Abbiamo intervistato la vice ministra Laura Castelli, che ha allo studio una proposta normativa per rendere detraibili le spese per sport e attività motorie
La palestra? Detraibile come un farmaco dietro prescrizione specialistica – spiega la vice ministra dell’Economia e delle Finanze, Laura Castelli (del Movimento 5 Stelle). Fitness al pari di una terapia sanitaria. Sarebbe un punto da fissare molto importante, visto che è ormai scientificamente provato che praticare esercizio fisico previene da molte patologie croniche. Se calcoliamo che in Italia si spendono 67 miliardi all’anno per curare le malattie croniche, adottando nuove ed efficaci misure di prevenzione della salute si otterrebbe un risparmio di almeno 11 miliardi. Inoltre, sappiamo che lo sport in Italia, nel suo complesso rappresenta l’1,7 del Pil, per un valore di 30 miliardi (dati Coni), ma che con tutto l’indotto diventano il doppio, rappresentando quindi un pacchetto da 60 miliardi.
La nostra intervista alla vice ministra Laura Castelli
Vice ministra Laura Castelli, la fitness equiparabile all’assunzione di un medicinale e quindi detraibile dalle tasse è davvero una proposta normativa percorribile?
“Sì. Nel Piano nazionale della prevenzione, a far data dal 2014, c’è l’obiettivo di utilizzare l’esercizio fisico come terapia di prevenzione e trattamento di patologie croniche. Solo alcune Regioni, però, hanno recepito questo indirizzo. Così stiamo cercando di capire, insieme all’Agenzia delle Entrate e al Ministero dell’Economia e delle Finanze, se queste prestazioni, nell’ambito di prescrizioni mediche e in automatico, possano essere riportate nel quadro della dichiarazione dei redditi dedicato alle detrazioni delle spese sanitarie, all’interno del quale le prescrizioni specialistiche sono già contemplate. In questo modo, si potrebbe procedere anche alla seconda norma necessaria, ovvero far passare l’Iva delle prestazioni dal 22 al 10% per le prescrizioni mediche che riguardano l’esercizio fisico come terapia”.
Nel suo recente intervento alla conferenza online Exercise is Medicine. Una nuova fiscalità per le imprese del fitness, organizzata da Fit.Comm (un’associazione che unisce i principali player commerciali italiani del mondo delle palestre) lei ha sottolineato che anche questo settore imprenditoriale merita attenzione per potersi riprendere dopo oltre un anno di crisi epidemiologica. In pratica, il settore delle palestre si è organizzato per fare massa critica. Sarà ascoltato?
“Daremo la massima attenzione anche alla tipologia di finanziamenti erogabili. Sto facendo un lavoro certosino per cercare di riattivare alcuni fondi, per esempio all’interno di Invitalia (l’Agenzia nazionale italiana per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, di proprietà del ministero dell’Economia), che non funzionano al meglio del loro potenziale e che sono dedicati al settore dell’economia sociale. Rimettere a posto questi fondi significa essere in grado di fare ripartire, anche con cifre medio piccole, delle realtà che invece queste cifre le vedono come molto grandi”.
Lei ha parlato anche di effetto moltiplicatore per i fondi che arriveranno dall’Europa. Ma quale saranno le condizioni ottimali per passare dalle parole ai fatti?
“Il tema del Recovery Plan ci pone di fronte a diverse sfide che non riguardano solo l’utilizzo delle risorse che arriveranno. Ci sono norme che dobbiamo cambiare per velocizzare i processi e i progetti da scegliere, ma anche per aumentare l’effettiva ricaduta in termini economici nel lungo periodo. É per questo che è importante mettere in moto l’intero sistema Paese, assicurandosi che le filiere siano pronte e che i soggetti che dovranno mettere in atto i progetti, utilizzando in primis fornitori nazionali, siano capaci di soddisfare la domanda. Solo così le risultanze economiche in termini di Pil produrranno ricadute su occupazione e sviluppo in Italia. Credo che se saremo capaci di prepararci, l’effetto moltiplicatore del Recovery durerà anni. Si tratta sicuramente di un’opportunità unica per l’Italia, ma anche per l’intera comunità europea”.
Il nostro piano economico industriale è da ridisegnare con urgenza, ma anche l’Europa deve procedere più spedita?
“Dovremmo ricominciare a pensare a una nuova Europa nella quale i Paesi membri non si facciano una concorrenza spietata, ma anzi dimostrino di essere capaci di ragionare come una squadra, potenziando gli asset strategici europei delle proprie società private e integrando in modo verticale la propria supply chain (rete di fornitori) delle partecipate di Stato. Per le imprese più piccole, invece, vedo una via di sbocco attraverso la realizzazione di linee guida condivise, utili a preparare il sistema produttivo per accogliere le richieste di bando di gara per lavori, formazione, servizi alla persona. Solo così saremo sicuri di attivare tutte le risorse del Recovery, in una rinnovata forma di partnership fra pubblico e privato”.
Non sarà facile. In Europa ci sono grosse disparità di know-how e capacità economiche. L’Italia, ad esempio, ha un’ossatura di sistema di medie e piccole imprese, che però stentano a crescere. Lei cosa risponde, vice ministra Laura Castelli?
“Guardi, la strada è obbligata. Bisogna ripartire dalle giovani generazioni, anche perché l’altra sfida che abbiamo di fronte a noi è proprio quella di sapere ascoltare, coinvolgere e fare tesoro delle opinioni di chi possiede la visione per affrontare i problemi in un modo totalmente diverso da quello che finora si è fatto all’interno delle istituzioni. Dobbiamo ascoltare ragazze e ragazzi che spesso hanno individuato soluzioni molto più smart e innovative, favorendo persino il rientro delle nostre eccellenze dall’estero. Troppo spesso, negli ultimi decenni, abbiamo sprecato opportunità importanti, regalando ad altri competitor interi settori di mercato. Ma sono convinta che possiamo invertire la tendenza e recuperare il terreno perso”.