Salute e benessere

Benessere equo e sostenibile nelle città

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Pubblicato il II Rapporto UrBes, sviluppato dalla originaria iniziativa di ISTAT e CNEL Bes. Focus su vari elementi, tra i quali la conciliazione dei tempi del lavoro con i tempi di vita

Il rapporto offre una panoramico dello stato e delle tendenze del benessere nelle realtà urbane studiando alcuni macro-indicatori: Salute, Istruzione e formazione, Lavoro e conciliazione tempi di vita, Benessere economico, Relazioni sociali, Politica e istituzioni, Sicurezza, Benessere soggettivo, Paesaggio e patrimonio culturale, Ambiente, Ricerca e innovazione, Qualità dei servizi.

Esso serve a misurare il progresso del Paese e va affiancato a quello macroeconomico tradizionalmente utilizzato per la misura della crescita.
La rete dei Comuni partecipanti al progetto, che nella scorsa edizione era di 15, quest’anno è salita a 29 Comuni. In particolare, essa comprende:

  • le 10 Città Metropolitane: Torino, Genova, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari e Reggio di Calabria;
  • le 4 Città Metropolitane già previste ma non ancora costituite: Palermo, Messina, Catania e Cagliari;
  • altri 15 Comuni: Brescia, Bolzano, Verona, Trieste, Parma, Reggio Emilia, Cesena, Forlì, Livorno, Prato, Perugia, Terni, Pesaro, Potenza, Catanzaro.

L’analisi dello stato di benessere nelle città italiane ha evidenziato diseguaglianze molto forti tra le diverse realtà. La dicotomia tra Centro-Nord e Mezzogiorno che caratterizza il Paese si ritrova anche a livello urbano. Tuttavia, accanto a maggiori criticità e ai ritardi fra le città meridionali emergono anche casi che evidenziano, in alcuni ambiti, dinamiche positive e potenzialità su cui investire.
Le criticità si osservano, come era da attendersi, rispetto al reddito, alle condizioni materiali di vita e all’occupazione ma toccano anche altri temi significativi: dalla speranza di vita ai livelli di scolarizzazione, dalla conservazione del patrimonio edilizio alla ricerca e innovazione, dalla diffusione del non profit alla dotazione e fruizione di servizi come quelli culturali o per la prima infanzia.

Non mancano però tematiche per le quali sono alcune città del Sud a evidenziare performance mediamente migliori di quelle del Centro-Nord, come i reati contro il patrimonio e le problematiche della mobilità urbana, anche se, per queste ultime, è riscontrabile un impegno proporzionalmente maggiore in termini di trasporto pubblico locale e di servizi innovativi di infomobilità.
Inoltre, limitatamente alle città metropolitane del settentrione, ulteriori elementi problematici sono connessi all’invecchiamento della popolazione (tasso di mortalità per demenze senili) e alla qualità dell’aria.

Per il complesso delle realtà metropolitane, una situazione di svantaggio relativo rispetto al resto del territorio è prevalente in merito alla mortalità per tumore; disponibilità di verde urbano; modalità di gestione dei rifiuti; presenza di aree pedonali. Inoltre, nei comuni capoluogo si accentua la frequenza di diverse tipologie di reati e quella di incidenti stradali con lesioni alle persone.

D’altro canto, emerge anche il ruolo della città come luogo dell’innovazione. I centri metropolitani mettono in luce, soprattutto rispetto ai contesti provinciali di riferimento, livelli di scolarizzazione e di reddito più elevati; una maggiore propensione alla specializzazione produttiva e alla connettività; biblioteche e musei più frequentati; una migliore conciliazione tra lavoro e impegni familiari di cui si fanno carico soprattutto le donne.

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Riportiamo di seguito una sintesi del rapporto, argomento per argomento, così come è stato divulgato dall’Istat:

