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Buondì Motta: se il buongiorno si vede dal mattino…

Buondì Motta: se il buongiorno si vede dal mattino, perché è così insensata la polemica sulla campagna pubblicitaria del Buondì Motta?

Non entro mai volentieri nelle polemiche in atto su una campagna pubblicitaria, perché per indole preferisco lasciar decantare le diatribe, lasciar sciamare le discussione e far terminare le dispute, per leggere con calma e più lucidità e attenzione fenomeni sociali che comunque meritano attenzione e analisi. Una campagna pubblicitaria che attiva un brusio nella società, che fa discutere, non si può liquidare con banalità, bisogna cercare di capire la fenomelogia che c’è dietro, interpretando segni e segnali di avverse posizioni.

L’oggetto del contendere è stata la campagna pubblicitaria del Buondì Motta, una campagna che devo ammettere se non avesse alzato un simile vespaio me ne sarei guardato bene dal far scorrere dell’inchiostro per una campagna pubblicitaria che a prima vista mi aveva lasciato assolutamente indifferente, tanto era banale.

Nello spot una bambina con aria decisamente petulante afferma: «Mamma, mamma, vorrei una colazione leggera ma decisamente invitante, che possa coniugare la mia voglia di leggerezza e golosità». La mamma, prontamente saccente ed irritante, risponde in modo sarcastico “Non esiste una colazione così. Possa un asteroide colpirmi se esiste una colazione così!”. Detto fatto, un asteroide schiaccia la mamma. Una esclamazione in versione decisamente più laica e attuale del tradizionale “Che Dio mi fulmini se non è vero!”.

Anche se le Perseidi, le più famose meteore tradizionalmente attese la notte di San Lorenzo, affascinano milioni di persone, in questo caso, questo meteorite a ciel sereno non ha avuto la stessa capacità di affabulare.

Il linguaggio e l’epilogo dello spot è decisamente sopra le righe, surreale, fatto per scimmiottare (…senza lo stesso successo) le stesse disavventure – irreale e sarcastiche – che ad esempio spettano quotidianamente nell’immaginario dei bambini agli antieroi “Willy Coyote”, “Tom” o “Daffy Duck” per aver sfidato “Beep Beep”, “Jerry” e “Speedy Gonzales”.

Nello spot successivo, forse per tamponare possibili critiche sessiste, con il medesimo copione la stessa sorte spetta al papà (…se avessero fatto un terzo spot con un asteroide in testa alla bambina avremmo chiuso la serie con una ovazione, ma così non è stato).

Quindi che dire, uno spot scialbo, sciocco, senza costruzione di brand equity, che cerca attenzione con argomentazioni irrilevanti, che per quanto ambientato in una villa Hollywoodiana, con bravi attori, e discreti effetti speciali è sostanzialmente: inconsistente. A voler esser buoni si sarebbe potuto dire per salvarlo che probabilmente lo spot visto in story board decisamente appariva migliore rispetto alla sua messa messa on-air.

Poi è accaduto l’inaspettato, o forse l’inaspettato era agognato, sono insorte le mamme. Lo spot viene accusato di offendere le mamme, di metterle alla berlina, e addirittura con qualche forzatura di troppo si è affermato che i bambini sono rimasti turbati dal finale violento. E così si accendono le luci del Bauman Circus. La rete e i media si riempiono di sedicenti opinionisti – tanto della pubblicità tutti si sentono da poter rilasciare un expertise – e tra favorevoli e contrari, tra estimatori e detrattori, in rete si può leggere di tutto. In sintesi, per alcuni lo spot di Motta rappresenta la quinta essenza della degenerazione della pubblicità, per altri, il manifesto di liberazione dallo stereotipo della famiglia bella e sempre felice di Mulino Bianco.

Questa pubblicità non è ne strega ne Madonna, ma solo donna. A me sembra che sia un spot, sostanzialmente scialbo, senza una strategia pubblicitaria seria, anzi forse non è nemmeno uno spot. Infatti, sembra senza neanche troppi infingimenti, una banale azione di pubbliche relazioni che tenta attraverso un video – quasi disperatamente – di scatenare brusii e polemiche , unici mezzi (questi davvero pubblicitari) per far parlare della marca e del prodotto. E’ la vecchia, e a me ostativa, concezione della pubblicità fondata sul “parlatene bene o parlatene male, l’importante è che se ne parli” e che offende questa per davvero l’intelligenza dei consumatori e non valorizza gli asset del prodotto. Su questo aspetto davvero grave, invece, non una polemica e nemmeno un sussurro. Per poter valutare pienamente gli effetti della campagna del Buondì bisognerà aspettare i dati di vendita, per ora evitiamo di trasformaci anche noi in ignari mezzi pubblicitari che promuovono brand e prodotto.

Concludo, giusto per rimanere su un esempio culinario, con la rassegnata e rammaricata consapevolezza che quando la pubblicità si trasforma in azione di pubblic relation, la pubblicità da “ciliegina sulla torta” viene trasformata nella “torta”, e questo è pericolosissimo per l’impresa che presta il fianco ai competitors e per i consumatori che si trasformano in pubblivori.

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