Dalle Regioni Veneto

Da Mestre a Cavallino-Treporti, il turismo green

Reportage dalla laguna di Venezia sul turismo green in questa parte del Veneto, dove troviamo la capitale europea del turismo all’aria aperta

Nel Veneto orientale, un territorio resiliente vocato al turismo green situato tra mare e laguna dove gli abitanti hanno rivendicato l’autonomia da Venezia.

“Non solo Venezia” potrebbe essere la formula che gli abitanti di Cavallino-Treporti hanno immaginato quando nel 1999 hanno deciso, con un referendum, di staccarsi da Venezia e divenire Comune a sé stante. E da allora chi ama il turismo green e all’aria aperta ha un’alternativa dal richiamo così potente che in così breve tempo il territorio del nuovo Comune è divenuto la prima destinazione in Europa del turismo open air, la seconda città balneare italiana dopo Rimini per numero di presenze (in un anno 6.300.000!) e la sesta città turistica in Italia. A cosa si deve questo successo? Siamo andati a scoprirlo con una delegazione di giornalisti specializzati in turismo ambientale provenienti da tutta Italia. E questo è il nostro reportage.

 

 

 

 

 

 

Mestre, la porta di Venezia che accoglie i turisti green
Cosa c’entra Mestre? vi chiederete. C’entra per due ragioni: innanzitutto è la parte più grande del Comune di Venezia, l’agglomerato urbano con il maggior numero di abitanti, e ha più volte tentato (negli anni ben 5 referendum) di staccarsi dal Comune che lo fagocita attirando verso di sé i turisti e rendendo una località pur così ricca di fascino, storia e cultura solo una “zona di passaggio”. E poi perché rappresenta una porta di ingresso non solo a Venezia ma anche al territorio lagunare che conduce alla scoperta di Cavallino-Treporti.
A Mestre di recente è stato realizzato M9, il museo del Novecento italiano, un vero gioiello architettonico costruito per essere a basso impatto ambientale, energeticamente autonomo, sostenibile, appartenente a una nuova generazione di musei.

M9, il museo adatto al turismo green
Con tecnologie innovative ed effetti speciali, coinvolgendo il pubblico in modo interattivo e tridimensionale, anche mediante installazioni immersive, il Museo narra la storia dell’ultimo secolo sia da un punto di vista intimo, del popolo, sia da quello politico-sociale. Vita quotidiana e grandi eventi in cui il visitatore si può immergere completamente, con una sezione dedicata al mondo del futuro. Grazie ai contenuti multimediali e alle nuove tecnologie immersive, divertimento e approfondimento si fondono per portare il visitatore alla comprensione di una storia nella quale è inserito e della quale non deve sentirsi semplice spettatore.

 

 

 

 

 

 

M9 fa parte di un distretto culturale “risultato di un intervento di rigenerazione urbana di respiro internazionale che affianca architetture storiche a edifici iconici di nuova costruzione”. Qui, oltre alle iniziative culturali, ci sono gli hub dell’innovazione, con le sedi delle start-up innovative, ci sono i servizi ai cittadini e le attività commerciali, c’è un business center dove si possono organizzare anche eventi aziendali, insomma c’è tutto un mondo socio-economico ecosostenibile e di pregio artistico.

Un Distretto a impatto zero
Il Distretto M9 è stato progettato impiegando materie prime a basso impatto ambientale e tecnologie per la produzione di energia. “Nel marzo 2021 ha preso il via M9 Impatto Zero, il progetto greentech realizzato dalla società RnB4culture nell’ambito delle attività di trasformazione volute dalla Fondazione di Venezia che intende rendere M9 il più grande museo italiano a impatto zero” spiega la rappresentante del museo. “Questo progetto prevede l’ampliamento dell’impianto fotovoltaico sui tetti del Polo M9 che porterà a un’espansione della potenza da 80 a 270 kW e a una riduzione delle emissioni di anidride carbonica di volume pari a quello assorbito da una foresta di oltre 15.000 alberi, con l’obiettivo di rispondere alle esigenze energetiche del museo senza impattare sul territorio. La speciale copertura in acciaio e teli di Poliestere/PVC del chiostro restaurato protegge le aree pavimentate sottostanti non solo dalle precipitazioni, ma anche dell’irraggiamento solare diretto che ne causerebbe il surriscaldamento. Questo intervento, unitamente al tetto verde che caratterizza una delle architetture ex novo del distretto, consente di contenere l’effetto ‘isola di calore’ all’interno di un’area densamente costruita, contribuendo a migliorare il microclima del centro urbano di Mestre”.

