Sono 240mila i dipendenti potenzialmente esclusi dall’ accesso agli ammortizzatori sociali per l’emergenza Covid. La denuncia dei Consulenti del lavoro
Stando alle stime della Fondazione studi dei Consulenti del lavoro sono 240 mila i lavoratori dipendenti potenzialmente esclusi dall’ accesso agli ammortizzatori sociali emergenziali in quanto assunti dalle circa 86 mila nuove imprese nate tra il 13 luglio e il 31 ottobre 2020. Non potranno avere l’accesso agli ammortizzatori sociali in quanto non beneficiari delle precedenti settimane previste dalla normativa Covid-19.
Nessun accesso agli ammortizzatori sociali. Problemi risolti solo parzialmente
La problematica del mancato accesso agli ammortizzatori sociali è stata risolta solo in parte, perché i dipendenti delle imprese avviate nel 2020 hanno potuto avere accesso agli ammortizzatori sociali (in particolare alla Cassa integrazione) a partire dal 9 novembre scorso. “L’art. 13 del D.L. n. 157/2020 ha recuperato, infatti, un deficit di coordinamento tra il decreto n. 104/2020 e il successivo n. 137/2020” si legge nell’approfondimento dell’11 dicembre della Fondazione studi dei Consulenti del lavoro, “equiparando la condizione dei lavoratori dipendenti assunti dopo il 13 luglio 2020 a quella dei lavoratori già in forza presso le aziende, consentendo pertanto anche ai primi di accedere ai trattamenti di cassa integrazione emergenziale”.
Per tanti ancora niente accesso agli ammortizzatori sociali
Nonostante questa corsa ai ripari il problema non si è risolto. Come spiega Pasquale Staropoli, responsabile della Scuola di alta formazione della Fondazione studi Consulenti del lavoro “È assolutamente necessario che vengano previste misure atte a realizzare una moratoria per la presentazione delle domande, qualora queste non siano state presentate per il divieto preesistente alla introduzione dell’art. 13 del D.L. n. 157/2020, e comunque impediscano gli effetti discriminanti”.
Le nuove imprese senza accesso agli ammortizzatori sociali
Chi ha avuto il coraggio di aprire una nuova attività imprenditoriale in questo periodo dovrebbe essere premiato e non penalizzato. Pensiamo che di queste nuove imprese almeno l’8,4% è in settori, come turismo e tempo libero, duramente colpiti dalla ripresa della seconda ondata pandemica e dalle successive chiusure. Così il tentativo a posteriori di evitare disparità tra lavoratori nelle medesime condizioni, non è stato risolutivo. Se non si compiono azioni in merito si darebbe luogo a un’ingiustizia sociale “nell’ambito di un disegno governativo che più volte ha fatto del ‘non lasciare nessuno indietro’ e della promessa della intangibilità del livello occupazionale un impegno ed una promessa caratterizzanti, ma questo messaggio e questo recupero devono essere realizzati fino in fondo, concretamente e con norme corrette” ha concluso Staropoli.
Il “Ristori quater” dimentica alcuni lavoratori
Il ritardo con il quale si è verificato l’intervento ha favorito la possibilità della realizzazione delle seguenti condizioni elencate nell’approfondimento della Fondazione:
- a) datori di lavoro che hanno presentato la domanda di fruizione degli ammortizzatori sociali nei termini decadenziali previsti dal D.L. n. 104/2020, includendo anche i lavoratori assunti dopo il 13 luglio. Per questi ultimi è riconosciuta l’applicazione degli ammortizzatori sociali;
- b) presentazione tempestiva della domanda, ma senza inserire i lavoratori assunti dopo il 13 luglio, perché non ne avevano diritto, temendo perciò il rigetto dell’intera prestazione richiesta. In questo caso è riconosciuta la possibilità di integrazione della domanda, garantendo la fruizione degli ammortizzatori sociali ancora a questa categoria di “neo-assunti”;
- c) mancata presentazione della domanda, considerando che avrebbe interessato soltanto lavoratori assunti dopo il 13 luglio e sarebbe stata perciò rigettata. In questo caso, laddove, come verosimilmente è possibile, i termini per la presentazione della domanda dovessero essere scaduti, non è riconosciuta alcuna possibilità di inclusione per i lavoratori assunti dopo il 13 luglio che – a parità di condizione – sarebbero tagliati fuori dalle misure di sostegno al reddito riconosciute invece ai loro colleghi, soltanto perché, scrupolosamente, il loro datore di lavoro, ha applicato le norme all’epoca vigenti, rispettando i limiti previsti!