Salute

Le condizioni di salute in Italia sono in continuo miglioramento. La speranza di vita alla nascita, che vede l’Italia ai primi posti anche tra i paesi europei, continua ad aumentare, raggiungendo nel 2013 84,6 anni per le femmine e 79,8 anni per i maschi. Il Mezzogiorno presenta una situazione complessivamente meno favorevole, con alcune significative eccezioni (Bari, Cagliari): la vita media è più breve, 79,2 anni per gli uomini e 83,9 per le donne, contro valori di circa 1 anno più alti al Nord.
Valori della speranza di vita più alti si riscontrano a Firenze, Bologna, Bari e Milano (con livelli superiori a 80 anni per i maschi e a 85 per le femmine); più bassi a Napoli, Palermo e Catania (maschi sotto 79 anni e femmine sotto 84 anni) . Le province di Milano e Roma presentano gli aumenti di speranza di vita più forti rispetto al 2004 sia per i maschi sia per le femmine.
Quanto agli altri indicatori, i tassi di mortalità infantile più contenuti riguardano nel 2011 Venezia, Milano e Torino, con valori che non superano i 25 decessi per 10.000 nati vivi, mentre i livelli più critici si registrano a Genova, Messina, Reggio Calabria e Cagliari (tassi superiori ai 45 decessi per 10.000 nati vivi). La mortalità dei giovani per incidenti da mezzi di trasporto è più contenuta a Firenze, Napoli, Milano, Genova e Messina, con tassi nel 2011 compresi tra 0,4 e 0,6 decessi per 10.000 residenti di 15-34 anni. I tassi di mortalità per tumori maligni tra 20 e 64 anni segnalano una situazione complessivamente meno favorevole per le città metropolitane, poiché presentano valori inferiori alla media nazionale soltanto in quattro di queste, di cui tre meridionali: Bari, Firenze, Reggio Calabria e Catania.

Istruzione e formazione

A livello nazionale, il 57% della popolazione ha completato almeno la scuola secondaria di II grado nel 2011 e il 23,2% dei 30-34enni ha conseguito un titolo universitario. Tranne che nella partecipazione alla scuola dell’infanzia, per tutti gli indicatori si registra un netto svantaggio del Mezzogiorno rispetto al Nord e al Centro. La quota di diplomati è del 51,4% nel Mezzogiorno rispetto al 63,1% del Centro e al 60% del Nord. Analogamente la quota di persone di 30-34 anni che hanno conseguito un titolo universitario è del 26,4% al Centro, del 23,9% nel Nord e solo del 20,5% nel Mezzogiorno. Il divario più forte si riscontra però per la quota di giovani che non studiano e non lavorano (Neet) che si attesta, nel 2011, al 31,4% nel Mezzogiorno rispetto al 15,2% del Nord e al 19,2% del Centro.
Nel dettaglio delle città, la quota di diplomati è superiore al 66% a Genova, Milano, Bologna e Roma mentre è inferiore al 50% a Napoli e Palermo. Se si considerano i laureati di 30-34 anni tutte le città metropolitane del Nord e del Centro presentano valori più elevati di quelle del Mezzogiorno, con una differenza superiore ai 14 punti tra Palermo (17,6%) e Milano (32%); tuttavia, tra le altre città meridionali aderenti al progetto vi sono casi anche molto positivi: Potenza e Catanzaro hanno valori più elevati di molte città del Nord e del Centro.

Lavoro e conciliazione dei tempi di vita

Gli anni di crisi economica hanno acuito le caratteristiche già critiche del mercato del lavoro italiano e aumentato le disuguaglianze territoriali. Nelle città metropolitane, tra il 2012 e il 2013 il numero di occupati rimane stabile al Centro-Nord, a parte le eccezioni di Venezia e Roma, mentre continua a diminuire nel Meridione con i valori più bassi a Napoli (40,2%), Palermo (41%) e Reggio Calabria (41,6%).
Con il protrarsi della crisi, il numero di disoccupati e quello delle forze di lavoro potenziali (quella parte di inattivi costituita da coloro che si dichiarano disponibili a lavorare pur non avendo effettuato azioni di ricerca nell’ultimo mese), è cresciuto uniformemente sul territorio: il tasso di mancata partecipazione calcolato per i 15-74enni, che nel 2008 era del 7,3% al Nord, dell’11,8% al Centro e del 29,5% al Sud, nel 2013 sale rispettivamente a 13,2%, 17,6% e 36,6%. Nelle città metropolitane il tasso di mancata partecipazione al lavoro è al 21,6% nel 2013, in aumento di 6 punti rispetto al 2008. Molto diverso il valore nelle ripartizioni: al Nord la mancata partecipazione si attesta tra il 12,5% di Venezia e il 16,6% di Torino; al Centro tra il 10,9% di Firenze e il 18,8% di Roma; nel Mezzogiorno i valori partono dal 29,9% di Cagliari e giungono fino a circa il 42% per Napoli, Reggio Calabria e Palermo.

