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Rapporto annuale Il Mercato del Lavoro 2020

Pubblicato il Rapporto annuale Il Mercato del Lavoro 2020, realizzato in collaborazione dalle istituzioni e gli enti di settore

Il Rapporto annuale Il mercato del lavoro 2020 è frutto della collaborazione tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Istat, Inps, Inail e Anpal, sviluppata nell’ambito dell’Accordo quadro che ha l’obiettivo di favorire la diffusione d’informazioni armonizzate, complementari e coerenti sulla struttura e sulla dinamica del mercato del lavoro in Italia.

Il mercato del lavoro 2020 condizionato dalla Pandemia
Nel 2020 la pandemia dovuta al Covid-19 ha condizionato in maniera cruciale gli sviluppi dell’economia e della società, in Italia come nel mondo intero. L’emergenza sanitaria e la conseguente sospensione delle attività di interi settori produttivi hanno rappresentato uno shock improvviso e senza precedenti sulla produzione di beni e servizi e, di conseguenza, sul mercato del lavoro. In particolare nel secondo trimestre 2020 si è assistito a un crollo dell’attività economica, seguito da un recupero, per certi aspetti superiore alle aspettative, nel terzo trimestre e una nuova riduzione nel quarto dovuta alla recrudescenza della diffusione dei contagi.
Visti i provvedimenti di sostegno alle imprese e ai lavoratori, gli effetti della crisi si sono manifestati più sulle ore lavorate che sull’occupazione; ciononostante il numero di persone rimaste senza lavoro è considerevole, soprattutto a seguito delle cessazioni dei contratti a termine non rinnovati e del venir meno di nuove assunzioni in un generalizzato clima di “sospensione” delle attività, inclusa quella della ricerca di lavoro.

ll mercato del lavoro 2020. Le categorie più colpite
Il calo dell’attività e dell’occupazione si è concentrato nei servizi e, complessivamente, ha avuto effetti ridotti nella manifattura. Le categorie più colpite dall’emergenza sanitaria sono quelle che già erano contraddistinte da condizioni di svantaggio; si tratta in particolare delle donne, dei giovani e degli stranieri che sono stati penalizzati perché più spesso occupano posizioni lavorative meno tutelate, per giunta nei settori e nei tipi di impresa che sono stati investiti più duramente dalla crisi. L’emergenza ha prodotto anche un mutamento repentino della modalità di erogazione della prestazione lavorativa che è stata resa, laddove possibile, da remoto (lavoro agile, telelavoro, altre modalità). La digitalizzazione e il distanziamento sociale hanno concorso a produrre una nuova segmentazione nel mercato del lavoro, distinguendo tra chi può lavorare da casa e chi, per la natura della prestazione, è strettamente legato al luogo di lavoro.

Report Il mercato del lavoro 2020. Meno infortuni sul lavoro perché si lavora da casa ma cambia la malattia professionale: ora è il Covid
In un contesto come quello sopra descritto, gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali sono nettamente in calo per il ridimensionamento dell’esposizione al rischio ma la pandemia ha creato una nuova generazione di infortuni: quelli da contagio da Covid-19, che hanno in parte compensato la riduzione delle complessive denunce tradizionali e, per l’importante letalità dell’evento, aggravato il numero degli infortuni mortali.

Le ripercussioni di lungo periodo dell’emergenza sanitaria
L’emergenza sanitaria, ancora in corso, determina una situazione di incertezza sui tempi e sulle modalità della ripresa economica. In ogni caso, le ripercussioni saranno di lungo periodo e potrebbero comportare anche cambiamenti strutturali e permanenti del sistema economico.
In questo difficile contesto, il Rapporto fornisce elementi di riflessione, basati sull’evidenza empirica e sul rigore analitico, che sono utili a favorire lo sviluppo del dibattito pubblico sul tema del lavoro e che possono contribuire all’orientamento delle politiche.

