Lavoro Opportunità

Troppi lavori non in linea con il titolo di studio

In Italia solo uno su quattro lavoratori ne svolge uno in linea con il titolo di studio conseguito. Emerge dal rapporto Censis-UGL presentato il 28 aprile

Nell’ambito delle attività svolte in occasione della Giornata internazionale dei lavoratori, il primo maggio, è stato pubblicato il rapporto “Il lavoro è troppo o troppo poco? Restituire valore e dignità al lavoro per superare contraddizioni e paradossi” che ha messo in evidenza come ci sia un disallineamento tra qualifica lavorativa e titolo di studio. L’analisi svolta dal Censis e dall’UGL (Unione generale dei lavoratori) evidenzia come il mancato incontro tra domanda e offerta di lavoro generi disoccupazione, precariato, povertà e posizioni scoperte, penalizzando soprattutto i giovani (che sempre più scelgono di andare all’estero) mentre, allo stesso tempo, le imprese dichiarano di avere difficoltà a trovare personale da assumere. Una contraddizione non da poco se si pensa che la disoccupazione giovanile (età 15-24 anni) è al 23,7%.

Lavorare con una qualifica inferiore rispetto al titolo di studio
A farlo sono soprattutto gli under 24, con una quota del 44,3% mentre per la fascia di età 25-34 anni la quota è del 37,5%. Questo disallineamento occupazione e titolo di studio conseguito è detto “overeducation”, in Italia riguarda un lavoratore su quattro e come evidenziano i dati del rapporto Censis-UGL è inversamente proporzionale all’età posseduta. L’indagine chiarisce che è principalmente questo il motivo che spinge i giovani a recarsi a lavorare all’estero tanto è vero che negli ultimi dieci anni oltre un milione di italiani si è trasferito in un altro Paese: uno su quattro era laureato e uno su tre aveva tra i 25 e i 34 anni. Un fenomeno che non è destinato ad esaurirsi dal momento che il 47,3% del panel dichiara che se ne avesse la possibilità se ne andrebbe dall’Italia, con percentuali che raggiungono il 60,6% tra i più giovani.

L’Italia è il Paese dove le retribuzioni si sono abbassate
Il 68,1% della popolazione pensa che l’Italia non sia un Paese per i giovani e l’88,5% è convinto che all’estero il lavoro sia pagato meglio. Il 93,5% degli italiani è convinto che gli stipendi siano troppo bassi e in effetti l’Italia è l’unico dei Paesi Ocse che negli ultimi trent’anni ha avuto una riduzione in termini reali delle retribuzioni del 2,9%. Inoltre, i giovani in particolare sono convinti che all’estero siano più valorizzate le competenze. In un Paese in cui da anni si continua a parlare di meritocrazia senza che di fatto venga attuato nulla al riguardo la riflessione non stupisce. A questo si aggiunge il problema della precarietà: il 39,3% dei giovani che lavorano (oltre 2 milioni) svolge lavori a termine o part time, che non garantiscono la retribuzione e la stabilità necessarie ad avere un tenore di vita adeguato e fare progetti per il futuro.

Disallineamento tra pensionati e giovani lavoratori
Mentre i giovani lavoratori diminuiscono, i pensionati sono 14,89 milioni e si prevede che nel 2040 saranno più di 17 milioni (+ 2,24 milioni). Per questa ragione il PNRR (Piano nazionale ripresa e resilienza) stabilisce che il lavoro giovanile debba essere una priorità e pone investimenti al riguardo affinché l’occupazione dei 15-29enni salga del 3,2% nel biennio 2024-2026 e dello 0,5% in quelli successivi. Nel frattempo, le imprese cercano personale che non trovano e sembra che i profili richiesti e quelli posseduti dai giovani non corrispondano, poiché il titolo di studio posseduto non è lo stesso cercato dai datori. Eppure sembra che quella che si sta affacciando adesso sul mercato del lavoro sia la generalizzazione più scolarizzata di sempre: il 76,8% dei giovani sotto i 34 anni è almeno diplomato (20 anni fa era il 59,3%) e il 28,3% è laureato (20 anni fa lo era appena il 10,6%). In linea generale anche la domanda di lavoro è altissima oggigiorno e di qui al 2027 si prevede un fabbisogno di circa 3 milioni e 800 mila lavoratori tra settore privato (che assorbirà l’80,6% del totale) e Pubblica Amministrazione.