Benessere economico

L’intensità e la persistenza della crisi economica hanno ridotto il valore della ricchezza netta dei cittadini e, nel contempo, hanno ampliato la disuguaglianza economica. Nel 2012, il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è pari a 17.307 euro pro capite, inferiore di circa 420 euro a quello stimato per il 2011. Un andamento simile si ha per le tre ripartizioni geografiche.
Milano presenta nel 2012 un reddito medio pro capite delle famiglie di oltre 26 mila euro e Bologna di oltre 23 mila; Catania, Napoli, Messina e Reggio Calabria non raggiungono 13 mila euro. Tra le altre città UrBes soltanto Bolzano, Trieste, Parma e Forlì-Cesena superano i 21 mila euro di reddito provinciale pro capite mentre Potenza e Catanzaro oltrepassano di poco i 13 mila.

Relazioni sociali

La crescente importanza del settore non profit nel tessuto sociale del Paese viene evidenziata dall’andamento positivo degli indicatori che riguardano le istituzioni e il volontariato, le cooperative sociali e i lavoratori retribuiti in esse operanti.
A livello nazionale, si contano 50,7 istituzioni non profit ogni 10.000 abitanti nel 2011, un valore superiore di oltre 9 punti rispetto al 2001. Sia la quota di istituzioni non profit che quella di volontari è maggiore nelle zone del Centro-Nord: si va, infatti, da 57,8 istituzioni nel Nord e 55,8 nel Centro a 38,5 nel Mezzogiorno, mentre l’indicatore sui volontari si attesta a 999,6 nel Nord a fronte di 478,4 nel Mezzogiorno. Le città metropolitane del Centro-Nord si collocano sopra la media nazionale, tranne Milano e Roma per entrambi gli indicatori e Torino per il volontariato; quelle del Mezzogiorno si posizionano al di sotto con l’eccezione di Cagliari. Si distingue per una situazione di particolare vivacità Firenze, con 66,8 istituzioni non profit e 1.287,2 volontari ogni 10.000 abitanti.

Politica e istituzioni

La partecipazione civica e politica favorisce la cooperazione e la coesione sociale e può stimolare maggiore attenzione all’efficienza e all’efficacia delle politiche pubbliche. Tra gli indicatori selezionati è positivo l’aumento della presenza di donne nelle istituzioni comunali, che passa dal 16,9% del 2004 al 22% del 2013: una crescita consistente anche se la presenza femminile resta ancora bassa. Il Mezzogiorno (18,1%) è svantaggiato rispetto al Nord (24%) ma l’incremento della presenza femminile rispetto al 2004 è leggermente più accentuato al Sud con una conseguente riduzione del gap. Sono cinque le città metropolitane che hanno una quota di donne consiglieri comunali superiore alla media nazionale: Bologna, Firenze, Palermo, Messina e Cagliari. Roma, Napoli, Bari e Reggio Calabria si posizionano invece su valori decisamente inferiori alla media.

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Se si considera il secondo indicatore di equità di genere (la quota di donne assessori comunali), la situazione è migliore in quasi tutte le città metropolitane, con livelli superiori alla media tranne nei casi di Venezia, Bari e Reggio Calabria.
Tra le tendenze di segno negativo, la partecipazione elettorale mostra una tendenza diffusa alla diminuzione, pur con qualche eccezione. Le città metropolitane mostrano livelli simili alla media nazionale. In particolare, la partecipazione elettorale è superiore al 70% solo a Reggio Calabria, Bologna e Cagliari e mostra una generale tendenza alla diminuzione con le eccezioni di Cagliari e Torino. A Roma, in particolare, la partecipazione ha subito un crollo passando dal 73,7% del 2008 al 52,8% del 2013.
Aumenta la durata media dei processi civili di cognizione ordinaria di primo grado, che passa da 628 giorni nel 2004 a 752 nel 2013. In questo caso è il Centro a essere particolarmente svantaggiato, con una durata media di 879 giorni a fronte di 761 nel Mezzogiorno e 636 nel Nord.

