La nostra intervista all’ideatrice di MamaTech, un asilo nido diverso, tecnologico, che usa un approccio multisensoriale per i bimbi con difficoltà cognitive
MamaTech, un progetto dedicato ai bimbi per supportare le famiglie negli orari di lavoro e non solo: un asilo nido innovativo rivolto ai bambini da 6 a 36 mesi, anche con bisogni speciali, che diventa ludoteca pomeridiana per i bimbi da 3 a 10 anni. Con un approccio pedagogico che utilizza la tecnologia in modalità multisensoriale per educare e coinvolgere anche i bimbi con disabilità motoria e cognitiva. Ne è ideatrice Federica Dello Russo, educatrice di prima infanzia specializzata, con una laurea in Scienze dell’educazione (percorso Educatore di nido e comunità di prima infanzia), particolarmente interessata all’uso consapevole delle nuove tecnologie nei bambini e alle attività inclusive. La sua idea è molto interessante e soprattutto molto utile per i genitori che devono dividere il proprio tempo tra orario di lavoro e cura dei propri figli, soprattutto se si tratta di bimbi con una disabilità.
Dottoressa Dello Russo, ci parli del suo approccio pedagogico. Innanzitutto come le è venuta questa idea e a chi si rivolge?
L’idea di MamaTech nasce in me dopo diverse esperienze avute in contesti ludici ed educativi, nonché da un’attenta analisi di mercato per venire incontro alle esigenze – vecchie e nuove – delle famiglie. Non ultima ragione per importanza, nasce per realizzare un sogno. Per quanto riguarda il mio approccio, dobbiamo dire che nei servizi per la prima infanzia esistono due livelli di progettazione: pedagogico ed educativo. Quando facciamo riferimento alla progettazione pedagogica essa è funzionale alla definizione di valori e principi che dovrebbero guidare l’agire educativo; quella educativa è finalizzata, invece, a organizzare e gestire in maniera sistematica l’attività organizzativa, gestionale e pedagogica, affinché tutto sia orientato al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Dal punto di vista pedagogico, il servizio progettato si basa sulle linee guida del “Reggio Emila Approach”, fondato sulla figura di Loris Malaguzzi, che a sua volta è contaminato anche da altri come John Dewey e l’apprendimento attivo. Nasce così l’idea di un sapere costruito attraverso la sperimentazione delle diverse attività. Si tratta di una prospettiva socio-costruttivista, dove la conoscenza è qualcosa che si forma attraverso un processo di attribuzione del significato nell’incontro continuo con gli altri e il mondo, e dove il bambino e l’adulto sono costruttori di conoscenza e cultura.
In che modo viene utilizzata la tecnologia?
La “media education” è un particolare ambito delle scienze dell’educazione che consiste nella produzione e nell’elaborazione di strategie educative e progetti educativi che, lavorando sui media e con i media, favoriscono la conoscenza e lo svolgimento di esperienze creative ed esplorative attraverso di essi. Le sfide lanciate dai dispositivi digitali mettono le figure educative adulte davanti all’urgenza di maturare una sempre maggiore consapevolezza dei nuovi linguaggi e dei nuovi strumenti nell’approccio culturale e pedagogico e, allo stesso tempo, c’è necessità di rinnovare le competenze educative nell’integrazione problematica tra saperi tradizionali e nuovi. I piccoli esploratori digitali hanno diritto e necessità di avere adulti competenti che siano in grado di accompagnarli nelle scoperte, nell’appropriarsi di una consapevolezza d’uso degli strumenti così intuitivi e “a portata di dito”, dunque adulti e contesti educativi che possano proporre modelli possibili di setting in cui predisporre e utilizzare i nuovi device e in cui sperimentare nuove modalità di interazione. C’è bisogno dunque di contesti scolastici, ma anche educativi e pre-scolastici, nella fascia 0/6 anni, che facciano entrare tablet per costruire nuove esperienze educative con la tecnologia. Non è importante tracciare il confine tra gioco e applicazione educativa: è invece necessario concentrare l’attenzione sulla compresenza integrata di direzioni focalizzate sui saperi e sull’alfabetizzazione di base, sulla scoperta e sull’esplorazione delle conoscenze. Questo approccio favorisce l’immersione nel processo educativo superando la paura dell’isolamento e della dipendenza, ma offrendo stimoli per vedere, sentire ed esprimersi anche in modo creativo e in relazione con gli altri. All’interno della struttura educativa saranno dunque presenti strumenti come tablet, tavolette grafiche, pavimento interattivo.
