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Agricoltura femminile e aree rurali disagiate

Per i 10 anni di Confagricoltura Donna un evento alla Camera per parlare del ruolo dell’agricoltura femminile nelle aree rurali disagiate e non solo

Delegazioni di agricoltrici provenienti da tutta Italia per festeggiare il 10° anniversario di Confagricoltura Donna, dando al contempo un segno del valore e del ruolo dell’agricoltura femminile per lo sviluppo del nostro Paese, soprattutto in questo momento storico particolare.

Agricoltura femminile nelle aree rurali svantaggiate
Sono tante, sono giovani, sono sensibili alla tutela dell’ambiente e al biologico e soprattutto sono tenaci e legate al proprio territorio, un po’ perché qui hanno le proprie radici e un po’ perché culturalmente sono portate a voler preservare le tradizioni, fatto sta che le donne impegnate in questo settore non abbandonano le aree rurali svantaggiate, anzi. Al contrario degli uomini, che preferiscono territori dove la vita lavorativa è più facile, le agricoltrici resistono, sono resilienti, fanno fiorire – è il caso di dirlo – la propria terra. “L’imprenditoria femminile” ha affermato Alessandra Oddi Baglioni, presidente di Confagricoltura Donna, “è una delle componenti più dinamiche del sistema produttivo nazionale. E la nostra associazione in questi anni si è consolidata sul territorio. Partiamo da una riflessione sulle aree svantaggiate, nelle quali siamo convinte che il futuro passerà dalla presenza femminile, per confrontarci con il mondo politico ed istituzionale”.

Il primo tema: le aree svantaggiate
Oddi Baglioni, in occasione dell’incontro tenutosi nella Sala del Refettorio della Camera dei Deputati il 10 giugno 2022, ha elencato le difficoltà affrontate dalle imprenditrici agricole in questi anni di crisi pandemica: la necessità di lavorare in modo diverso ha infatti messo in evidenza nuove esigenze e problemi, come quello della mancanza di infrastrutture nelle aree interne del Paese. Come fare e-commerce se non si ha “campo” o linea stabile perché manca la banda larga? Come trasportare le merci se mancano le vie di collegamento? E cosa dire dell’inadeguatezza delle infrastrutture idriche? La necessità di sviluppare i borghi è emersa con forza: per evitare fenomeni di spopolamento, contro la desertificazione dovuta ai terreni incolti, per una questione di sicurezza idrogeologica. E la denuncia riguarda anche l’approvvigionamento energetico, tema scottante di questi giorni: le infrastrutture energetiche per decenni – e ancora oggigiorno – sono state realizzate per assicurare l’energia alle grandi città, di certo non ai territori montani. “Il tema dell’energia va affrontato in un modo diverso rispetto a come si è fatto fino a oggi” afferma la presidente di Confagricoltura Donna.

La parola agli esperti
Poiché da sempre in Italia il problema principale è quello della resistenza al cambiamento, in questa occasione Confagricoltura Donna ha chiamato a esprimersi gli esperti: sono intervenuti pertanto alcuni docenti dell’Università della Tuscia, in particolare Sonia Melchiorre e Saverio Senni, e l’ing. Fabio Volpe di E-geos. Sonia Melchiorre ha spiegato il concetto di area svantaggiata ponendo la questione che la stessa donna da sempre e in ogni cultura è un soggetto svantaggiato, tanto che ancora oggi gli indicatori europei mostrano che ci vorranno 60 anni in Europa e 130 nel mondo per raggiungere le pari opportunità. In Italia poi la situazione è peggiore della media e con il Covid si è ulteriormente abbassata.

E se il quadro dipinto è a tinte fosche per quanto riguarda le donne che lavorano, anche quello che riguarda le aree rurali italiane non è roseo. A dipingerlo è Saverio Senni che spiega quanto siano poche e frammentate le informazioni sui territori, tanto da scattarne una foto in bianco e nero piuttosto banale (qui c’è una zona svantaggiata, qui no), che non considera tutti i fattori, le variegate sfumature di grigio. Questa mancanza gravissima non permette di attuare politiche ad hoc per i singoli territori. Una lacuna che potrebbe essere riempita attraverso l’uso delle tecnologie e in particolare attraverso il sistema satellitare.