Sicurezza

La dimensione della sicurezza dei cittadini viene misurata da indicatori di carattere oggettivo, riferiti ai delitti denunciati dalle forze di polizia all’autorità giudiziaria. Essi presentano dinamiche differenziate nel periodo 2009-2012, con la diminuzione dei reati più violenti come gli omicidi e l’incremento di quelli sulla proprietà. Il contesto di difficoltà economica del Paese degli ultimi anni viene comunemente considerato come un importante fattore alla base dell’incremento della criminalità predatoria.
Se gli omicidi e le rapine denunciate si caratterizzano per un’incidenza superiore alla media nazionale nelle regioni del Mezzogiorno, nel caso dei furti in abitazioni e di quelli con destrezza sono il Nord e il Centro a presentare i livelli più elevati.
Nell’ambito delle città metropolitane, il tasso degli omicidi nel 2012 risulta maggiore della media nazionale in quattro province: Reggio Calabria (4,5 per 100.000 abitanti), Napoli (2,0), Bari (1,5) e Catania (1,1). In quest’ultimo territorio il fenomeno è in diminuzione per il terzo anno consecutivo mentre negli altri casi oscilla intorno a livelli comunque elevati. Per i furti in abitazioni, invece, sono cinque città del Centro-Nord a collocarsi sopra la media nazionale, nell’ordine: Torino, Milano, Bologna, Firenze e Venezia, con un trend più accentuato a Bologna e Firenze. I furti con destrezza sono quelli in cui la connotazione “metropolitana” si presenta più spiccata. Infatti, da un lato tutte le sette città del Centro-Nord presentano livelli superiori non solo alla media nazionale ma anche alle rispettive medie ripartizionali; dall’altro, anche nelle città meridionali i valori più elevati e superiori alla media del Mezzogiorno attengono nell’ordine alle quattro città più grandi (Napoli, Palermo, Bari e Catania).

Paesaggio e patrimonio culturale

Il patrimonio culturale, di cui il paesaggio può essere considerato parte integrante, è il prodotto di un processo di accumulazione. Per questo motivo, fra le dimensioni del benessere, questa è una delle meno sensibili ai cambiamenti di breve periodo, soprattutto nella sua componente strutturale (indicatori di dotazione di beni culturali, verde storico e tessuto urbano).
Tra i diversi indicatori considerati, lo stato di conservazione degli edifici storici è generalmente migliore della media nazionale in tutte le province del Nord e a Firenze (dove si attesta al 76%) mentre tutte le città del Mezzogiorno registrano valori molto inferiori al resto del Paese, con Napoli e Reggio di Calabria che si attestano al 38,2%.

Ambiente

Benessere significa anche godere di un ambiente preservato e non deteriorato, gradevole, ricco di verde, con la possibilità di trascorrere del tempo in mezzo alla natura, di respirare aria non inquinata, di passeggiare nei parchi delle proprie città, elementi da cui dipende direttamente la qualità della vita.
La qualità dell’aria nelle città è in miglioramento, anche se il grado di inquinamento resta elevato. La situazione di criticità persiste soprattutto nei comuni capoluogo del Nord, da un lato per la presenza di maggiori fonti di inquinamento (più elevata densità abitativa e industriale), dall’altro per la posizione geoclimatica (in particolare in Pianura padana) che non favorisce l’attutirsi di questi fenomeni. Nel 2012 le città metropolitane con il più alto numero di superamenti del valore limite giornaliero di PM10 (50 mg/m3) si trovano nel Nord e sono Torino (126), Milano (81) e Venezia (74). Tra i comuni capoluogo del Mezzogiorno si distingue Napoli con un numero di superamenti pari a 120. Firenze, Roma e Bari sono i comuni capoluogo con il trend migliore tra il 2004 e il 2013.
Lo svantaggio del Mezzogiorno emerge invece rispetto alla circolazione di autovetture con emissioni inferiori alla classe Euro 4. Nel Mezzogiorno circolano 370,1 vetture di questo tipo ogni 1.000 abitanti, un valore molto più alto della media nazionale (311,8), mentre nel Centro il valore si attesta a 308,3 e nel Nord a 237. Il numero più alto di autovetture con emissioni inferiori alla classe Euro 4 si riscontra a Catania, dove la quota raggiunge il valore di 457,7 ogni 1.000 abitanti. Il trend dal 2009 al 2013 mostra una diminuzione significativa del parco veicolare inquinante ma questa diminuzione è più forte al Nord e al Centro che al Mezzogiorno, con un conseguente aumento del divario.

