Emanata il 4 marzo dalla Ministra per la Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone, la circolare n. 1 per incentivare il ricorso allo smart working, ovvero modalità flessibili di svolgimento del lavoro
Lavorare da casa, con tablet e pc, in primis se si è donne, è la forma di prevenzione attuata dal Dipartimento della funzione pubblica del Governo per contrastare l’attuale stato di emergenza sanitaria. La Ministra Dadone ha infatti firmato la circolare per lo smart working dei lavoratori della PA. Lo permette il livello di digitalizzazione raggiunto dalla società contemporanea – si legge nella premessa. E le sfide che sorgono “a seguito dei cambiamenti sociali e demografici o, come di recente, da situazioni emergenziali, rendono necessario un ripensamento generale delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa anche in termini di elasticità e flessibilità, allo scopo di renderla più adeguata alla accresciuta complessità del contesto generale in cui essa si inserisce, aumentarne l’efficacia, promuovere e conseguire effetti positivi sul fronte della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti, favorire il benessere organizzativo e assicurare l’esercizio dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, contribuendo, così, al miglioramento della qualità dei servizi pubblici”.
Un problema di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro
Con tali parole la PA dunque apre ai permessi al lavoro da casa in questo periodo, a tutela della sicurezza dei lavoratori e soprattutto delle lavoratrici che, a seguito della contemporanea decisione di chiudere le scuole, hanno un sovraccarico di problemi da risolvere che riguardano proprio la conciliazione tra i tempi di vita (come accudire i propri figli?) e quelli di lavoro. L’appiglio legale c’è, e risale al 2015: la Legge Madia di riforma della PA (L. 124/2015) all’art. 14 dispone l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di adottare, nei limiti delle risorse di bilancio disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, misure organizzative volte a fissare obiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro e, anche al fine di tutelare le cure parentali, di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa che permettano, entro tre anni, ad almeno il 10% dei dipendenti, ove lo richiedano, di avvalersi di tali modalità, garantendo che i dipendenti che se ne avvalgono non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera.
Priorità dello smart working alle lavoratrici rientrate dalla maternità
I datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l’esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile (smart working), per effetto della Legge di Bilancio 2019 sono tenuti a riconoscere priorità alle richieste che provengono dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità previsto dall’articolo 16 del Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al Decreto legislativo 151/2001, ovvero dai lavoratori con figli in condizioni di disabilità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della L 104/1992.
Modifica della Legge Madia a seguito dell’emergenza sanitaria
Il Decreto Legge 9/2020 “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” ha apportato delle modifiche al suddetto articolo 14 della Legge Madia e ora le Amministrazioni Pubbliche possono adottare liberamente “misure organizzative per il ricorso a nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa”: il regime sperimentale è finito e ora si può entrare a regime.
Smart working per lavoratori subordinati e autonomi
Lo smart working, o all’italiana lavoro agile, rientra anche nella L. 81/2017 “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato” in quanto ha introdotto, tra l’altro, misure volte a favorire una nuova concezione dei tempi e dei luoghi del lavoro subordinato, definendo il lavoro agile come modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.
La prestazione lavorativa viene eseguita in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
Per il settore di lavoro pubblico, l’articolo 18 della medesima Legge prevede che le disposizioni introdotte in materia di lavoro agile si applichino, in quanto compatibili, anche nei rapporti di lavoro alle dipendenze della PA.
Le linee guida per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti
In attuazione dell’art. 14, comma 3, della L. 124/2015, è stata adottata la direttiva n. 3 del 2017 (http://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/dipartimento/01-06-2017/direttiva-n-3-del-2017-materia-di-lavoro-agile), recante “Linee guida contenenti regole inerenti all’organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti”. Le linee guida contengono le indicazioni metodologiche per l’attivazione del lavoro agile, gli aspetti organizzativi, la gestione del rapporto di lavoro e le relazioni sindacali, le infrastrutture abilitanti per il lavoro agile, la misurazione e valutazione delle performances, la salute e la sicurezza sul lavoro.
