Diritti Lavoro

La contrattazione aziendale ai tempi del Covid

L’osservatorio nazionale sulla contrattazione aziendale o collettiva di secondo livello della Cgil e l’analisi dei ricercatori della Fondazione Di Vittorio

La contrattazione aziendale, con lo scoppio della pandemia e della crisi anche economica collegata, è, giocoforza, cambiata. Ad un anno dallo scoppio dell’emergenza pandemica sanitaria la Fondazione Di Vittorio e la Cgil hanno presentato i dati emersi dall’innovativo confronto negoziale tra le rappresentanze sindacali e le aziende (sia pubbliche sia private) esibendo elementi innovativi.

Cos’è la contrattazione aziendale
Detta anche contrattazione decentrata o di secondo livello, integra il contratto collettivo nazionale di lavoro con ulteriori acquisizioni. Così, se nella contrattazione collettiva a sedersi al tavolo sono le associazioni datoriali e sindacali, nella contrattazione aziendale l’accordo avviene a livello di singole imprese tra direzione e sindacato interno all’impresa. Questi accordi vanno a integrare il Contratto nazionale (CCNL) con voci aggiuntive in materia di retribuzioni, come la produttività, l’orario, le condizioni di lavoro, la sicurezza, la formazione. Così come nella contrattazione collettiva, le regole della contrattazione aziendale hanno forza di legge.

La nuova contrattazione aziendale
Nella sua relazione introduttiva Cristian Sesena (responsabile Area Contrattazione e Mercato del lavoro Ggil) ha introdotto i termini della questione: termini temporali e di metodo. Due le espressioni che sono state ripetute da tutti i relatori: “indietro non si torna” e “un altro schema del gioco”. Entrambe rappresentano al meglio le sfide e le possibilità future che la contrattazione aziendale (e probabilmente anche la collettiva) sarà chiamata a sviluppare. I primi mesi dello scorso anno si possono definire uno spartiacque storico nell’azione dei sindacati e nelle loro battaglie di tutela verso i lavoratori. Marzo, aprile, maggio 2020 hanno permesso, in piena fase emergenziale – e senza alcuna possibilità di un confronto storico – di ribaltare completamente il metodo fino ad allora utilizzato, ovvero il riconoscimento delle norme e l’adeguamento delle stesse alle esigenze dei lavoratori.

Un altro schema per la contrattazione aziendale
Inventare, ex novo, una nuova modalità di gestione delle esigenze delle imprese e dei lavorati ha permesso al sindacato di stimolare la contrattazione, proponendo e rendendo operativo, appunto, un altro schema del gioco. Per la prima volta – e da qui la consapevolezza che “indietro non si torna” – i lavoratori sono entrati nella contrattazione aziendale durante la pandemia esplicitando necessità e paure e, spesso, venendo incontro alle esigenze delle imprese e delle aziende, consapevoli dell’importanza del lavoro ma altrettanto consapevoli della necessità di salvaguardare salute e sicurezza per loro e per le loro famiglie. Salute e sicurezza sono così diventati elementi imprescindibili nella gestione delle attività lavorative, come anche la formazione e l’informazione.
La necessità del distanziamento e di una assoluta accortezza nell’utilizzo degli spazi comuni, come la necessità di operare in telelavoro ha permesso al sindacato di poter contrattare nuove modalità con strumenti innovativi e, soprattutto, ha consentito alle rappresentanze sindacali di interagire in maniera propositiva e costruttiva sia con le aziende sia con i lavoratori.

Una nuova modalità di lavoro: il telelavoro.
Durante i mesi nei quali, all’improvviso, i lavoratori si sono ritrovati ad operare obbligatoriamente con una modalità differente, il telelavoro (non lo smart working), si è compreso quasi subito che tale nuova modalità sarebbe diventata la norma e che indietro non si sarebbe tornati.

I casi di studio sulla nuova contrattazione aziendale
Nel corso del webinar sono anche stati presentati sette casi di studio con l’intento di ricomprendere in generale il mondo delle imprese (comprese quelle statali o parastatali) e le diverse tipologie di lavoro. Le categorie interessate della Cgil (Filcams, Fillea, Fiom, Filctem, Fp, Flc, Slc) hanno presentato, grazie ai rispettivi rappresentanti, i risultati dell’ultimo anno di attività.
Gli accordi aziendali analizzati sono stati 215. Le 154 imprese firmatarie sono state soprattutto grandi aziende. Di seguito riportiamo un grafico presentato da Nicoletta Branchini (Fondazione Di Vittorio).

La prima evidenza
Una prima immediata differenza si è vista tra i lavoratori che sono stati indirizzati verso il telelavoro e tutti coloro i quali che non potevano usufruirne (gli operatori sanitari, le forze dell’ordine, i lavoratori del servizio trasporti viaggiante, solo per citare alcune categorie). Per i primi, nei momenti iniziali è stata necessaria una forte spinta da parte del sindacato per veder riconosciuti qualifiche ed incarichi di lavoro effettuati.

La predisposizione delle aziende alla contrattazione aziendale
Un’altra grande differenza che si è immediatamente notata è stata la predisposizione alla contrattazione da parte delle aziende; aziende private e Pubblica Amministrazione hanno adottato, almeno nei primissimi tempi, due modalità differenti: la PA ha cercato di concertare le nuove indicazioni con le condizioni lavorative operando con piccoli correttivi, come già in passato, mentre le imprese private hanno immediatamente colto la possibilità di rimodulare la propria produttività tentando di gestire al meglio le problematiche che si sono trovate ad affrontare.
In alcuni casi, comunque, anche da parte delle aziende private si è cercato di rallentare il processo che si era innescato, ma lo schema era ormai cambiato e, dopo una prima fase conflittuale, anche le attività produttive che preferivano proseguire il lavoro in modo “tradizionale” si sono dovute adattare al cambiamento.

La rimodulazione del lavoro
Primo scoglio, quindi, è stato lo stabilire la rimodulazione del trattamento dei lavoratori che avrebbero operato in modalità di telelavoro; rimodulazione economica e temporale. Se è vero che indietro non si torna, è anche vero che non si deve tornare indietro per quanto riguarda i diritti dei lavoratori e che gli stessi devono avere una chiara informazione sull’orario di lavoro. Telelavoro non significa dunque assecondare le esigenze della dirigenza e ritrovarsi a dover essere sempre connessi (anche in orari non lavorativi). Il diritto alla disconnessione è stato condizionante nella contrattazione di secondo livello (la contrattazione aziendale). Nei casi di studio presentati molte delle richieste presentate dal sindacato sono state accolte.

Il rientro sul luogo di lavoro
Un altro dato sul quale gli analisti si sono soffermati è stata la scelta offerta ai lavoratori, ove possibile, tra lo smart working e il telelavoro. In molti hanno preferito rientrare almeno uno o due giorni a settimana (come prevede lo smart working) sui luoghi di lavoro. La maggioranza dei lavoratori che hanno preferito rientrare sul luogo di lavoro è composta da donne, questo perchè, lavorando da casa, hanno visto aumentare di molto i carichi familiari. Un effetto inaspettato del telelavoro che ha evidenziato – ancora una volta – i carichi di lavoro familiare imposti alle donne dalla nostra società. Per questo le donne, appena possibile, hanno accolto a braccia aperte e con un sospiro di sollievo la possbilità di tornare almeno con orario ridotto sul luogo di lavoro. Un risultato che dovrebbe far ripensare alle politiche di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro e alle reali pari opportunità di genere.

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