A trent’anni dalla pubblicazione in Italia del celebre libro di Jacques Séguéla cosa è rimasto della “Star Strategy” teorizzata dal pubblicitario francese
A cura di Americo Bazzoffia, libero docente universitario e consulente in comunicazione strategica integrata
Era il novembre del 1996, ero nella aula B14 di Via Salaria a Roma, l’aula era gremita di studenti, stavamo per assistere alla prima lezione del corso di Tecniche della Comunicazione pubblicitaria tenuto dal prof. Marco Mignani. All’epoca ero un giovane studente del corso di laurea in Scienze della Comunicazione, e come molti non avevo mai sentito parlare di Jacques Séguéla. Ricordo ancora con quanta ilarità all’epoca venne accolta la notizia che nel programma d’esame sarebbe stato obbligatorio studiare un libro, anzi un libricino, per le sue modeste dimensioni, dal titolo “Hollywood lava più bianco”. Il titolo era bizzarro e l’autore, Jacques Séguéla, non apparteneva alla ristretta casta degli accademici e non aveva un nome echeggiato tra i teorici della comunicazione fino ad allora incontrati nel percorso di studi. Le dimensioni del libro poi apparivano fin da subito una manna per studenti abituati ai grossi tomi; eppure venne posto con estrema autorevolezza…
Ben presto all’ilarità si sostituì la consapevolezza, e poi la conoscenza, e si comprese che dovevamo studiare il libro di Jacques Séguéla, non solo perché l’autore è uno dei più grandi comunicatori e pubblicitari del ‘900 – artefice di straordinarie campagne pubblicitarie – ma perché era un testo che nella pubblicità impose una rivoluzione copernicana.
Era il 1984, circa trenta anni fa, quando in Italia venne tradotto e pubblicato un libro, anzi “un libricino” che invece ben presto si sarebbe dimostrato un’opera monumentale che avrebbe condizionato intere generazioni di pubblicitari. Fu Fausto Lupetti che pubblicò con la allora “Lupetti & Co” l’opera di Jacques Sèguéla, pubblicitario francese per molti sconosciuto in Italia, soprattutto ai non addetti ai lavori.
Il testo già dal titolo fondeva due mondi lontani: quello del cinema e quello delle merci, per restituirci una visione del tutto originale di come agire nel modo di fare pubblicità.
Jacques Séguéla comprese che il mondo della comunicazione era un mondo parallelo a quello della celluloide. In entrambi i casi si vendono e si acquistano sogni. Da tale premessa teorizzò quella che passa sotto il nome di “Star Strategy”, una teoria che ha cambiato profondamente il modo di ideare, realizzare e percepire la pubblicità.
Secondo Séguéla, le merci o meglio le marche devono diventare delle “star” – come quelle del cinema, anzi, per l’esattezza, come quelle di Hollywood – donando così agli oggetti e ai simboli della comunicazione un’aura che li faccia vivere come persone.
Una marca o un prodotto, come un attore o un’attrice, deve consentire di identificarci. Per fare ciò, occorre che il pubblicitario nel suo processo creativo li doti delle caratteristiche tipiche di un attore: fisico, carattere e stile.
La Star strategy, negli anni ’80 del secolo scorso, manda così in cantina la Copy strategy e i paradigmi della pubblicità informativa perché secondo Séguéla il pubblico vuole sognare, ingannare l’infelicità, sconfiggere la noia, non vuole semplicemente comprare delle cose.
Cosa è rimasto oggi della lezione di Séguéla?
Per una prima, più immediata e superficiale risposta, direi che oggi è rimasta la versione degenerata della Star strategy: è rimasta la “pubblicità spettacolo”. Una pubblicità che spettacolarizza le merci, che mira a stupire senza lasciare messaggi, una pubblicità che chiede e ottiene attenzione senza far nascere il desiderio, una pubblicità estetica e non contenutistica. Ma la Star strategy era ed è qualcosa di più, che ha lasciato in chi lo ha saputo cogliere un modo di fare comunicazione estremamente raffinato e unico, rispettoso dell’intelligenza dei consumatori e degli obiettivi dell’impresa.
La Star strategy era il superamento di una comunicazione informativa e un po’ noiosa; in questo senso possiamo dire che oggi la Star strategy potrebbe godere di una seconda vita nel web. Infatti internet (un mondo nato inizialmente per trasmettere informazioni testuali) con le potenzialità audiovisive che consente – e che sempre più consentirà – porta l’internauta verso una comunicazione “star” in cui la marca si fa persona, il linguaggio spettacolo, lo stile originale e i contenuti veritieri. Ma c’è un ulteriore aspetto che rende la Star strategy ancora estremamente attuale e che suona come un monito ai pubblicitari e a tutti coloro che fanno comunicazione. Infatti secondo Sèguèla i pubblicitari devono essere dei poeti, devono ritrovare il gusto della creatività, dell’avventura. Il marketing, i numeri, la metrica quantitativa non sapranno mai creare un prodotto star.
Oggi che la crisi economica sembra stia volgendo al termine, tale concezione risulta non solo auspicabile ma un diktat, una dura condizione non negoziabile che va imposta per far uscire la creatività dalla soffitta e i pubblicitari dalle trincee in cui sono stati isolati in questi anni. Perché come scrive Séguéla nel suo libro “Noi siamo i soldati dell’inatteso. Non ci arruoleremo mai nell’esercito dell’abitudinario”.
Le nuove potenzialità del web, i primi segnali di ripresa economica, la voglia di sognare e di sconfiggere la noia e la banalità, la ricerca di qualcosa di nuovo e di diverso, sono segnali che non solo possiamo leggere ma che dobbiamo anticipare.
Abbiamo titolato quest’articolo ponendoci un quesito: Hollywood lava ancora più bianco? Credo che in base ha quanto esposto poc’anzi, possiamo scrivere che la società, le imprese, la comunicazione hanno bisogno di una “neostar strategy” perché Hollywood non lava più bianco… oggi Hollywood lava ancora più bianco.