è l’altra metà della mela, ovvero il mondo femminile che, secondo Il Giusto Mezzo, non è stato preso in considerazione nelle ultime iniziative economiche a sostegno dell’Italia post pandemica. Il Giusto Mezzo “non è un gruppo di donne che vuole far guerra agli uomini; al contrario, vuole trovare la metà dello spazio sotto i riflettori che contano, ma anche fornire gli strumenti per raggiungerla e questo sarebbe auspicabile farlo insieme agli uomini”.

Lo studio sulla Next Generation EU
In collegamento è stato presentato in maniera dettagliata uno studio – condotto dalle economiste Azzurra Rinaldi della Sapienza Università di Roma e Elisabeth Klatzer – che spiega come metà dei fondi Next Generation EU (meglio noto come Recovery Fund) sia destinato a politiche integrate di genere e a interventi sistemici in grado di attivare un effetto moltiplicatore.

I dati emersi sul gender gap
Dalla relazione dell’economista Azzurra Rinaldi emerge chiaramente quanto i fondi – tanti in arrivo dall’Europa – siano oggi destinati soprattutto a settori tradizionali come il mondo delle costruzioni o quello dei trasporti, notoriamente settori maschili. Mentre i dati dimostrano che in questa crisi pandemica i settori più colpiti sono quelli dove la presenza femminile è particolarmente concentrata, come quelli della salute o dei servizi di cura alla persona e alla famiglia. Secondo Rinaldi: “Se un +2% del Pil va al settore delle costruzioni e altrettanto al settore della cura, sarà quest’ultimo ad avere un miglior impatto sull’economia del Paese”.
In base ai dati OECD 2020, solo il 45% del tempo lavorativo delle donne viene retribuito, a fronte del 67% degli uomini, e questo avviene perché le donne sono impegnate in attività di cura.

Il costo del gender gap
Lo studio dettagliato dell’economista Rinaldi parte dal costo del gender gap: 370 miliardi di euro. Rinaldi ricorda anche quante donne hanno lasciato o perso il lavoro a seguito del Covid-19: degli 800mila posti persi a seguito della pandemia, 500mila riguardano l’impiego femminile. Tutto questo è causa di un enorme mancato guadagno, che inevitabilmente si traduce in un gettito fiscale ridotto, con ripercussioni su tutti: donne, uomini e servizi. “Dall’Europa stanno arrivando tanti soldi” affermano le componenti del movimento Il Giusto Mezzo, “ma nel Recovery Fund non sembra siano previsti fondi per le donne. Anzi, secondo una approfondita ricerca meramente linguistica, nel piano fondi Next Generation EU non è mai presente un termine riconducibile al genere femminile”. Di questo, le migliaia di donne che hanno sposato la causa de Il Giusto Mezzo sono realmente preoccupate.

Recovery Fund, i punti deboli
Tanti i punti deboli del Recovery Fund secondo la dottoressa Rinaldi, tra questi lo scoglio della burocrazia per accedere alle risorse per quelle aziende che vorrebbero superare il gender gap e riorganizzarsi per una gender equity (come, per esempio, la realizzazione di asili nido aziendali o l’avvio di una politica aziendale paritaria tra uomo e donna e madri lavoratrici). Secondo uno studio dell’Università di Goteborg, in Italia con un buon livello di efficienza burocratica si potrebbe far crescere il Pil di ben 70 miliardi di euro!

Qual è la prossima mossa de Il Giusto Mezzo?
L’obiettivo de Il Giusto Mezzo dopo la presentazione dello studio è quello di riuscire il più possibile a fare pressione sulle istituzioni. E forse il messaggio è arrivato, vista una recente dichiarazione del presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte in merito al fatto di considerare le donne come un investimento per il futuro del Paese. Secondo la dichiarazione di Conte raccolta dal quotidiano La Repubblica, infatti, “proprio con riguardo all’occupazione femminile assicuro che una parte significativa delle risorse del Recovery plan sarà indirizzata con la massima determinazione al perseguimento di questo obiettivo. La debole dinamica demografica e della natalità che il Paese registra una dimensione prioritaria di intervento all’interno del piano: intendiamo promuovere l’occupazione femminile anche tramite agevolazioni per le donne e madri lavoratrici, definire un assegno unico universale per ogni figlio a carico, in raccordo con una più organica riforma fiscale, potenziare l’accesso ai servizi per la prima infanzia favorendone in particolare il riequilibrio territoriale”.

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