Lavoro Mestieri e professioni

Professione Coach. Roberta Cesaroni

Life Mental Coach, Team Business Coach, Coaching adolescenziale, una professione che si svolge all’interno delle aziende e non solo. La sottile differenza tra fare il Coach e essere Coach professionista. L’esperienza della Dottoressa Roberta Cesaroni

Chi è il Coach? Una persona capace di allenare, di trasportare (dal termine anglosassone coach che significa carrozza, quindi trasportatore) un individuo, un pensiero, un atteggiamento, abitudini da una situazione attuale a una desiderata. Ne nasce una professione, strutturata su un lungo percorso formativo che va dal Coaching specializzato fino alla metodologia della PNL.

È come se fosse un grande albero con tanti rami robusti e forti, dove ogni ramo rappresenta una particolare metodologia di sviluppo personale.

Saper intraprendere la specializzazione che più si avvicina alle proprie corde, è fondamentale, ma è una professione per tutti? Forse sì, ma per fare la differenza occorre metterci del proprio: esperienze di vita, formazione personale, anima.

C’è una professionista che ha saputo riconoscere che quella del Coaching poteva essere la sua strada. Parliamo di Roberta Cesaroni, jesina, laureata in Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni presso l’Università di Urbino, specializzata in Organizzazione e gestione delle Politiche e dei Servizi Sociali.

Dopo aver dedicato parte della propria vita alla famiglia e ai suoi tre figli, Roberta Cesaroni decide di concentrare la sua capacità di avere cura degli altri cucendosi addosso la professione di Coach. Da circa dieci anni è Life Mental Coach NLP (Mental Coach International) – Team-Business Coach, Coach Adolescenziale, Master NLP, iscritta all’AICP (Associazione Italiana Coach Professionisti), A.I.F. (Associazione Italiana Formatori).

Come ha iniziato la carriera di Coach?
Mi sono messa a studiare sedici anni fa. Durante gli studi lavoravo a contatto con il pubblico in un centro fisioterapico. Appena laureata mi sono licenziata per seguire il mio sogno. Il mio percorso in proprio inizia come Psicologa del lavoro nelle aziende, cominciando ad allenare le mie capacità di ascolto e di empatia nei confronti degli altri. Aiutare le persone a non soffrire nel luogo di lavoro era la mia mission. Per approfondire questo aspetto mi sono avvicinata ad un percorso di Life Mental Coaching. La scelta più giusta che potessi fare, per gli altri – avrei potuto supportare i miei interlocutori con strumenti diversi rispetto a quelli puramente psicologici – ma soprattutto per me – ho fatto emergere peculiarità del mio carattere, fino a quel momento represse.

Da Life Mental Coach a Team Business Coach, fino al Coaching Adolescenziale. Come è lavorare all’interno di aziende, più o meno strutturate?
Lavorare nelle aziende significa lavorare con le persone: uomini e donne, top manager, impiegati, operai. Entri a contatto con il loro mondo nell’ambiente lavorativo, ma toccando inevitabilmente anche aspetti del loro privato perché in me non vedevano la professionista ma una persona capace di ascoltare. Specialmente con le donne, emergevano problematiche che andavano oltre il mero lavoro. Spesso mi confidavano le difficoltà che incontravano nel conciliare tempi di lavoro con quelli famigliari, amplificate dall’avere figli adolescenti a casa, con le relative problematiche di quella particolare fase della vita. Mi sono sentita in dovere di approfondire questi aspetti, mi sono messa nuovamente a studiare per non essere impreparata. Ho iniziato a frequentare diverse scuole di formazione che riguardavano il coaching adolescenziale come quella di Coaching Umanistico di Luca Stanchieri. Ho iniziato a lavorare con i genitori, all’interno delle aziende in qualità di Team Coach, con i figli di questi lavoratori e lavoratrici, fino a arrivare a trattare con i bambini più piccoli con percorsi mirati ad unire lavoro e famiglia e non trovarsi disorientati. Molti datori di lavoro investono in questi percorsi, regalando emozioni ai loro dipendenti. Ogni incontro dura circa un paio d’ore. Oggi entro addirittura nelle scuole per mettere la mia professionalità a disposizione di insegnanti e genitori. Le problematiche degli adolescenti molto spesso maturano dall’infanzia e dall’ambiente domestico e sociale in cui vivono. Il mio scopo è aiutare gli altri a raggiungere uno stato di benessere personale, che poi inevitabilmente condiziona sia l’ambiente sociale, per i ragazzi, sia quello lavorativo per i genitori.

Dottoressa Cesaroni, lei lavora con generazioni diverse e anche con persone che hanno ruoli sociali diversi. Dai ragazzi agli insegnanti, dai top manager alle mamme lavoratrici. Da chi trae maggiore insegnamento?
Da tutti, ma specialmente dai ragazzi. Una volta arrivata al cuore dei più giovani, quello che sanno trasmettere è fantastico. Ascoltandoli, soprattutto le ragazze, ti accorgi che i veri problemi nascono da un conflittuale rapporto con la mamma. A volte si sentono in competizione, altre volte non si sentono comprese. Il mio percorso professionale mi ha insegnato che una ragazza adolescente serena è una bambina che è stata amata dalla sua mamma tra zero e sei anni di età. Amore, coccole, tenerezza. Non sono vizi ma sono dimostrazioni d’affetto, attivano sinapsi che, nel corso della vita, portano al benessere pisco-fisico. Se questo processo non avviene, i ragazzi manifestano disagio e lo fanno come possono.

Da donna e professionista, una bella donna e innovatrice, ha fatto fatica a rendersi credibile nel suo ambiente lavorativo?
All’inizio sì, soprattutto nel territorio in cui vivo. Ma poi il mio lavoro ha parlato per me. La credibilità è figlia della passione e dell’autenticità, che è una delle quattro “a” del coaching (insieme ad accoglienza, ascolto e alleanza).

Roberta, lei è una donna, è una Life Mental Coach professionista affermata in tutta Italia (lavora nelle Marche ma soprattutto nel Nord Est), è una moglie e anche una super mamma di tre maschi. A quale di queste Roberta tiene di più?
Tengo molto alla mia professione, ma tutte le mie figure sono propedeutiche. Il mio lavoro non sarebbe lo stesso se non fossi soddisfatta come mamma e se non avessi costantemente cura di me.
Sono una professionista che parla tanto alle donne. Intorno ai quarant’anni la vita ci porta a fare un bilancio. Se questo è positivo, occorre valorizzarci. Se non siamo soddisfatte di chi siamo diventate, non bisogna piangerci addosso ma riprendere in mano la vita puntando sulle nostre potenzialità.

Ha un consiglio per le nostre lettrici?

Un esercizio pratico: verificate lo stato delle vostre relazioni, della vostra autonomia e indipendenza economica, valutate o rivalutate le vostre competenze. Chiedetevi: “sono felice delle mie scelte professionali o cambierei tutto?”. A questo punto prendete carta e penna e iniziate a scrivere le vostre risposte. Se pensate di vivere una vita che non vi appartiene ci rimettete voi donne, ma anche i figli, la coppia e il vostro mondo relazionale. Ripartite da voi. Raggiungere i propri obiettivi è possibile, il coaching mette a disposizione le tecniche per poterlo permettere.

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