Il mercato del lavoro nel 2020. Sintesi dei dati principali
In una nota congiunta, i redattori del Report hanno indicato i seguenti dati sintetici emersi:

  • In Italia nel primo trimestre 2020 si sono manifestati i primi contraccolpi negativi della pandemia sul Pil (-5,5% rispetto al quarto trimestre 2019) che si sono accentuati nel secondo trimestre (-13,0%); nel terzo trimestre è seguito un forte rimbalzo congiunturale (+15,9%). La stima preliminare relativa al quarto trimestre indica una nuova riduzione (-2,0%) che porta a un calo per la media annua del 2020 pari all’8,9%.
  • Le ore lavorate hanno registrato una diminuzione congiunturale del 7,7% nel primo, del 15,1% nel secondo trimestre e un rimbalzo del 21,0% nel terzo trimestre. Coerentemente con l’andamento dell’attività economica e delle ore lavorate, ma con minore intensità, nel secondo trimestre l’occupazione interna (misurata nell’ambito delle stime dei conti nazionali) è diminuita del 2,4% rispetto al trimestre precedente, per poi manifestare una inversione nel terzo trimestre (+0,9%).
  • In totale, nei soli primi tre trimestri del 2020 rispetto all’analogo periodo del 2019 sono andate perdute 3,9 miliardi di ore lavorate. In termini di Ula (Unità di lavoro a tempo pieno) e di posizioni lavorative nella media dei primi tre trimestri del 2020 la riduzione è stata di 2,4 milioni e 623 mila rispettivamente; in oltre nove casi su dieci il calo riguarda il settore dei servizi.
  • Secondo le stime mensili della Rilevazione sulle forze di lavoro, in termini congiunturali l’occupazione diminuisce dal mese di marzo fino a giugno, presenta un’inversione di tendenza nei mesi di luglio e agosto, variazioni contenute a settembre e ottobre, e una risalita a novembre. Nei dati provvisori di dicembre l’occupazione torna a diminuire (-0,4%), con un calo complessivo di 425 mila occupati rispetto a febbraio 2020.
  • Nel complesso, le misure di policy messe in campo per fronteggiare gli effetti della pandemia (in primo luogo la Cig) hanno mitigato l’impatto negativo sull’occupazione, scaricandone gli effetti sulle ore lavorate, la cui riduzione, molto più pronunciata, è dovuta principalmente alla diminuzione delle ore pro capite lavorate.
  • Nell’evoluzione dell’orario pro capite e, conseguentemente, del monte ore gioca un ruolo decisivo l’incidenza degli occupati assenti dal lavoro: nei dati destagionalizzati di marzo e aprile 2020 hanno superato il 30% del totale degli occupati.

Il mercato del lavoro 2020. Strategie e prospettive occupazionali delle imprese a seguito della pandemia

  • Dall’indagine realizzata dall’Istat a maggio 2020, con un follow-up a ottobre 2020, tra le imprese dei settori dell’industria e dei servizi con almeno 3 addetti (1.019.786 unità con 12 milioni 864 mila addetti) il 68,9% ha dichiarato a ottobre-novembre 2020 di essere totalmente aperta, il 23,9% aperta con limitazioni di spazi, orari e accesso della clientela e il 7,2% chiusa.
  • Nella prima fase della pandemia, il 63,1% delle imprese con almeno 3 addetti ha utilizzato la Cig-Covid, quota che si è ridotta al 41,8% nel periodo da giugno a novembre. E’ significativo anche il ricorso alle ferie obbligatorie e alla riduzione delle ore e dei turni di lavoro che ha riguardato, per ciascuna delle due misure, circa il 30% delle imprese nella prima fase e il 20% nella seconda.
  • Una riduzione del personale, soprattutto a tempo determinato, ha interessato il 7,0% delle imprese nel periodo marzo-maggio 2020 e l’8,5% nel periodo da giugno a novembre, mentre le imprese che hanno rimandato le assunzioni passano dal 12,2% al 12,7%. Alcuni segnali di miglioramento si colgono dall’incremento nella quota di imprese che hanno assunto nuovo personale, passata dall’1,8% nel periodo marzo-maggio al 4,3% nel periodo successivo.
  • Il ricorso allo smart working ha interessato subito dopo l’esplosione della pandemia il 21,3% delle imprese con almeno 3 addetti; la percentuale è calata all’11,3% nel periodo giugno-novembre. La quota di lavoratori in smart working nelle imprese che lo hanno attivato sale dal 5% del periodo precedente il Covid-19, al 47% dei mesi di lockdown di marzo-aprile, per assestarsi intorno al 30% da maggio in avanti.
  • Alcune imprese mostrano seri rischi di tenuta occupazionale e altre, invece, alle strategie difensive associano forme innovative di organizzazione del lavoro. Le diverse risposte alla crisi pandemica delineano cinque profili di imprese: due caratterizzati dalla staticità che rappresentano il 64,1% delle imprese, e tre gruppi di imprese proattive (il 35,9% del totale) che hanno un peso più elevato in termini occupazionali (60,8% degli addetti) e di valore aggiunto (71,6%).
  • Gli indicatori a frequenza giornaliera sulla dinamica e il turnover delle posizioni lavorative mostrano un calo dell’1,6% dell’occupazione dipendente delle imprese dell’industria e dei servizi nei primi sette mesi del 2020, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, che risulta dalla sintesi di un tasso medio di attivazione pari al 48,7% e di un tasso medio di cessazione pari al 50,3%.
  • Il calo del numero di posizioni lavorative è molto più rilevante nei settori con un tasso di turnover elevato e risulta più accentuato nelle piccole imprese, concentrate nei settori con un più alto tasso di turnover (servizi di alloggio e ristorazione, attività artistiche, sportive, intrattenimento e divertimento).