Ricerca e innovazione

La specializzazione produttiva del nostro Paese, misurata in UrBes come percentuale di occupati nei settori ad alta tecnologia della manifattura e dei servizi, risulta stabile nel tempo, mentre calano le domande di brevetto presentate all’Ufficio Europeo dei Brevetti.
La situazione degli indicatori di ricerca e innovazione nelle città metropolitane è sempre migliore rispetto alla media nazionale e per gli indicatori di specializzazione produttiva e connessione a banda larga è anche migliore rispetto alle tre ripartizioni.
Il vantaggio che gli indicatori di ricerca e innovazione rilevano nei contesti urbani viene ulteriormente confermato dal confronto tra i valori degli indicatori sulla specializzazione produttiva e sulla connessione a banda larga calcolati per i comuni capoluogo e per l’intero territorio provinciale. Con l’unica eccezione di Milano per la connessione a banda larga, nel 2011 entrambi gli indicatori raggiungono livelli più elevati in tutti i capoluoghi considerati in confronto alle rispettive province. Il differenziale è particolarmente alto per Torino, Cagliari e Catania, con riferimento agli occupati nei settori dell’high-tech, e per Reggio Calabria, Messina e Palermo per la percentuale di famiglie allacciate alla banda larga

Qualità dei servizi

Il dominio della qualità dei servizi include tematiche particolarmente avvertite nella vita delle città. Così, accanto a indicatori di accesso ai servizi individuali o di gestione di servizi collettivi, trovano rilievo anche aspetti legati all’organizzazione urbana e alla vivibilità degli spazi pubblici. Tutti questi elementi compongono un quadro variegato, con miglioramenti in alcuni ambiti ma anche con alcune situazioni meno positive.
L’accesso ai servizi comunali della prima infanzia risulta complessivamente in diminuzione negli ultimi anni. Esso interessa nel 2012 il 13,5% dei bambini in età 0-2 anni, rispetto al 14,0% di due anni prima. Tale battuta di arresto ha penalizzato ulteriormente il Mezzogiorno, in cui nel 2012 solo il 5% dei bambini ha potuto accedere a questi servizi (5,3% nel 2010); peraltro anche il Nord ha visto una significativa contrazione di tale percentuale, dal 18,9 al 17,5% in due anni, mentre l’Italia centrale ha mantenuto un trend di crescita, dal 17,9 al 18,8%.
Queste tendenze si sono manifestate in modo differenziato anche a livello locale, in un contesto comunque condizionato dalle ridotte capacità di spesa dei Comuni, dalla crisi economica e dai minori trasferimenti statali. Nell’ambito delle città metropolitane, si conferma il consistente divario tra Centro-Nord e Mezzogiorno, che vede da un lato quattro realtà urbane in cui oltre il 20% di bambini in età 0-2 anni accede ai servizi per l’infanzia (Bologna, Firenze, Milano e Roma); dall’altro, tutte quelle del Mezzogiorno, tranne Cagliari, attestate su livelli inferiori al 10%. Anche tra le altre città aderenti a UrBes, la maggiore copertura su base provinciale dei servizi per la prima infanzia riguarda diverse realtà dell’Italia settentrionale (Parma, Reggio Emilia e Trieste) e centrale (Prato e Livorno).
In tema di mobilità, i tempi medi giornalieri di percorrenza dei tragitti da casa al luogo di lavoro o di studio sono sicuramente indicativi di quanto la qualità della vita sia gravata dall’impegno di tempo e di energie personali da dedicare alle esigenze di mobilità nei diversi contesti territoriali.
Rispetto al dato medio nazionale, pari a 23,4 minuti nel 2011, una situazione sfavorevole riguarda le città metropolitane del Nord e del Centro insieme a Napoli, con un picco nel caso della capitale, dove il tempo medio giornaliero di mobilità per studio o lavoro ammonta a 34 minuti su base provinciale e a 33,5 per i residenti nel capoluogo. La correlazione con la diversa scala della dimensione urbana trova conferma nelle altre città UrBes, le quali presentano tutte tempi medi di mobilità inferiori alla media nazionale.
A livello nazionale, dal 2008 al 2012 la disponibilità di aree pedonali nel complesso dei comuni capoluoghi di provincia è aumentata da 31,1 a 33,4 mq per 100 abitanti; quella di piste ciclabili da 13,6 a 18,9 km per 100 kmq di superficie comunale. Tra le città metropolitane, la massima disponibilità di aree pedonali riguarda Venezia, in considerazione delle sue caratteristiche peculiari (490,2 mq per 100 abitanti), ma valori superiori alla media dei capoluoghi spettano anche a Firenze, Cagliari, Torino e Napoli. La densità delle piste ciclabili, che dipende in parte anche dalla conformazione del territorio, è fortemente connotata a vantaggio delle città del Nord e del Centro (con l’eccezione di Genova), ma progressi significativi hanno interessato negli ultimi anni anche Napoli e Cagliari. Tra le altre città aderenti a UrBes, spiccano per la disponibilità di aree pedonali Parma e Pesaro, per quella di piste ciclabili Brescia, Bolzano e Reggio Emilia.

(D.M.)

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