A spiegarne il funzionamento è Fabio Volpe, che indica quale sia il vantaggio dei satelliti per le aree rurali svantaggiate, dal momento che le loro funzioni sono: osservazione della terra acquisendo costantemente immagini che permettono di monitorare cosa accade; geolocalizzazione; telecomunicazione. Come campo applicativo l’agricoltura è perfetta: si può vedere quanto dista un appezzamento di terreno da un corso d’acqua o da una via di trasporto o quanto è in pendenza, se è in stato di abbandono e a che livello. In questo modo è facile capire quali aree stiano perdendo di produttività e dove sia il caso di elaborare strategie per evitarlo. Anche nel piccolo, cioè per il singolo agricoltore, l’utilità sta nel monitorare a monte per prendere decisioni a valle: quando e in che quantità erogare i fertilizzanti, ad esempio, per mantenere la qualità del terreno.

 

Focus sull’agricoltura femminile
Le donne hanno imprese agricole di dimensioni economiche minori, hanno una propensione all’agricoltura biologica nettamente superiore rispetto a quella degli uomini e la componente femminile è maggiore proprio nelle zone svantaggiate. Spesso le donne diversificano le proprie attività in ambito agricolo – c’è chi affianca l’attività agrituristica, chi apre fattorie didattiche – e hanno obiettivi differenti rispetto agli uomini: per l’uomo la massimizzazione del profitto è al primo posto, mentre per la donna lo stimolo economico è solo uno nel mix: ci sono gli obiettivi sociali, di reputazione, l’espressione della creatività, l’attaccamento al territorio, la voglia di portare avanti le tradizioni familiari o locali.

L’analisi del Centro studi di Confagricoltura sull’agricoltura femminile
Proprio in occasione del decennale di Confagricoltura Donna, nell’incontro dal titolo “Aree rurali disagiate: il futuro è Donna” – cui hanno partecipato tra gli altri la Ministra delle Pari Opportunità e della Famiglia Elena Bonetti; la Sottosegretaria al Ministero dello Sviluppo Economico, Anna Ascani; il Sottosegretario del Ministero delle Politiche Agricole, Francesco Battistoni; le Vicepresidenti della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati Susanna Cenni e Maria Spena – è stata presentata l’analisi del Centro Studi di Confagricoltura sull’imprenditoria agricola femminile. Di seguito un breve riassunto dei risultati emersi:

I territori dell’agricoltura femminile
L’analisi ha messo in evidenza che la regione con il maggior numero di imprese agricole femminili in assoluto è la Sicilia con 24.831 (+1,7 negli ultimi 2 anni), seguita da Puglia (23.361) e Campania (21.406). A livello delle provincie, sempre secondo l’elaborazione del centro studi di Confagricoltura, medaglia d’oro è Trieste con un incremento del 6,92%, argento Lecce (+ 6,59%), bronzo Como (+ 5,48%), al quarto posto Rieti, con + 4,4%.

I comparti
Per quanto riguarda i comparti coniugati al femminile, permane lo zoccolo duro nell’agriturismo, nella multifunzionalità e nelle fattorie didattiche (che sono arrivate, complessivamente al 60%), si riscontra una maggioranza di imprenditrici nelle aziende biologiche. É cresciuta, negli ultimi 10 anni, in percentuale la presenza femminile negli allevamenti zootecnici superando il 43%, mentre nelle floricole sfiorano il 50%.

I numeri
Le imprese attive condotte al femminile, complessivamente, in agricoltura sono 203.503, che rappresentano il 28,2% del totale (erano 239.218 nel 2012). Mostrano particolare dinamismo – come rivela l’analisi del Centro studi di Confagricoltura – le donne impegnate nelle società di capitali e di persone che, in particolare nella fascia di età che va da 18 a 29 anni, raggiungono il 33,76% a dimostrazione dell’acquisita consapevolezza dell’importanza di costruire reti al femminile. Dieci anni fa erano meno della metà e rappresentavano il 14% del totale.

Innovazione e impegno etico: ecco l’agricoltura femminile
Durante l’incontro sono state presentate alcune case history a dimostrazione che l’impegno delle donne in agricoltura non è quello tramandato dalla cultura popolare: non si tratta solo di raccogliere pomodori e fare marmellate, per intenderci.

Chiara Pertosa
Imprenditrice di terza generazione, realizza satelliti: “realizziamo tutta la missione, lanciamo satelliti che servono anche per l’agricoltura. Siamo candidati alla realizzazione di IRIDE, la più grande costellazione osservatoria satellitare, in particolare alla missione iperspettrale. Con un obiettivo specifico: finora sono state realizzate solo missioni scientifiche, quindi fatte per dimostrare scientificamente un fenomeno; noi crediamo che occorra finalmente cambiare ottica e realizzare missioni che siano utili a chi lavora a terra, cambiando l’orientamento e spostandolo nell’ottica commerciale, non solo puramente scientifica, altrimenti nessuna impresa agricola potrà mai avvantaggiarsi delle conoscenze acquisite con queste operazioni”.

