Per le donne c’è ancora molto da lavorare per quanto riguarda l’acquisizione di competenze digitali. Il webinar su trasformazione digitale ed empowerment femminile
Competenze digitali? Non è affare per donne. In Europa il divario di genere nelle competenze digitali continua a essere uno degli ostacoli alla partecipazione delle donne al mondo del lavoro. É quanto emerso dal webinar “Trasformazione digitale ed empowerment femminile. What4Digital”, che si è tenuto martedì 15 giugno, e promosso dall’Istituto di studi superiori sulla donna, da Value@Work e dall’Ateno Pontificio Regina Apostolorum.
Competenze digitali, riflessione sulla digital transformation
Scopo del talk, che ha visto la partecipazione del business advisor di strategie aziendali e sviluppo della leadership, Stefania Celsi, dell’esperto di processi di narrazione digitali sui social network e di competenze nella comunicazione telematica e della presidente della Fondazione Prioritalia, Marcella Mallen, è stato quello di offrire una riflessione sul tema della trasformazione digitale per stimolare una consapevolezza più ampia sul ruolo che tale cambiamento può giocare per ridurre il Gender Gap e accrescere l’empowerment femminile nella ripresa post pandemica. La digitalizzazione si presenta come una sfida e un’opportunità di particolare importanza per le donne poiché contribuirà indubbiamente a migliorare le loro condizioni di vita e di lavoro sotto molti aspetti; inoltre, le donne avranno la possibilità di apportare una propria visione, competenze specifiche e uno stile di leadership al femminile in un campo i cui benefici potranno essere arricchenti per tutti.
Women in Digital, la classifica della Commissione europea
Secondo il Women in Digital (WiD) Scoreboard 2020 realizzato dalla Commissione europea come parte dell’Indice Desi, l’Italia si attesta al venticinquesimo posto della classifica. A livello europeo, il divario di genere è presente in tutti i 12 indicatori misurati. Ad esempio nell’Unione Europea solo il 17,7% di specialisti ICT è donna; in Italia il 14,8. Le laureate in materie tecnico scientifiche in Italia sono il 12,5% contro il 18,4% degli uomini. Su scala europea le donne laureate in materie tecnico-scientifiche sono il 14,3% contro il 26,3% degli uomini. Il divario non è, dunque, solo italiano.
Lo smart working ha messo in luce la mancanza di competenze digitali
La pandemia e l’aumento dello smart working hanno messo in evidenza le potenzialità del digitale. Come ha spiegato nel suo intervento Stefania Celsi tra i fattori della crescita ci sono anche il lavoro a distanza e la riduzione della “domanda” legata al transito di massa dei workers, la crescita dell’e-commerce e l’adozione dell’Intelligenza Artificiale (AI) da parte delle imprese. “Si stima che entro il 2030 più di 100 milioni di lavoratori a livello globale dovranno cambiare la loro professione”, ha proseguito Stefania Celsi. “Diminuiscono i lavori a basso contenuto (e basso salario), e cresce la necessità di una preparazione scolastica di livello adeguato. Aumenta il fabbisogno di competenze mediche, scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche, progettuali e ambientali”. In questo contesto le donne devono iniziare a essere protagoniste. Secondo Stefania Celsi tra i problemi principali per le donne ci sono “la mancanza di competenze appropriate, tecniche scientifiche. E anche quando hanno le competenze, permane un divario salariale anche nel digitale. Ci sono inoltre la presenza di stereotipi che influenzano le scelte in età preadolescenziale e la stigmatizzazione al maschile di alcune professionalità (es. cybersecurity). Non ultima la scarsa presenza di figure al femminile nelle posizioni apicali nel digitale”.
Il gap tra uomini e donne nelle competenze digitali
In Italia la presenza femminile nell’ambito delle materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) è ferma al 17%, seguono titoli in ambito economico (19%) e umanistico/scienze sociali (45%). “Il dibattito pubblico sul gender digital divide”, ha affermato la presidente della Fondazione Prioritalia, Marcella Mallen, “che trova fondamento nella grave carenza di donne nell’ambito delle materie STEM, è focalizzato sulla promozione di conoscenze e competenze femminili in questo settore, quando invece dovremmo chiederci quale sia il modo migliore per motivare di più le giovani donne e favorire un’equilibrata transizione al digitale”. Per questo bisogna favorire nelle donne “una maggiore comprensione, sensibilità e senso critico nei confronti della tecnologia” e allargare nel digitale “la prospettiva ad aspetti culturali, valoriali e comportamentali, determinanti nella definizione di nuovi modelli di relazione e condivisione”.
Analfabetismo digitale. I reati nei confronti di chi non ha competenze digitali
Un’interessante panoramica sulla diffusione dei social network è stata invece fatta da Luciano Giustini, che si è soffermato sull’alfabetismo digitale. Sempre più persone usano quotidianamente i mezzi tecnologici e si sono quindi approcciati anche ai social network. Eppure ci troviamo di fronte a una popolazione di analfabeti digitali. Sono pochi infatti gli utenti che sanno come funziona l’informatica e quali sono i rischi in termini di cybersicurezza. Una persona senza il dovuto livello di alfabetizzazione digitale è facile preda di attacchi di phishing, non sa proteggere i propri dati con copie di backup, non sa distinguere un sito web o un’email legittima da una ingannevole, non sa diagnosticare la possibile presenza di malware sul proprio computer e l’elenco potrebbe andare avanti all’infinito. L’istruzione al digitale è necessaria anche e soprattutto per poter utilizzare in sicurezza le nuove tecnologie.