Il Gusto, la cucina e la storia italiana
Il Museo M9 accoglie anche delle mostre e quella da noi visitata, che resterà visitabile fino al 23 ottobre 2022, è dedicata al cibo e si intitola “GUSTO! Gli italiani a tavola. 1970-2050”. Curata da Massimo Montanari e Laura Lazzaroni, è la prima di una trilogia di mostre dedicate alle grandi passioni italiane. L’esposizione racconta come la relazione tra gli italiani e il cibo sia profondamente mutata in questi ultimi decenni, passando da quella tradizionale italiana a quella sempre più complessa dei giorni nostri, con invenzioni culinarie sempre più innovative e cenni di multiculturalità e multietnicità. Il gusto – spiegano i curatori – è stato scelto come centro della riflessione di questo cambiamento in quanto “meglio rappresenta il rapporto tra individuo e società, quell’insieme inscindibile tra piacere individuale e condivisione collettiva, meccanismi nutrizionali e fenomeni culturali, capace di rappresentare la complessità dei temi legati al cibo”.
Riguardo a questa complessità dobbiamo riferire che proprio in questa occasione abbiamo avuto modo di assaggiare la crema di stoccafisso prodotta artigianalmente da un’azienda locale, Talian, derivante da una scoperta di Messer Piero Querini, mercante veneziano del 1431 che, per via di un naufragio, scoprì lo stoccafisso norvegese, i metodi in cui questo popolo usava e conservava il merluzzo per nutrirsene durante l’arco di tutto l’anno. Naturalmente qui in Veneto il metodo si è evoluto risentendo delle tradizioni nostrane ed ecco perché le creme sono entrate a far parte della tradizione locale, tutta italiana (crema di stoccafisso alla vicentina, crema di stoccafisso alla veneziana, ecc.).

Il territorio del turismo green. Il particolare rapporto tra mare e ortaggi
E proprio pensando al gusto e alla cucina italiana non si può non parlare del cibo e delle bevande del luogo. Dal vino veneto, rinomato a livello internazionale, a tutti i vari prodotti tipici locali della pesca e dell’agricoltura. Questo è territorio famoso per le sue eccellenze enogastronomiche e abbiamo avuto modo di assaggiarne diverse. Indicazioni geografiche a non finire, premi, blasoni, qui il gusto si eleva da senso ad arte. E chi lavora in questi ambiti sa di fare la differenza, nonostante i sacrifici di un periodo storico avverso, di un periodo anche economico avverso, se così possiamo dire, e poi di un territorio che dà la possibilità di mostrare al mondo intero la resilienza dei propri abitanti. Qui si vive sotto il livello del mare e se non fosse per le grandi e continue opere di bonifica se ne verrebbe sommersi. La grande opera del Mose è solo l’ultima nata e qui tutti le sono grati perché non è solo la Venezia sulle acque ad esserne favorita bensì l’intero territorio lagunare.
Ma sono i consorzi di bonifica a fare la differenza per chi coltiva questi terreni. I piccoli canali che vediamo attraversare i campi non servono semplicemente ad irrigare, servono a controllare i vari movimenti delle acque marine e di quelle fluviali in un territorio in cui i fiumi esondano e l’acqua marina, quando c’è alta marea, può penetrare per chilometri. Ma attenzione: è proprio quest’acqua, e la sabbia nel terreno, a dare particolare sapidità ai prodotti agricoli di questa parte del Veneto. In questo dedalo di vie d’acqua, grandi e piccole, il turista sostenibile può muoversi in barca o in bicicletta, con mezzi elettrici pubblici e privati o a piedi. E strada facendo assaggiare cosa offre il territorio lagunare.