La direttiva a seguito dell’emergenza epidemiologica
Le modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa, tra le quali lo smart working,
sono state richiamate anche nella direttiva n. 1 del 25 febbraio 2020 “Prime indicazioni in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019 nelle pubbliche amministrazioni al di fuori delle aree di cui all’articolo 1 del decreto-legge n.6 del 2020” in cui tra l’altro le PA sono invitate a potenziare il ricorso al lavoro agile, individuando modalità semplificate e temporanee di accesso alla misura con riferimento al personale complessivamente inteso, senza distinzione di categoria di inquadramento e di tipologia di rapporto di lavoro.
Non solo: grazie al DL 9/2020 la PA, mediante Consip SpA, può anche acquisire le dotazioni informatiche necessarie ad adottare le misure di lavoro agile/smart working per il proprio personale.
Le misure a disposizione della PA per lo smart working
Tra le misure e gli strumenti, anche informatici, a cui le pubbliche amministrazioni, nell’esercizio della propria autonomia organizzativa, possono ricorrere per incentivare l’utilizzo di modalità flessibili di svolgimento a distanza della prestazione lavorativa, si evidenzia l’importanza:
- del ricorso, in via prioritaria, al lavoro agile come forma più evoluta anche di flessibilità di svolgimento della prestazione lavorativa, in un’ottica di progressivo superamento del telelavoro;
- dell’utilizzo di soluzioni cloud per agevolare l’accesso condiviso a dati, informazioni e documenti;
- del ricorso a strumenti per la partecipazione da remoto a riunioni e incontri di lavoro (sistemi di videoconferenza e call conference);
- del ricorso alle modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa anche nei casi in cui il dipendente si renda disponibile ad utilizzare propri dispositivi, a fronte dell’indisponibilità o insufficienza di dotazione informatica da parte dell’amministrazione, garantendo adeguati livelli di sicurezza e protezione della rete secondo le esigenze e le modalità definite dalle singole pubbliche amministrazioni;
- dell’attivazione di un sistema bilanciato di reportistica interna ai fini dell’ottimizzazione della produttività anche in un’ottica di progressiva integrazione con il sistema di misurazione e valutazione della performance.
Obbligatorietà e monitoraggio
Le amministrazioni pubbliche sono tenute ad adottare tutte le iniziative necessarie all’attuazione delle misure suddette, anche avvalendosi della collaborazione dei Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, per la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni (CUG) e degli Organismi indipendenti di valutazione della performance (OIV) secondo le rispettive competenze.
In particolare, le PA curano e implementano il sistema di monitoraggio previsto nella richiamata direttiva per una valutazione complessiva dei risultati conseguiti in termini di obiettivi raggiunti nel periodo considerato e/o la misurazione della produttività delle attività svolte dai dipendenti.
Nella stessa direttiva si precisa che le amministrazioni, tramite apposito atto di ricognizione interna, individuano le attività che non sono compatibili con le innovative modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa, tenendo sempre presente l’obiettivo di garantire, a regime, ad almeno il 10% del proprio personale, ove lo richieda, la possibilità di avvalersi di tali modalità. Naturalmente, considerato il tempo trascorso dall’entrata in vigore della Legge n. 124 del 2015, è auspicabile che le PA verifichino la sostenibilità organizzativa per l’ampliamento della percentuale di personale che può avvalersi delle modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa, tra cui in particolare il lavoro agile, anche ricorrendo alle misure di incentivazione sopra descritte.
La comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica
Le PA dovranno comunicare entro 6 mesi al Dipartimento della funzione pubblica – a mezzo PEC protocollo_dfp@mailbox.governo.it – le misure adottate. Il Dipartimento potrà così monitorare e verificare gli effetti delle misure normative, anche al fine di eventuali interventi integrativi o modificativi sulla disciplina di riferimento.