Report Il mercato del lavoro 2020. Lavoro e salute: infortuni sul lavoro e malattie professionali nell’ultimo quinquennio

  • Nel 2019 sono stati denunciati 561 mila infortuni sul lavoro, in lieve flessione rispetto al 2018 (-0,3%), confermando, dopo un’interruzione nel 2016 e 2017, la ripresa di un trend in decremento, ormai in atto da circa un ventennio. Gli infortuni riconosciuti sul lavoro per il 2019 sono stati oltre 369 mila, di cui più del 21% “fuori dell’azienda” (cioè “in occasione di lavoro con mezzo di trasporto coinvolto” e “in itinere”).
  • I casi mortali denunciati per infortunio sul lavoro e avvenuti nel 2019 sono stati 1.179, 85 decessi in meno rispetto al 2018 e 122 in meno rispetto al 2015. I casi accertati positivamente sono stati 677 (di cui 389, pari a oltre il 57%, “fuori dell’azienda”).
  • Nel periodo 2015-2019, si riduce l’incidenza delle denunce di infortunio sul numero degli occupati: si passa dalle 27,0 denunce ogni 1.000 lavoratori del 2015 alle 26,2 del 2019 (per la modalità in occasione di lavoro l’incidenza passa da 22,5 a 21,4); per i casi mortali, caratterizzati da maggiore variabilità, l’incidenza nel 2019 si riposiziona sui livelli del 2017 (5,5 denunce mortali ogni 100.000 lavoratori) ai minimi del quinquennio osservato.
  • I primi nove mesi del 2020 evidenziano un quadro infortunistico fortemente in calo (-15,8% rispetto allo stesso periodo del 2019), indotto dalla pandemia che ha ridimensionato l’esposizione al rischio di infortunio. Ma se da una parte il lockdown e lo smart working hanno agito da calmiere sugli infortuni sul lavoro, la pandemia ha creato anche una nuova generazione di infortuni, quelli da contagio da Covid-19, che hanno in parte compensato la riduzione delle denunce tradizionali nel complesso e, per l’importante letalità dell’evento, aggravato il confronto del numero di denunce mortali rispetto ai primi nove mesi del 2019 (+18,6%).
  • Nel 2019 sono state denunciate 61.195 malattie professionali, in aumento sia rispetto all’anno precedente (+2,9%) sia al 2015 (+3,9%); le malattie riconosciute positivamente sono state oltre 24 mila: circa sette su dieci interessano il sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo, per lo più affezioni a carico della colonna vertebrale e della spalla. Sono mediamente 1.500 i lavoratori che decedono ogni anno per malattia professionale.
  • Nei primi nove mesi del 2020 si registra una forte flessione delle malattie professionali denunciate (poco meno del 30%), conseguenza dell’epidemia da SARS-Cov-2 che ha influito sia per la sospensione temporanea o la chiusura nel corso dell’anno di molte attività economiche, sia per la difficoltà oggettiva dei lavoratori di effettuare di persona la denuncia di malattia.

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