Le nuove imprese avviate nel 2020
Per i dipendenti delle aziende che hanno avviato la propria attività dopo il 13 luglio, vi è ancora la totale impossibilità di accesso agli ammortizzatori sociali se non a partire dal 9 novembre. Si stima che i lavoratori dipendenti non considerati dalla normativa, pertanto potenzialmente esclusi dall’ accesso agli ammortizzatori sociali, siano circa 240 mila, quelli delle 86mila nuove imprese fondate tra il 13 luglio e il 31 ottobre. Con le chiusure a seguito della seconda ondata Covid, circa 22 mila dipendenti dei settori costretti al nuovo lockdown non hanno avuto diritto alla Cassa integrazione.
Per ovviare a questa situazione, i Consulenti del lavoro ritengono che sia opportuno riaprire i termini per la presentazione delle domande per la CIG emergenziale. “A rigore” si legge nell’approfondimento, “non può essere ritenuto decaduto da un diritto chi, all’epoca della pretesa decorrenza dei termini, non aveva riconosciuta la possibilità di esercitare il diritto medesimo”. I consulenti del lavoro sono convinti che la norma che impedisce l’ accesso agli ammortizzatori sociali per questi dipendenti non possa soddisfare chi del “nessuno sarà lasciato indietro” ha fatto una bandiera.
Commento e denuncia di Donna in Affari
Ci teniamo a sottolineare che la reiterata frase “nessuno sarà lasciato indietro” ci fa sempre accapponare la pelle: qualcuno veramente ci crede? Come osservatorio privilegiato trattando di argomenti di economia reale da tempo ci siamo rese conto che invece in tanti sono proprio stati lasciati indietro. Di sicuro i ristori non sono arrivati a tutti, non a tutti i lavoratori autonomi, non a tutte le micro imprese, non a tutte le cooperative, non a tutti i professionisti, non a tutti i lavoratori e le lavoratrici, gli imprenditori e le imprenditrici che ne avevano bisogno perché costretti alla chiusura o perché coinvolti nella chiusura di altri da cui dipende la propria attività. Facciamo un esempio banale ma significativo: perché prendere in considerazione esclusivamente il mese di aprile 2020 confrontato a quello di aprile 2019? Ma se uno ha avuto la sfortuna di non aver fatturato o di aver fatturato poco già nel mese di aprile 2019, deve per forza essere penalizzato dai ristori per il Covid? Perché non fare la differenza tra gli introiti dell’intero 2019 e quelli dell’intero 2020 per dare un reale ristoro a chi è stato danneggiato dagli effetti economici del Coronavirus? Perché continuare sulla base di alcuni codici Ateco senza considerarne centinaia di altri? Ma si ha contezza di quante e quali siano le attività lavorative, professionali e imprenditoriali svolte dagli italiani? Di quante sono le imprese e i professionisti e i lavoratori autonomi che svolgono servizi per le imprese? Ci sembra proprio di no, a giudicare dalle migliaia di persone escluse dai ristori che sono state costrette a chiudere o a chiedere prestiti agli strozzini per cercare di tirare avanti un altro po’. Ecco: noi tutto questo vogliamo denunciare: questa ingiustizia coinvolge veramente molti più lavoratori e lavoratrici di quelli citati nel presente articolo. Perché per loro non è previsto assolutamente nulla, non esiste cassa integrazione perché non sono dipendenti e non sono stati nemmeno considerati dai 4 “decreti ristoro”.
Riteniamo che a questa situazione vada trovata una soluzione prima che sia troppo tardi e che ancora una volta la criminalità organizzata benefici delle mancanze dello Stato.