Turismo green e ittiturismo
Quando pensiamo a quest’area ci viene subito in mente il mare e il mare ci fa pensare non solo ai bagni ma anche alla pesca e con essa alle eccellenze di questo territorio tra mare aperto e laguna. Mentre le acque dell’Adriatico, tra le più pescose, offrono una grande varietà di specie ittiche e di molluschi bivalvi, nelle valli lagunari si allevano anguille, orate, branzini. Un turista può prenotare una barca e andare a pesca tra fiumi, canali, laguna e mare.

 

Vongole biologiche e fasolari fanno parte della produzione locale che un turista può assaggiare o acquistare per cucinarle personalmente magari approfittando delle numerose ricette che chef di alto livello propongono per queste pietanze.
Per testare direttamente questa zona perla dell’ittiturismo noi siamo andati alla Casa della Pesca, sede del consorzio delle cooperative locali, situata sull’acqua a poca distanza dalla Venezia “classica”, ma vicino a Punta Sabbioni, nel nuovo Comune di Cavallino-Treporti.

 

 

 

Ma da queste zone i prodotti partono anche verso altre parti del Nord Italia per essere venduti in negozi e pescherie. Solo i fasolari vengono portati in tutta Italia. Anzi: questa è la sola zona di produzione esistente, tanto è vero che TUTTI i fasolari in commercio in qualsiasi parte d’Italia provengono da qui. Sentiamo pertanto il presidente dell’organizzazione di tutti i produttori di fasolari, produttori che attuano una pesca sostenibile:

 

I pescatori sostenibili si sono uniti e in questo caso sono riusciti a costituire una filiera veneziana, di cui ci parla il presidente del Flag (gruppo di azione costiera per lo sviluppo locale):

 

Turismo green enogastronomico. I vini veneti, focus sui vini di Venezia
Rinomati in tutto il mondo, i vini veneti non hanno bisogno di presentazioni ma qui ce n’è una produzione particolare, locale. Poiché il turista di oggi assaggia, assapora, sperimenta per una vacanza a tutto tondo, che solletichi anche il senso del gusto, sentiamo il rappresentante del Consorzio Vini di Venezia come ce li descrive (noi, ovviamente, li abbiamo assaggiati):

 

La produzione agricola delle Terre salate
Lo abbiamo già detto: qui il mare penetra a lungo fra i terreni e nell’acqua delle falde, bacia il fiume, acque dolci e salate si mescolano e lasciano ai terreni quei particolari sali che danno agli ortaggi e alle erbe un sapore del tutto particolare. Siamo andati a visitare una delle aziende agricole biologiche della zona e lì abbiamo incontrato i rappresentanti delle cooperative e i coltivatori del luogo. Ciascuno ha una storia particolare e interessante da raccontare ma Raffaele Scarpa della cooperativa Bibione Cavallino spiega che sono tre le cose che fanno gli ortaggi del luogo dei prodotti speciali: il terreno, il clima e l’uomo. Il terreno sabbioso e con lieve contenuto di cloruro di sodio dà sapore e colore, soprattutto a ortaggi come il pomodoro (rinomato e unico il pomodoro nasone) e il peperone; il clima particolarmente mite ed equilibrato, con una brezza marina che impedisce alle temperature di alzarsi troppo anche nei periodi maggiormente caldi, permettendo di ridurre al minimo l’uso di fitofarmaci; la passione e l’esperienza degli agricoltori, famiglie e generazioni che conoscono perfettamente il territorio e sanno come sfruttare a pieno le sue potenzialità.
Tra i precursori della lotta integrata troviamo la cooperativa Saccagnana, fondata nel 1975: Mario Zanella, suo presidente, spiega che la cooperativa già nel 1986 aveva stilato una lista ristretta di fitofarmaci meno dannosi per il consumatore, l’utilizzatore e l’ambiente, addirittura anni prima che il Servizio fitosanitario della Regione Veneto proponesse quella ora definita nelle linee tecniche di difesa integrata. Zanella spiega che per produzione integrata si intende anche la scelta di tecniche agronomiche, a partire dai sistemi di irrigazione, la scelta delle varietà, la nutrizione e non solo le tecniche di difesa. Poiché siamo ospiti di un’azienda agricola biologica, l’azienda agricola Valleri, andiamo con il suo titolare, Stefano Valleri, a fare un giro, una visita guidata da lui:

 

Capire il territorio in cui ci troviamo e perché c’è differenza tra la produzione agricola locale e quella di altri territori è necessario per illustrare a chi vuol fare del turismo green, l’importanza di nutrirsi a chilometro zero e di scegliere prodotti sostenibili. Un paragone è essenziale e ce lo fa il rappresentante della Coldiretti presente al nostro incontro insieme con le autorità locali.

 

Ma quali sono i prodotti particolari e unici del territorio? Marco Bozzato ha deciso di coltivare qui erbe e fiori commestibili: nasturzio, tagete, borragine, shiso, cetriolo degli Incas, acetoselle e basilici di tutti i tipi. Il suo progetto si chiama Verbezia e i suoi prodotti vengono forniti freschissimi ai ristoranti locali. Ha anche scritto a due mani un libro per spiegare usi e consumi di queste erbe e fiori, che crescono nel particolare microclima lagunare.

E se c’è chi va verso visioni innovative degli usi in cucina c’è anche chi invece si rifà alla tradizione e predilige i cereali di queste terre salate, come l’azienda agricola di Francesco Scarpi che, nata come vivaio di piante, si è evoluta e oggi coltiva cereali come mais e frumento, selezionando grani antichi da cui ottengono, con macine a pietra, farine pregiate che danno un pane dal colore più scuro e, dallo scorso anno, pasta essiccata a bassa temperatura, scegliendo per la loro produzione il nome Terre salate. Citiamo anche le farine di Oasi, prodotte dal Molino Rachello con grano nato e cresciuto con agricoltura sostenibile: le Oasi Rachello sono terreni selezionati lontani da fonti di inquinamento (anche la filiera è certificata), in cui viene praticata agricoltura integrata, sostenibile e rispettosa della biodiversità. I terreni si trovano in tre regioni italiane e anche qui c’è una di queste oasi.

Tra i prodotti locali unici troviamo il carciofo violetto di Sant’Erasmo. I suoi coltivatori, 15, hanno fondato un Consorzio e in sua rappresentanza al nostro incontro c’era Michele Borgo, il quale ci ha spiegato come questo carciofo venga coltivato solo qui fin dal 1826. Nel 2004 ha ricevuto il riconoscimento di presidio Slow Food, tra i primi in Veneto. Si tratta di un carciofo famoso nei mercati locali e uno dei più copiati (per questo lo si è voluto tutelare registrandolo) a livello nazionale. Ce ne sono solo 115.000 piante che producono solo 115.000 castrature (il primo fiore). Poi nascono 4 botoli, 8 sottobotoli e 4 masette per un totale di 1.800.000 capolini. Il ciclo riproduttivo dura 9 mesi e vi è una pianta ogni metro quadrato. La pianta è perenne.

I mitili
Nel precedente elenco che riguardava i prodotti marini avrete notato come mancassero i mitili, le cozze. Ciò perché è qui che abbiamo incontrato chi se ne occupa nel territorio. La società Adriamar, rappresentata da Gabriele e Massimo Bozzato, coltiva in mare aperto e in modo sostenibile questi prodotti ed ha in mano quasi tutta la filiera. Si occupa infatti anche di tutti i servizi: confezione, manipolazione, conservazione, spedizione, trasporto. A 3 Km dalla costa e a una profondità di 18 metri si trova l’allevamento di cozze off-shore. Lunghe e particolari funi sommerse hanno appese delle reste in cui si trovano i semi di cozza. Le reste vengono lavorate ogni 3 mesi per permettere ai mitili di crescere bene fino a divenire adulti, a un anno di età. Ogni anno l’allevamento in mare produce 350.000 kg. di cozze (tra i 1.000 e i 4.000 chili al giorno) che vengono vendute alle aziende del litorale. Le cozze sono prodotte in ogni stagione ma il periodo migliore, per maturazione ed edibilità, è quello estivo e autunnale.