Il fulcro di MamaTech è l’alfabetizzazione digitale ma si tratta di un argomento controverso: perché la ritiene invece fondamentale nel suo approccio pedagogico?
Le nuove tecnologie sono sempre più presenti nella vita di tutti e caratterizzano le diverse situazioni quotidiane. Fin dai primi mesi i bambini sono immersi in ambienti nei quali sono presenti e vengono utilizzati i nuovi personal device. Crescono in un universo di codici e di linguaggi attraenti, in contatto tecnologie utilizzate dia loro genitori e che incontrano nei contesti formali e informali. Questi aspetti introducono questioni rilevanti per il dibattito pedagogico ed educativo, come i temi della responsabilità e corresponsabilità educativa, del benessere e dell’uso equilibrato e creativo di questi nuovi strumenti. Il ruolo dei contesti educativi, così come la scuola, è di fondamentale importanza in questo ambito: mediare e familiarizzare nella conoscenza di questi nuovi linguaggi, favorendo una conoscenza critica e attiva dei media, promuovendo le possibilità espressive e creative dei bambini, nonché nuove forme di partecipazione attiva. Anche per i bambini si estende l’ambiente di apprendimento oltre i confini tangibili di scuola e famiglia per allargarsi verso una virtualità ricca di significati. Tutto ciò scatena paure e perplessità negli adulti. “Il digitale toglie la creatività e la capacità di ascolto”, “Gli schermi e le tecnologie creano dipendenza”, sono queste le frasi che genericamente vengono utilizzate dagli adulti per esplicitare i dubbi legati ai mondi portatili delle App, come strumenti da evitare. Dunque c’è bisogno di orientare in senso educativo e didattico gli adulti in un mondo digitale in cui tutti gli individui devono sapersi muovere come cittadini consapevoli. C’è una “paura pedagogica” di spazi e tempi in cui l’uso delle tecnologie delimita un recinto di fruizione passiva dove l’adulto esercita un controllo iperprotettivo, alternando, talvolta in modo contraddittorio, divieti e rassicuranti concessioni. Dal mio punto di vista pensarsi in contrapposizione rispetto alle tecnologie non contribuisce a costruire forme di alleanza nelle famiglie e nei servizi educativi. Bisogna quindi adottare uno sguardo pedagogico su queste tematiche, dunque un approccio problematico.
Lei si basa sulle linee guida Cento Linguaggi, di Loris Malaguzzi: in cosa consistono?
Ogni essere umano è dotato di questi linguaggi e il bambino ha occasioni di svilupparli grazie all’azione quotidiana con diversi materiali. Più linguaggi, diversi punti di vista, tenendo attive le mani, il pensiero e le emozioni, valorizzando la creatività e l’espressività dell’individuo in quanto tale e come membro della società. Seguendo il principio che i bambini posseggono 100 linguaggi e sottolineando i linguaggi espressivi essenziali come le altre discipline, negli anni ‘60 Malaguzzi introdusse l’idea di un atelier non come spazio specialistico ma come parte integrante di un progetto educativo complessivo, dove affinare tutte le percezioni e indagare con mente e mani contemporaneamente: un luogo in cui si rendono visibili i concetti e le idee. L’atelier inteso come “laboratorio del fare” accoglie non solo linguaggi grafici, pittorici, manipolativi, ma anche quelli del corpo legati al movimento, alla comunicazione verbale e non verbale. Comprende i linguaggi iconici, logici, scientifici, naturali, etici, multimediali, pensando sempre ad un bambino che conosce con tutto se stesso.
Lei ha previsto uno spazio multisensoriale per bambini con DSA e deficit cognitivi: ce ne parla?