Scuola e mondo del lavoro
L’85,9% degli italiani (che sale all’87,5% tra gli occupati) è convinto che la scuola sia distante dal mondo del lavoro. La domanda, come sopra detto, non coincide con l’offerta rispetto al titolo di studio posseduto. I laureati sono ancora troppo pochi e lo sono maggiormente nelle discipline umanistiche, della formazione e dell’insegnamento, del gruppo psicologico. Già dal prossimo anno invece mancheranno oltre 12.000 medici e laureati in professioni sanitarie, oltre 8.000 del gruppo economico e statistico, oltre 6.000 laureati STEM (le materie scientifiche e matematiche), oltre 3.000 laureati in discipline giuridiche e politico-sociali. Inoltre, ci sono troppi diplomati nei licei, con un esubero di 53.000 l’anno, mentre mancheranno 133.000 diplomati degli istituti tecnici e professionali e qualificati nel sistema della formazione professionale. Per non parlare delle competenze “innovative” richieste oggigiorno: per occupare il 65% dei posti di lavoro offerti si avrà bisogno di competenze green connesse al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale, e il 56,3% dei nuovi posti avrà bisogno di competenze digitali.

Titolo di studio e mercato del lavoro. Il nostro commento
Per entrare nel mercato del lavoro occorre avere un titolo di studio, non semplicemente alto ma adeguato a ciò che viene richiesto. I giovanissimi hanno ancora scarsa dimestichezza con l’orientamento e al momento di decidere quale percorso di studio intraprendere, essendo ancora adolescenti, possono essere fuorviati da elementi esterni o da desideri personali che non tengono conto della realtà del mondo del lavoro che dovranno prima o poi trovarsi ad affrontare. Il nostro giornale da anni ormai offre un’informazione aggiornata al riguardo nella speranza che, se non direttamente i ragazzi, almeno i loro genitori si rendano conto di ciò che sarà meglio per il loro futuro e cerchino di illustrargli meglio le possibilità che potrebbero aprirsi loro in futuro, magari facendo come all’estero quando i genitori accompagnano i figli a visitare le diverse scuole superiori durante le giornate appositamente dedicate dai vari istituti. Ormai in Italia sono molte le scuole ad offrire delle giornate a porte aperte per l’orientamento e ci sono anche manifestazioni nazionali che offrono questa possibilità.

I commenti di UGL e Censis
“Il destino del Paese è quello dei giovani con talenti e competenze, che devono essere utilizzati e valorizzati nel nostro mercato del lavoro. C’è bisogno di una nuova stagione di politiche di raccordo tra formazione e lavoro per il futuro economico, ma anche demografico dell’Italia” ha dichiarato il presidente del Censis Giuseppe De Rita. “Ora che la pandemia è alle nostre spalle dobbiamo impegnarci con maggiore determinazione soprattutto a favore dei giovani, che fanno registrare una quota ancora troppo alta di disoccupazione. Come evidenzia in modo chiaro il rapporto Censis-Ugl, nonostante la domanda di lavoro sia in aumento, i nostri ragazzi continuano a cercare fortuna all’estero, dove trovano retribuzioni più elevate e migliori condizioni lavorative” ha spiegato il segretario generale dell’Ugl Paolo Capone. “Ecco, allora, che occorre creare condizioni occupazionali più favorevoli, con l’obiettivo di trattenere la forza lavoro qualificata in Italia, recuperando le fasce marginali di giovani che non studiano e non lavorano, attraendo cervelli e manodopera dall’estero. Solo così, il nostro Paese potrà avere un futuro economico, sociale e demografico diverso” ha concluso Capone.

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