Diritti Lavoro

Smart working al termine per i lavoratori privati

Smart working al termine solo per i lavoratori privati che, superata la fase emergenziale, tra maggio e giugno 2020 rientrano in sede

Mentre il presidente del Consiglio dei ministri annuncia la proroga dello smart working fino ad almeno il 31 dicembre 2020 per i dipendenti della Pubblica Amministrazione, per quei pochi dipendenti privati che avevano avuto occasione di provare l’anelata modalità di lavoro da casa si parla di smart working al termine e tornano in sede full time.

Smart working al termine per almeno il primo 40% dei lavoratori privati
Superata la fase emergenziale, tra maggio e giugno, quasi il 40% del personale delle aziende con più di due addetti, occupato in modalità agile durante il lockdown, è tornato in sede. E se nei mesi di emergenza piena (marzo-aprile) la percentuale di lavoratori che ha sperimentato l’home working si è attestata all’8,8% (a fronte dell’1,2% degli occupati in tale modalità nel pre-pandemia), nel bimestre maggio-giugno è scesa al 5,3%. È il bilancio dello smart working in Italia che ha interessato soprattutto le aziende (e quando parliamo di aziende parliamo esclusivamente di quelle private) del Nord-ovest e di grandi dimensioni, rispetto a quelle più piccole e con sedi operative nel Centro o Sud Italia secondo il report “Tempo di bilanci per lo smart working. Tra rischio retrocessioni e potenzialità inespresse” elaborato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, a partire dai dati Istat.

Tutti dentro, ma non a casa: lo smart working al termine
“Non c’è da sorprendersi se con l’avvio della Fase 3 circa la metà dei lavoratori ha ripreso a lavorare in sede” ha spiegato il presidente della Fondazione studi Consulenti del lavoro Rosario De Luca. “Le aziende sono arrivate del tutto impreparate rispetto alla ‘sfida’ dell’home working. Una modalità di lavoro non del tutto radicata nel nostro Paese. Dobbiamo però fare in modo che l’esperienza di questi mesi non vada persa rendendo il lavoro agile più funzionale anche per quanto riguarda la valutazione della prestazione lavorativa, la verifica dei risultati, la sicurezza sul luogo di lavoro”.

Per i lavoratori privati smart working al termine ed è tempo di bilanci
Resta ben poco, con il ritorno a regime della gran parte delle attività, del più rapido esperimento di lavoro da casa nel nostro Paese che ha interessato soprattutto le aziende del Nord-ovest e di grandi dimensioni, rispetto a quelle più piccole e con sedi operative nel Centro o Sud Italia. Ma in quali settori si è sfruttata al meglio la possibilità dello smart working in questo periodo – a parte, lo sottolineiamo ancora – la PA? Nel settore dell’informazione e della comunicazione si è registrato l’incremento più alto (28,2 lavoratori in smart working in più ogni 100 dipendenti): durante il blocco delle attività ha lavorato da casa la metà dei dipendenti (48,8%), mentre tra maggio e giugno la percentuale si è collocata al 33,2%. Meno estesa ma sempre rilevante la crescita del lavoro agile in altri settori, come l’attività professionale, scientifica e tecnica (l’incidenza tra i dipendenti aumenta di 16 dipendenti in più ogni 100); il settore finanziario e assicurativo (+14,1); il settore delle public utilities (+13,9). È poi nelle aziende più grandi, con oltre 250 addetti, che lo smart working si è maggiormente consolidato, con una crescita di 20,2 dipendenti ogni 100 durante il lockdown. Di contro, tra le piccole l’impatto è stato minore, con un aumento di 3,4 lavoratori tra le piccolissime (3-9 addetti) e di 5,7 tra le piccole (10-49 addetti).

L’identikit del lavoratore adatto allo smart working
Smart working al termine per i lavoratori privati ma tra chi è impiegato nel settore pubblico e chi in quello privato, quali sono i lavoratori più adatti a questo tipo di lavoro “casalingo”? Secondo le elaborazioni della Fondazione Studi sarebbero 3,8 milioni (pari al 21,1% del totale) i dipendenti di aziende private e organizzazioni pubbliche occupabili in modalità agile. Si tratta di lavoratori per cui, con riferimento all’attività svolta e al contesto di lavoro in cui si è soliti lavorare, non è necessaria la presenza in sede. In cima alla graduatoria, per numerosità, vi sono gli impiegati addetti alla segreteria e agli affari generali (1,2 mln di lavoratori), seguiti, ma a notevole distanza, da tecnici dell’organizzazione e dell’amministrazione delle attività produttive (515 mila) e gli specialisti delle scienze gestionali e commerciali (399 mila). Come abbiamo potuto constatare direttamente, nella PA invece le segreterie sono rimaste “al palo” mentre rarissimamente (quasi mai) si riusciva a trovare un dirigente. E la situazione risulta essere ancora oggi invariata.

Smart working al termine ma sarebbe molto indicato per le lavoratrici
Con riferimento al profilo dei lavoratori sono soprattutto le donne a risultare potenzialmente più occupabili secondo tale modalità (2,1 mln, pari al 25,8% su totale delle occupate, contro un valore per gli uomini del 17,2%), lavoratori istruiti (si passa dal 10,2% dei diplomati al 35,7% dei laureati) e residenti nel Centro Italia (23,5%).

I settori ideali per lo smart working
Guardando ai settori dove c’è maggiore possibilità di utilizzo del lavoro agile, la graduatoria è: servizi di informazione e comunicazione (81,7% dei dipendenti); finanziario assicurativo (76,1%). Per tutti gli altri, invece, l’estensione dello smart working interesserebbe meno della metà dei dipendenti.

Le aziende private non amano lo smart working
Nella pubblica amministrazione, difesa e assicurazione sociale sarebbero il 36,5% i lavoratori impiegabili secondo tale modalità, e infatti si è deciso di continuare ad applicarla; ma per chi lavora nel privato? Lì la situazione è diversa: “in una fase di emergenza come quella che abbiamo vissuto, molte aziende prima di ricorrere al lavoro agile hanno preferito utilizzare altri strumenti di gestione della forza lavoro come, ad esempio, le ferie” spiega De Luca, ma – ci sentiamo di aggiungere – il motivo sta nelle indicazioni del presidente del Consiglio dei ministri che in tutte le sue conferenze stampa e nei primi decreti ha spinto proprio in questa direzione.

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