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Inflazione, produzione e prezzi al consumo

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Inflazione, produzione e prezzi al consumo

L’Istat ha pubblicato le rilevazioni di dicembre 2013 riguardanti l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) e il collegato tasso d’inflazione. I dati hanno suscitato reazioni da più parti. Riportiamo alcuni punti di vista

I prezzi, a dicembre 2013, sono aumentati di poco: appena dello 0,2% rispetto al mese di novembre 2013 e dello 0,7% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. L’inflazione è pertanto stabile e l’Istat ritiene che sia per via della riduzione di quelli di alcuni beni ma il sindacato Cisl, ad esempio, e l’Adiconsum non la pensano così, e recriminano apertamente.

 

Per l’Istat a determinare la stabilità dell’inflazione sono, principalmente, “l’accelerazione della crescita tendenziale dei prezzi degli Alimentari non lavorati, l’ulteriore riduzione della flessione di quelli dei Beni energetici, il rallentamento della dinamica su base annua dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti”. 

Il contributo inflazionistico dei primi due fattori (al netto dei quali l’“inflazione di fondo” scende allo 0,9%, dall’1,2% di novembre) viene quindi compensato dal terzo. Anche al netto dei soli beni energetici, l’inflazione rallenta (+1,0%, da +1,1% di novembre).

grafico-istatIl tasso di inflazione medio annuo per il 2013 è pari all’1,2%, in netta decelerazione rispetto al 3,0% del 2012.

L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta dello 0,3% su base mensile e resta stabile allo 0,7% su base annua (la stima preliminare era +0,6%). Il tasso di crescita medio annuo per il 2013 è pari all’1,3%, con un rallentamento di due punti percentuali dal 3,3% del 2012.

L’indice IPCA a tassazione costante (IPCA-TC) aumenta dello 0,3% in termini tanto congiunturali quanto tendenziali e cresce dell’1,1% nella media dell’anno.

L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, aumenta dello 0,3% su base mensile, dello 0,6% su base annua e dell’1,1% nella media del 2013.

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Per quanto concerne il rialzo mensile dell’indice generale, l’Istat afferma che è in gran parte dovuto all’aumento dei prezzi dei Vegetali freschi (+13,2%), su cui incidono fattori stagionali, dei Beni energetici non regolamentati (+1,6%) e dei Servizi relativi ai trasporti (+0,9%), anch’essi influenzati da fattori di natura stagionale.

Il tasso tendenziale di crescita dei prezzi dei beni sale allo 0,4%, dallo 0,2% di novembre, e quello dei prezzi dei servizi scende all’1,0% (era +1,2% nel mese precedente). Pertanto, il differenziale inflazionistico tra servizi e beni si riduce di quattro decimi di punto percentuale rispetto a novembre. I prezzi dei prodotti ad alta frequenza di acquisto aumentano dello 0,5% su base mensile e crescono dell’1,2% su base annua (in rialzo dal +0,8% di novembre).

 

Le reazioni 

Secondo la Cisl, i dati Istat in realtà confermano il perdurare della situazione di debolezza della nostra economia, con la caduta dei consumi e l’allarme redditi. Dice il Segretario confederale, Maurizio Petriccioli: “il crollo del tasso di inflazione medio per il 2013, rispetto al valore del 2012, conferma il perdurare di una situazione di debolezza della nostra economia e della difficoltà in cui versano numerose famiglie che si riversa sulla loro spesa per consumi. L’analisi dei dati elaborata dall’istituto di statistica ci conferma che l’effetto sull’inflazione è dovuto principalmente alla caduta dei consumi e non all’aumento dell’aliquota Iva ordinaria. In questo senso è fondamentale attivare, nel 2014, tutti gli strumenti disponibili per migliorare il reddito disponibile delle famiglie, sia invertendo la tendenza occupazionale, sia rendendo operativo il fondo ‘taglia tasse’, attivato con la legge di stabilità che potrà consentire di ridurre la pressione fiscale, a cominciare dai lavoratori dipendenti, utilizzando le risorse rinvenienti dalla lotta all’evasione fiscale ed i maggiori risparmi ottenuti dalla revisione della spesa pubblica”. 

Secondo Petriccio, “diventa ora fondamentale impedire che scattino le clausole di salvaguardia introdotte con la legge di stabilità che comporterebbero il taglio delle detrazioni sui mutui e sulle spese medico–sanitarie ed evitare i tagli lineari sui sistemi di agevolazione e beneficio fiscale”.

