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L’accesso al credito delle Piccole e Medie Imprese

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L’accesso al credito delle Piccole e Medie Imprese

I risultati dell’indagine Istat mostrano un notevole aumento delle PMI che si rivolgono agli istituti bancari per ottenere un finanziamento, in particolare un credito.L’esito positivo della richiesta di credito però non è scontato, anzi: la stessa ricerca mostra un calo della percentuale di aziende che è stata accontentata. Di conseguenza, molte aziende hanno tentato vie diverse, rivolgendosi ad altri soggetti (ad esempio società di leasing, ma soprattutto parenti e amici) per ottenere ascolto

L’inchiesta dell’Istat ha interessato anche le prospettive per il triennio 2012-2014: oltre la metà delle imprese prevede di ricorrere ai finanziamenti rivolgendosi sempre in prima istanza alle banche. Banche che dovrebbero essere ben liete di concedere tali aperture di credito, dal momento che gli apparati statali sia italiani che europei stanziano dei fondi appositamente per permettere loro di sostenere le imprese che richiedono i prestiti.

Non è un caso se quando si parla di crisi il primo passo da parte di ogni Governo è stato quello di aiutare le banche affinché possano prestare i soldi alle imprenditrici e agli imprenditori allo scopo di risollevare l’economia nazionale. In realtà, oltre ad essersi abbassata la percentuale di risposte favorevoli da parte delle banche, si è anche abbassata la cifra messa a disposizione da queste ultime, che nella metà dei casi è risultata inferiore a quella richiesta.

Se nel 2007 – anno in cui la crisi si affacciava – la quota di PMI che cercavano un finanziamento era del 36,5%, nel 2010 esse avevano già raggiunto quota 52,2%: un aumento importante, che fa risaltare il fatto che alla fine del 2010 più della metà di tutte le PMI è stata interessata dalla crisi economico-finanziaria. Il campanello d’allarme scatta nel momento in cui si scopre che i prestiti vengono richiesti non per spese relative al capitale di rischio, bensì per spese di ordinaria amministrazione: ciò significa che le piccole e medie imprese non ce la fanno ad andare avanti da sole e che se non hanno un sostegno esterno, possono fallire.

La situazione tende ad aggravarsi se si considera che le banche hanno aderito sempre meno alle richieste da parte delle imprese: se nel 2007 infatti l’87,5% delle piccole e medie imprese che lo richiedevano otteneva il finanziamento, nel 2010 lo ha ottenuto il 78,4% delle imprese. Ciò ha costretto molte imprese a rivolgersi ad altre fonti di finanziamento: nel 2007 lo faceva solo il 17% delle imprese, nel 2010 lo ha fatto il 35,4% delle imprese, cioè più del doppio. Imprenditrici ed imprenditori si sono rivolte a soggetti diversi che permettevano di utilizzare anche strumenti diversi, come il credito commerciale, le anticipazioni della clientela, i sussidi pubblici, il leasing, i prestiti agevolati. Non disdegnando alla bisogna anche gli scoperti bancari.

Il fatto che nel triennio 2012-2014 il 93% delle imprese abbia intenzione di chiedere finanziamenti alle banche, sta a significare che la crescita sarà ancora molto lenta: i motivi di questa necessità di ricorrere al credito per l’attività ordinaria sono infatti collegati alle prospettive economiche generali, in particolare al costo del lavoro e ai margini di guadagno sempre più esigui che non permettono assolutamente di investire nella crescita. Nonostante le spinte verso l’internazionalizzazione, la creazione di reti, l’ammodernamento, ecc. da parte dell’UE, il fatto che le PMI fatichino tanto solo per sopravvivere lascia prevedere che in pochi approfitteranno delle occasioni messe a disposizione dall’Europa tramite le Regioni.

Le modalità di finanziamento più utilizzate sono quelle del prestito e del mutuo.
A chiedere un aiuto finanziario sono soprattutto le industrie in senso stretto e le imprese di costruzione. Richiedono meno prestiti o mutui invece le imprese dei servizi. Purtroppo le banche negano l’accesso al credito soprattutto alle imprese giovani, il che va in controtendenza rispetto alle politiche italiane ed europee che esortano in particolare le donne all’autoimpiego tramite l’imprenditorialità. Far nascere nuove imprese insomma viene considerato un modo per risollevare il Paese e contrastare i livelli di disoccupazione, soprattutto in un’ottica di genere.
Quando chiedono di accedere al credito il 26,8% delle imprese trovano una risposta negativa (nel 2007 solo l’1,8% delle imprese richiedenti aveva una risposta totalmente negativa). Ad ottenere risposta negativa sono in questo caso soprattutto le imprese che si occupano di informazione e comunicazione.
Solitamente il tasso di interesse applicato da una banca non è il fattore determinante per la scelta dell’istituto di credito cui rivolgersi: a determinare la scelta è infatti semplicemente il fatto di avere già un conto aperto in quella banca.

Il 53,3% delle imprese ha dichiarato che si troverà costretta a chiedere un finanziamento nel triennio 2012-2014. Sono soprattutto le imprese giovani ad alta crescita e quelle del settore delle costruzioni con un numero di addetti tra i 100 e i 249 a dichiararlo. Solo il 30% delle aziende che svolgono attività professionali scientifiche e tecniche invece richiederà finanziamenti in questo triennio.
Il finanziamento sarà necessario nel 75% dei casi per lo svolgimento dell’attività ordinaria, per la crescita sul mercato interno (nel 37,7% dei casi) allo scopo di aumentare i guadagni con le attività che già si svolgono ordinariamente aprendosi al commercio con altre città, e solo nel 20% dei casi per la ricerca e l’innovazione. Sono pochissime infine, le imprese che dichiarano di dover ricorrere a finanziamenti per le esportazioni, le fusioni e la crescita internazionale: appena il 5%.

Ad essere interessate dalla ricerca e dall’innovazione sono soprattutto le imprese con 100-249 addetti, le stesse interessate un po’ di più dalle attività internazionali e dalle esportazioni. Tali imprese sono solitamente industrie.
Anche una percentuale di imprese del comparto dei servizi, soprattutto se di informazione e comunicazione o professionali scientifici e tecnici, hanno dichiarato di essere interessate a finanziamenti per l’innovazinoe e la ricerca: una media inferiore al 30%.

Tra i fattori di ostacolo alla crescita, le imprese dichiarano anche per i prossimi tre anni il clima economico generale, il costo del lavoro e i margini di profitto troppo ridotti; un terzo delle imprese aggiunge però la carenza di incentivi fiscali e la ridotta domanda nazionale.

 

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