Federica Argentati
É presidente del Distretto produttivo Agrumi di Sicilia, che riunisce varie aziende della filiera, tutti i consorzi di tutela, compreso il bio, le rappresentanze datoriali e dei lavoratori, con lo scopo di fare sistema, anche con le istituzioni. “Si tratta di strumenti importanti di crescita territoriale, ma sono molto complessi e devono essere oggetto di politiche precise, mentre i bandi sono talmente complicati e scritti senza confrontarsi con i territori e con gli attori della filiera, da essere inutili. Tanto è vero che finora i nostri progetti sono stati finanziati da una fondazione estera e non dalle istituzioni italiane” spiega Argentati.

Alessandra Atorino
Le fa eco una giovane imprenditrice, di prima generazione: Alessandra Atorino, allevatrice di bovini della Ciociaria, che ha adottato particolari innovazioni tecnologiche, all’avanguardia nel campo dell’allevamento, ma senza l’aiuto dei fondi pubblici perché di fatto non sono disponibili: “i bandi non sono ritagliati per le donne e per le giovani in particolare. Chiediamo aiuto per le donne imprenditrici agricole” dice.

… e ancora
Sono sempre le donne dell’agricoltura femminile ad aver ideato la campagna delle clementine contro la violenza sulle donne e tante altre iniziative etiche che negli anni hanno portato avanti grazie all’associazione Confagricoltura Donna, come ad esempio il convegno sul cambiamento climatico.

La parola alla politica
La presidente di Confagricoltura Donna, Alessandra Oddi Baglioni, ha sottolineato che l’associazione è impegnata per lo sviluppo dell’imprenditoria agricola femminile, che conta 256.000 donne attive, ma la mappa italiana è molto complicata e occorrerebbe svilupparla, perché l’approccio femminile al mondo agricolo è diverso. “Sono tante le necessità emerse e le battaglie da portare avanti: il Governo dovrà riflettere sul fatto che invece degli strumenti emergenziali servono strumenti strutturali”.

E in effetti gli strumenti messi in campo sono pochi e complessi, tanto è vero che le risorse di quello più semplice (il fondo per l’imprenditoria femminile varato negli scorsi giorni dal MiSE) si sono esaurite nell’arco di un solo giorno. La Sottosegretaria allo Sviluppo economico Anna Ascani ne è consapevole e ha dichiarato che il Ministero ha già allo studio un rifinanziamento e un miglioramento di quel fondo e ha spiegato che il Ministero cercherà di fare politiche di sistema sottolineando che il Governo cerca di non sovrapporre i finanziamenti ma di selezionare target sempre diversi di beneficiari. Ascani invita le imprenditrici agricole a sfruttare la Nuova Sabatini e le risorse di Transizione 4.0, poiché le donne sono in grado di portare innovazione ma le tecnologie sono molto costose e queste risorse economiche sono dirette anche alle imprese agricole.

Agricoltura femminile, le risorse da intercettare
Positivo e ottimista invece il Sottosegretario alle Politiche agricole Francesco Battistoni, che afferma che non solo l’incidenza sul PIL da parte delle imprenditrici agricole stia aumentando ma quanti aiuti economici diretti esse abbiano a disposizione a livello regionale. “Provvedimenti legislativi ce ne sono e ho visitato aziende agricole femminili in tutta Italia trovandole all’avanguardia. Dunque sappiate cogliere l’opportunità dei bandi del PNRR; intercettate le risorse destinate alle filiere agricole perché finalmente si è compresa la centralità del sistema agroalimentare italiano”.

Al contrario il Presidente della Commissione Agricoltura della Camera, Filippo Gallinella, vede l’Italia come un Paese arretrato sulla parità di genere, anche se il Made in Italy è richiesto in tutto il mondo. Secondo Gallinella la sfida futura è nel vendere Made in Italy sostenibile – un settore per il quale l’agricoltura femminile è vocata – e per questo è stato creato, in collaborazione con il Ministero della Transizione ecologica, il marchio Made Green in Italy.