Sull’inflazione la pensa allo stesso  modo anche l’Adiconsum, una delle maggiori associazioni di consumatori italiane: il calo dell’inflazione dipende dall’abbassamento dei consumi delle famiglie. E l’Adiconsum chiede di attuare degli interventi “shock”: dal taglio del cuneo fiscale a quello, drastico, delle spese “parassitarie” statali. E che le risorse, insieme a quelle derivanti dalla lotta all’evasione fiscale, vengano destinate alla creazione di posti di lavoro.

Il presidente nazionale di Adiconsum, Pietro Giordano, dichiara: “l’ Istat non fa altro che confermare il dramma del calo dei consumi. Paradossalmente, una volta, l’abbassamento dell’inflazione veniva considerato un fatto positivo; oggi invece è frutto soltanto di un abbassamento dei consumi e quindi anche di un’economia, che rischia di andare in deflazione con tutte le conseguenze catastrofiche che ciò comporterebbe. I dati Istat dicono che due italiani su tre tagliano i loro consumi. Ciò significa che anche il reddito delle famiglie italiane è in calo e purtroppo ciò è confermato dagli altri dati della stessa Istat come quelli sui disoccupati cresciuti nel 2013 di 350.000 unità e quelli sui tassi di disoccupazione che al Sud hanno raggiunto livelli inimmaginabili”.

Il presidente di Adiconsum ribadisce che “il Paese ha bisogno di interventi shock, che rimettano in circolo risorse economiche a favore di imprenditori e di lavoratori attraverso il taglio del cuneo fiscale e che pongano le basi per la creazione di posti di lavoro che non è possibile realizzare tramite normative quali la legge Fornero. Anche i segnali di ripresa, seppur timidi, certamente non porteranno benefici immediati alle famiglie italiane. Bisogna continuare, se non addirittura iniziare, nell’opera del taglio drastico delle spese parassitarie dello Stato ed indirizzare tali tagli, unitamente alle risorse derivanti dalla lotta all’evasione fiscale, verso il mondo del lavoro unica ricchezza reale di questo Paese”.

Dal canto suo, la CISL afferma che è “ancora prematuro parlare di ripresa” anche a seguito dei dati diffusi sempre dall’Istat, relativi alla produzione industriale. Il miglioramento, infatti, non è equamente distribuito. Lo spiega il Segretario confederale della Cisl Luigi Sbarra commentando i dati relativi all’ultimo trimestre che registrano un aumento dello 0,4% rispetto al trimestre precedente: “il nuovo dato di tendenza sulla produzione industriale  mostra che, pur con la fase di recessione più pesante alle spalle, è ancora  prematuro parlare di ripresa. Se negli ultimi tre mesi ci sono stati piccoli segnali positivi, nella media dei primi undici mesi del 2013 la produzione è scesa del 3,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e fra il 2012 e il 2013 sono scomparsi circa 8 punti di produzione rispetto al 2010”.  

Sbarra aggiunge che “il lieve miglioramento è poi distribuito in maniera ineguale fra i vari settori e anche a novembre i comparti connessi ai beni di consumo, come l’alimentare e il tessile, erano ancora in recessione aperta (-1,1%). Oggi l’industria è stretta fra processi di ristrutturazione, a cavallo fra il ridimensionamento dei volumi produttivi e il miglioramento dei prodotti, fra la caduta della domanda interna e la ricerca di nuovi mercati esteri. L’elenco delle aziende in difficoltà manifesta, fra cui molte imprese storiche e settori strategici come la siderurgia,continua ad allungarsi”. 

“Il punto” conclude il Segretario “è che, nonostante l’importanza dell’industria per il futuro del sistema Italia, una politica industriale efficace non è stata fatta negli anni della crisi e ancora stenta ad avere un profilo operativo. La ristrutturazione del sistema produttivo va invece indirizzata e accompagnata, non solo attraverso gli ammortizzatori sociali,  ma anche con interventi capaci di  individuare e valorizzare imprese e settori ancora vitali, riducendo i ‘colli di bottiglia’ che ne limitano l’azione, a partire da quelli creditizi e finanziari. Va accompagnata da politiche mirate, fra le quali la spesa per infrastrutture, il sostegno alla ristrutturazione, alla ricerca, all’innovazione, alle esportazioni,  appaiono assolutamente prioritari”.

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