Dal 30 giugno 2022 verranno introdotti nuovi obblighi fiscali, primo fra tutti quello di accettare i pagamenti con carte tramite POS
Giro di vite da parte dello Stato che stringe ancora su chi ha un lavoro autonomo: le principali novità in materia fiscale introdotte dal DL 36/2022 divengono operative e partono – prima del previsto, giacché la norma stabiliva che ci si dovesse munire di POS dal 2023 – le sanzioni per chi non accetta il pagamento con carte, non acquistando un POS e pagando i relativi costi di canone e le commissioni per ogni utilizzo (anche se ci sono “clienti” che chiedono di utilizzarlo per soli 50 centesimi).
Perché utilizzare i POS
POS sta per Point of sale (Punto di vendita) e indica sia gli esercizi commerciali che la posseggono sia l’apparecchiatura che consente il pagamento per mezzo di carte di credito o di debito. La convinzione dello Stato è che così facendo non si evadano le tasse poiché i pagamenti sono tracciabili. I controlli incrociati avvengono fra banche e vari organismi di vigilanza, compresa l’Agenzia delle entrate, per verificare se quanto si è dichiarato in entrata (e parliamo del cliente, non dell’esercente) corrisponde a quanto si spende. Si pensa insomma che l’utilizzo del denaro contante sia sempre qualcosa di losco semplicemente perché la PA non è più in grado di tenerne l’emissione sotto controllo. Infatti le stesse banconote non sono altro che “carte di credito” nei confronti dello Stato, per chi ricorda i principi dell’economia: “A vista pagherò per questa banconota…” era un impegno dello Stato a dare il corrispondente valore in oro ai tempi in cui esisteva ancora e avevano uno specifico ruolo la Banca d’Italia e la Zecca di Stato. Ora tutto è cambiato e sembra che siamo sporchi e cattivi se usiamo le banconote, divenute comune carta filigranata dotata di un codice e non più impegno a corrispondere un valore da parte dello Stato italiano, che ormai non ha più il potere di “battere moneta”. Insomma abbiamo avocato il ruolo di stampare moneta ad altri, quando altri lo decidono e nelle quantità che lo decidono, e poi non ci fidiamo del capitale circolante, quasi fosse tutto realizzato tramite espedienti criminosi. Mah!
Cosa sono i POS
Sono piccoli apparecchi collegati a volte ai registratori di cassa, a volte wireless, a volte al cellulare, a volte con GPS. Il POS fisso è quello tradizionale, connesso tramite linea telefonica; il POS wireless è rimovibile dalla sua base e può essere utilizzato nel raggio di 10 metri tramite bluetooth; il POS GSM è quello dotato di scheda SIM interna, in modo che si possano effettuare transazioni anche senza il collegamento a una linea telefonica fissa, spostandosi tranquillamente, una sua forma più avanzata è l’mPOS, o POS mobile, che è collegato via Bluetooth allo smartphone o al tablet e così sfruttando la connessione Wi-Fi di questi apparecchi senza avere una propria Sim all’interno. In pratica i POS funzionano come lettori di carte di credito o di debito o prepagate.
Come funzionano i POS
L’esercente dovrà digitare l’importo da caricare sulla carta che il cliente inserirà subito dopo nel lettore POS; c’è anche la possibilità semplicemente di strisciarla o di avvicinarla al POS perché questi ne acquisisca i dati. Nei primi due casi occorrerà che il cliente digiti il proprio PIN, nel terzo caso no, ma l’avvicinamento si può fare solo per pagamenti fino a 50 euro. Si tratta del metodo Contact-less, che consente dunque semplicemente di pagare sfiorando il lettore magnetico POS senza fare nient’altro. Naturalmente il POS funge da terminale collegato con il centro di elaborazione della banca o dell’istituto cui l’esercente si è “abbonato”. In pratica il “dietro le quinte” consiste nell’autorizzazione della banca del cliente ad addebitare sul conto (in tempo reale o differito a seconda che si tratti di una carta di debito o di credito) l’importo e nel relativo accredito sul conto dell’esercente. Un passaggio che però non è privo di costi per nessuna delle due parti.
Il costo dei POS
Questi apparecchi terminali costano di per sé: infatti si devono acquistare e costano da 30 euro, se non stampano la ricevuta, a oltre 100 euro se la stampano (ovviamente poi occorrerà munirsi dei rotolini di carta termica). Lo Stato poi tassa gli stessi apparecchi, quindi all’acquisto occorrerà versare 16 euro di marca da bollo. Se questi sono costi una tantum, veniamo a quelli fissi e per sempre. Ogni istituto finanziario (poste comprese) o banca o gruppo che offre questo servizio – attraverso delle piattaforme con vari nomi di fantasia – chiede o un canone fisso o una commissione o entrambe. E alcune banche chiedono che si apra presso di loro un conto corrente. I canoni fissi variano tra i 15 e i 50 euro mensili; le commissioni variano tra l’1 e il 2,5%. Visto l’obbligo ora c’è molta concorrenza e si trovano sul mercato diverse offerte. Solitamente comprendono l’abolizione delle commissioni per le piccole transazioni (fino a 10 euro) ma solo fino alla fine di quest’anno. Solitamente le piattaforme che fanno queste offerte sono però anche quelle che hanno le commissioni più alte, intorno al 2%. E quindi dall’anno successivo si pagherà di più. Le banche/piattaforme che richiedono invece solo un canone fisso spesso chiedono però un minimo di transazioni, solitamente pari a un minimo di 6.000 euro mensili. Di piattaforme/banche/istituti che offrono il servizio POS ce ne sono diverse (citiamo ad esempio banca Sella, Nexi, SumUp, Poste Italiane, Axerve) e per stabilire quale faccia al caso del singolo esercente si possono anche utilizzare dei siti di comparazione gratuiti (anch’essi stanno sorgendo in vista dell’obbligo).
La sanzione per chi non utilizza i POS
Le sanzioni per mancata accettazione dei pagamenti elettronici si attueranno dal 30 giugno e vi saranno tenuti tutti coloro che effettuano attività di vendita di prodotti e di prestazioni di servizi, anche professionali. La sanzione sarà di 30 euro più il 4% del valore della transazione rifiutata. L’obbligo non si applica però nei casi di “oggettiva impossibilità tecnica”: in questi casi, infatti, saranno applicate le norme generali sulle sanzioni amministrative previste dalle Legge n. 689/1981, con riferimento alle procedure e ai termini, a eccezione dell’articolo 16 che disciplina il pagamento in forma ridotta. Come spiega la Fondazione studi Consulenti del lavoro, non si applica dunque la cd oblazione amministrativa, ovvero la possibilità di pagare in forma ridotta la sanzione entro 60 giorni dalla contestazione.