 

Un Disegno di Legge per l’agricoltura femminile
Le due vicepresidenti della Commissione Agricoltura alla Camera, Maria Spena e Susanna Cenni, firmatarie di due proposte di Legge riunite – per avere un iter approvativo più rapido – in un unico Disegno di Legge, hanno spiegato i contenuti di questo testo, nato per mettere ordine nel sistema legislativo che regola il mondo imprenditoriale dell’agricoltura femminile. Innanzitutto si prevede la creazione di un Osservatorio e di un ufficio dedicati alle donne che vogliono aprire un’azienda agricola; poi sono stati introdotti alcuni ambiti più specifici, come ad esempio quello agrosanitario, che prevede la possibilità di riconvertire alcuni immobili interni alle aziende agricole per adibirli a centri terapeutici “per tutte quelle cure che si giovino dell’avvicinamento alla campagna e agli animali delle fattorie”. Inoltre si è introdotta la facoltà per chi fa agriturismo, di vendere i propri prodotti agli ospiti anche mediante l’e-commerce a distanza, una volta che i turisti sono rientrati nelle loro località di origine. E ancora la possibilità di fare formazione per un’agricoltura innovativa anche negli istituti professionali e nelle università. Promuovere e sostenere il talento femminile è uno degli obiettivi, visto che l’agricoltura femminile ha una propria peculiarità collegata alle competenze e capacità delle donne. Per esempio si dovrebbe sviluppare il loro lavoro nel comparto della pesca e il DdL prevede che l’osservatorio sveli anche quante sono e dove sono le donne dedite a quest’attività per capire quali siano le misure che possano aiutarle. Lo scopo è di realizzare un piano di interventi triennale, permanente. Il disegno di Legge mette a confronto gli strumenti esistenti – che pur esistendo non dialogano fra loro – e ne fa una lettura trasversale chiedendo al contempo una maggiore presenza femminile in tutti gli organismi agricoli. “Dobbiamo rimettere al centro la persona e la produzione: basta con il pensare che conviene importare perché costa meno” concludono.

L’intervento di Giansanti
Non poteva mancare un appuntamento così importante il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, che ha fatto un intervento pungente e diretto: “Oggi assistiamo a una situazione paradossale” ha detto: “è bastata una crisi (la guerra in Ucraina) a farci scoprire che non sappiamo nemmeno quanto grano è prodotto in Europa né dove. Non sappiamo quanto grano c’è nel mondo”. E non sappiamo che solo l’1% dei 570 milioni di agricoltori esistenti ha una superficie superiore ai 10 ettari, quindi una dimensione imprenditoriale: non si hanno dati riguardo all’agricoltura reale. In Italia ci sono 1,5 milioni di aziende agricole e quasi tutte vivono di ciò che producono, ovvero producono per sé stesse. Meno di 400.000 sono quelle che hanno una partita Iva. Tutte le altre in pratica coltivano l’orto. Solo 17.000 aziende sono quelle professionalizzate. Eppure due terzi (2/3) del territorio italiano è in mano agli agricoltori che – è bene sottolineare – non inquinano né hanno intenzione di farlo, dal momento che è loro interesse avere acqua, terra e aria salubri e di buona qualità. “Le politiche che negli anni passati ci avevano portato alle eccedenze e che abbiamo abbandonato, si sono dimostrate migliori di quelle che ci hanno portato oggi alla carestia” dice con forza Giansanti sottolineando: “non vogliamo un contributo ‘di sussistenza’, se è così potete tenervelo: vogliamo un contributo ad investire e crescere”. Il presidente di Confagricoltura lo afferma in questa sede ufficiale della Camera: “le politiche agricole degli ultimi 35 anni sono state fallimentari. Siamo andati – e continuiamo ad andare – nella direzione sbagliata. Dobbiamo invece pianificare degli obiettivi strategici, non possiamo più permetterci di vivere alla giornata. Sta a noi decidere se vogliamo continuare con questo modello agricolo, della vanga e della zappa, o se vogliamo diventare agricoltori del futuro. In tal caso dobbiamo attuare ora le azioni necessarie o fra 10 anni ci ritroveremo a dire cosa ci sarebbe piaciuto fare e non ciò che effettivamente abbiamo fatto”.

La conclusione di Oddi Baglioni
Nella conclusione della presidente di Confagricoltura Donna avvertiamo il senso di un’amarezza antica ma anche lo slancio verso un futuro migliore, in cui ci si rimbocca le maniche e si va verso nuovi modelli di agricoltura femminile, innovativi e sostenibili: “Siamo stufe di sentirci dire dagli uomini ‘dovreste fare questo, dovreste fare quello’, noi già stiamo facendo. E stiamo facendo molto. Oggi abbiamo dimostrato che l’agricoltura femminile c’è ed è giovane. E contribuirà al futuro del nostro Paese”.

 

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