Sì, ho ideato uno spazio multisensoriale o anche detto “Stanza Snoezelen”. Il termine snoezelen deriva dall’unione di due parole olandesi: da un lato abbiamo snoffelen, che significa annusare, dall’altro doezelen, la cui traduzione si avvicinerebbe al concetto di “dormire” o “rilassarsi”. Ci troviamo, dunque, dinanzi all’associazione di due azioni che sembrano diverse tra loro e che rimandano al raggiungimento del rilassamento tramite la stimolazione. Trovare e godersi la parte piacevole della stimolazione dei nostri sensi. Un ambiente così, dunque, permette la stimolazione multisensoriale anche nelle persone che presentano difficoltà a relazionarsi con l’ambiente circostante a causa dei limiti imposti dal disturbo di cui soffrono. Tale stanza provvista di giochi di luce, proiettori, angoli morbidi, fonti sonore, riveste una primaria funzione sensoriale, di scoperta e di relax. È una stanza dove si incontrano innovazione e curiosità. È all’interno di questa che i bambini potranno immergersi nei diversi paesaggi digitali, potranno giocare con la luce e le sue manifestazioni: esplorare sia l’idea classica di luce sia lo spettro di colori indagandone il fenomeno in cui il raggio di luce viene scomposto, riflesso e propagato. I bambini con sindrome dello spettro autistico, ma anche con altre forme di disabilità, saranno stimolati ad interagire con gli altri, poiché il loro livello di tensione e stress sarà ridotto e si sentiranno rilassati. È un luogo dove i bambini possono esplorare l’ambiente attraverso materiali e strumenti digitali.
Il suo asilo nido offre servizi per 8 ore e nel pomeriggio si apre anche, come ludoteca, ai bambini più grandi. Ci spiega com’è strutturato?
Mamatech è una realtà nuova, dinamica e tecnologica, ed è una struttura educativa che copre diverse fasce orarie mettendosi a disposizione dei genitori:
La mattina, in qualità di asilo nido, accoglie bambini dai 6 ai 36 mesi di età; il pomeriggio, come ludoteca, accoglie bambini dai 3 ai 10 anni di età. L’apertura è garantita dal lunedì al venerdí e durante le festività natalizie e pasquali.
Il sabato l’apertura sarà garantita dalle ore 7.30 alle ore 12.30 e il pomeriggio con attività extra su prenotazione.
Sarà attivo 12 mesi all’anno, ad esclusione di 15 giorni feriali previsti nel mese di agosto. Sarà inoltre prevista la mensa, somministrata da un’azienda esterna. Tra i vari servizi è previsto un servizio “Notturno” su prenotazione, dalle ore 20.00 alle ore 9.00 del giorno seguente, con l’obiettivo di supportare le famiglie che lavorano su turnazione, ma anche come supporto per conciliare al meglio orario di lavoro e di famiglia. I bambini saranno coinvolti in un progetto educativo creato su “misura” per loro e saranno coinvolti in attività extra come musicoterapia, arte-terapia, I.A.A. (pet therapy), programmazione di base con Arduino e tanto altro.
Lei usa la tecnologia anche per tenere informati costantemente i genitori affinché possano seguire i propri figli anche a distanza: in che modo?
Con l’idea che è possibile ridurre il consumo di carta, MamaTech sarà fornita di un’applicazione per gestire i rapporti con le famiglie. Kindertap è un’app attraverso la quale le educatrici, da tablet o smartphone, compileranno il “diario di bordo” di ogni bambino, per annotare comunicazioni, pasti, sonnellini e tutto ciò che riguarda la routine. Registro di presenze e uscite dei bambini con un lettore e l’utilizzo di card o PIN personali. Sarà inoltre possibile prenotarsi agli eventi o alle attività extra che MamaTech offrirà agli utenti.
Dove aprirà il primo MamaTech e come possono contattarla i genitori interessati ad usufruirne?
Mamatech aprirà le sue porte per la prima volta nella mia città natale Atripalda (Av) , in Via Salita Palazzo 25. Le famiglie potranno contattarci tramite i social (Facebook e instagram), dove troveranno anche il mio contatto telefonico. Potranno scriverci un’email a info.mamatech2527@gmail.com o ancora potranno visitare il nostro sito web: www.mama-tech.it
Il suo è un progetto innovativo che potrebbe essere seguito anche da altri educatori. Ha pensato di aprire altri MamaTech in Italia, magari facendo precedere l’apertura da un corso formativo ad hoc per gli educatori che li gestiranno?
Sarebbe bello poter aprire dei franchising di MamaTech ma per adesso punto al raggiungimento di questo primo traguardo che ho raggiunto con non poche difficoltà. La voglia di poter portare questo sogno anche altrove è qualcosa che esiste. Resto con i piedi “per terra” aspettando la mia prima inaugurazione.