Fisco e norme

La legalità come fattore successo

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Questa deve essere l’equazione sulla quale basare il successo della propria azienda: è la provocazione del Focus PMI 2015

di Cristina Mazzani, giornalista

Il problema dell’illegalità ha un’origine culturale, così come lo scetticismo rispetto alle istituzioni deriva dal fatto che, in generale, l’essere al di fuori o al di sopra delle regole spesso viene considerato un fattore di successo. Bisognerebbe davvero investire in senso civico, per interiorizzare sin da piccoli l’etica nei comportamenti quotidiani.

Questi alcuni spunti portati da Claudio De Albertis, presidente Assimpredil Ance, durante la tavola rotonda che si è svolta durante la quinta edizione del Focus PMI 2015, organizzato dallo Studio LS Lexjius Sinacta in collaborazione con l’Istituto Guglielmo Tagliacarne, che quest’anno si è dedicato al tema “PMI: il valore economico della legalità. La crescita nel rispetto delle regole” e si è svolto in questi giorni a Milano.

“La sensazione troppo diffusa” ha aggiunto Alfio Marchini, imprenditore e consigliere dell’Assemblea Capitolina “è che la legalità non convenga, forse sarebbe davvero utile per esempio incentivare fiscalmente i comportamenti più proficui per l’impresa stessa e per la collettività”.

Matteo Piantedosi, prefetto vice capo della Polizia, ha così replicato: “Sicuramente siamo uno dei Paesi che più di altri si contraddistinguono per fenomeni di illegalità. D’altra parte, ciò indica che tali fenomeni sono identificati e puniti; basti pensare che negli ultimi tre anni, per esempio, abbiamo definitivamente sequestrato beni contraffatti per circa 8 miliardi di euro. È vero che abbiamo una lunga tradizione e fama criminale, abbiamo esportato la mafia in tutto il mondo, ma di pari passo anche il nostro operato si è via via affinato, possiamo dire allenato, più di altri sistemi internazionali”.

“Paure e pregiudizi” ha aggiunto Livia Pomodoro, presidente emerito del Tribunale di Milano “opprimono la nostra società. Questo, accanto alla disinformazione, rappresenta il terreno più fertile per il dilagare del sistema ‘scorciatoia’ tipico italiano. Siccome non ci si fida delle istituzioni, incluso il tribunale, non vi è collaborazione tra pubblico e privato e così via, si preferisce trovare alternative che vanno verso l’illegalità. Abbiamo un buon sistema di repressione, quel che occorre è una maggiore responsabilità collettiva”.

“La legalità” ha puntualizzato Antonio Calabrò, consigliere incaricato Assolombarda legalità e responsabilità sociale d’impresa “non è solo un’esigenza morale, come testimonia la ricerca dell’Istituto Tagliacarne, è un asset per la competitività. L’illegalità favorisce il prosperare di una concorrenza impropria che va a ledere i numeri di fatturato”.

Analizzando le risposte delle imprese raccolte per lo studio, è stato rilevato che in mancanza di attività illegali, circa sue imprese su tre avrebbero un giro d’affari superiore a quello attuale.
“Dal punto di vista della banca” ha dichiarato Domenico De Angelis, condirettore generale Banco Popolare “è molto evidente che esiste grande complessità sul mercato. Oggi c’è una forte responsabilità da parte delle banche che sempre più hanno il compito di rilevare movimenti anomali, è lo stesso impiegato alla cassa ad avere il compito di effettuare segnalazioni in modo che i clienti siano monitorate. D’altra parte, ogni giorno ci rendiamo conto che le nostre aziende subiscono una grande concorrenza sleale”.

“La legalità conviene” ha affermato Raffaele Jerusalmi, amministratore delegato di Borsa Italiana “e da questo presupposto ha avuto origine l’iniziativa Elite. Questa è una vetrina, un programma, al quale le PMI (che hanno certi requisiti in termini di crescita, fatturato ed export) possono aderire per incontrarsi, compiere un percorso di maturazione insieme, per poi arrivare ad affacciarsi, entro tre anni, al mercato finanziario per finanziare nuovi progetti e così via. Oggi sono 275 le aziende Elite, di cui 200 italiane, il che significa che tante, molte, aziende vogliono impegnarsi per prosperare e crescere in modo virtuoso”.

“Credo che anche le associazioni di categoria” ha detto Alessandro Maggioni, presidente nazionale Federabitazione-Confcooperative “possano avere un ruolo di spicco in questo ambito per promuovere la legalità: favorendo la formazione continua, effettuando controlli, andando cioè oltre il solo paradigma della rappresentanza”.

“Secondo noi” ha concluso Roberto Sommella, direttore relazioni esterne e rapporti istituzionali, Autorità Antitrust “vi è una domanda di legalità tra le imprese. L’Antitrust da circa un anno assegna la patente di legalità alle aziende italiane (che fatturano oltre 2 milioni di euro) che possono vantare un storia rispettabile. Tale rating facilita il reperimento di finanziamenti pubblici e l’accesso al credito bancario. Nel primo quadrimestre di quest’anno abbiamo ricevuto oltre 400 domande, dalla Sicilia, soprattutto, e poi da Lombardia e Lazio”.

La ricerca nel dettaglio

Le nuove forme di criminalità hanno risalito la Penisola, intaccando anche le aree del made in Italy, dove le imprese una volta fiorenti oggi sono in crisi.
Questo è uno dei principali risultati che si leggono nella ricerca compiuta dall’Istituto Tagliacarne, in essa si è rilevato come l’imprenditorialità criminale, anche di origine straniera, sia arrivata specialmente in Liguria, interessando i territori a ridosso delle Alpi. D’altra parte, si è spinta sino al Veneto e al Friuli Venezia Giulia.
Approfondendo la questione relativa alla percezione degli imprenditori sulla legalità, secondo un’indagine condotta su 1.150 imprese, si nota che i valori principalmente accostati al concetto di legalità siano due: il rispetto delle leggi e dell’ordine pubblico (31,8% dei casi) e la trasparenza amministrativa (29,5%) e così si rimanda, da un lato, ai valori che possono interessare la vita di tutti gli individui, dall’altro, a un problema di rapporti e di fiducia nei confronti del sistema politico-amministrativo.
La quasi totalità delle imprese (88,7%) ritiene poi che il sistema economico sia caratterizzato dalla presenza di uno o più elementi che non favoriscono la trasparenza e la sicurezza del mercato: prima di tutto, la scarsa chiarezza di norme e leggi che rendono il quadro globale farraginoso; seguono la poca chiarezza relativa a procedure di lavori e commesse e, infine, la poca comunicazione delle norme di vigilanza.
Le imprese che più sono condizionate dalla presenza dell’illegalità sono quelle che operano nel settore delle costruzioni, quelle di piccole dimensioni (sia dal punto di vista del fatturato che del numero di dipendenti), quelle che operano prevalentemente nel mercato locale.
D’altro canto, il profilo dell’impresa meno condizionata si connota per la dimensione aziendale medio-grande, ossia con almeno 50 addetti e un fatturato superiore ai 2,5 milioni di euro, un elevato livello di internazionalizzazione, sia esso in termini di provenienza del capitale societario che di capacità di entrare e di affermarsi sui mercati esteri, e una elevata longevità, ossia con almeno 25 anni di età.

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