Turismo green, le piste ciclabili
Continuando a spostarci intorno alla laguna di Venezia, ecco che attraversiamo le famose vie ciclabili a fianco delle vie d’acqua. Il territorio del nuovo Comune di Cavallino-Treporti è vocato alla sostenibilità e si sta attuando un piano per far sì che gli spostamenti siano meno inquinanti possibili, utilizzando le vie d’acqua e le vie ciclabili che attraversano questa striscia di terra tra mare e laguna:

 

 

 

Parliamo di 60 chilometri di piste ciclabili. Ma non solo: proprio qui a Cavallino-Treporti troviamo la pista ciclo-pedonale a sbalzo più lunga d’Europa. Il Pordelio è lungo 7,5 chilometri di cui 5 sospesi a sbalzo sulla laguna. Una struttura in legno e acciaio studiata per integrarsi con l’ambiente, che offre un percorso panoramico unico al mondo che permette di scoprire l’habitat lagunare in modo sostenibile. Nel territorio comunale si possono noleggiare sia bici classiche sia bici elettriche e ci sono diversi punti di ricarica lungo le vie ciclabili, oltre a diversi bici-parking. Chi fa turismo green ha di che essere soddisfatto, così come chi fa ittiturismo, poiché si possono utilizzare anche questi percorsi per recarsi a pescare. Noi ad esempio abbiamo incontrato un pescatore che andava al suo punto di pesca preferito in bicicletta percorrendo la pista ciclabile del Pordelio. D’altro canto, grazie alla posizione panoramica della pista, si può scegliere dall’alto quale punto si ritenga più pescoso. Una via alternativa alla barca per la pesca tradizionale “artigianale”.

 

 

 

 

 

 

 

 

Perché Cavallino-Treporti è indicata per il turismo green
Bandiera blu, bandiera gialla e bandiera verde, sito Unesco dal 1987. Cavallino-Treporti ha ottenuto tutti i riconoscimenti ufficiali nazionali e internazionali destinati alle eccellenze turistiche e alla salvaguardia ambientale. 3.500 persone sono impegnate nell’ambito dell’accoglienza turistica in questo ex quartiere della città di Venezia divenuto Comune nel 1999 con 13.500 abitanti. 13.500 abitanti che riescono ad accogliere ben 6,3 milioni di turisti l’anno (persino nell’anno del Covid, il 2020, ci sono state 4 milioni di presenze e nel 2021 5,2 milioni). Si tratta della capitale europea del turismo open air, all’aria aperta: non si costruisce lungo il litorale per aggiungere posti in verticale; allo scopo di mantenere al minimo indispensabile la cementificazione, qui ci sono resort, villaggi, campeggi, glamping. Oltre a 5 approdi di cui 3 marina resort per un totale di 1.200 posti, con 3 imprese specializzate nel noleggiare imbarcazioni a motore termico o elettrico. Noi siamo stati ospitati da un gigantesco villaggio, il Ca’ Pasquali, un glamping (campeggio a 5 stelle) con una lunga spiaggia e possibilità di noleggiare anche delle casette ecosostenibili se non si vuole solo una piazzola di sosta.
Non dimentichiamo poi la possibilità, sempre nell’ottica del turismo green, dell’agriturismo in agricampeggio. Abbiamo parlato con Roberto Scarpa, che ha un’azienda agricola multifunzionale: produce beni alimentari e fornisce servizi quali pasti – rigorosamente a km 0 – e alloggio, accoglienza in spazi liberi per l’agricampeggio, organizzazione di gite ed escursioni. Ci ha detto che chi ha un’azienda agricola può proporre anche agrinido, fattorie didattiche e fattorie sociali, oltre a fare vendita diretta dei propri prodotti agricoli: “il fine è che l’agricoltura diventi un modello etico, sostenibile in un territorio unico e fragile, come lo è il nostro litorale”.

Mangiare in una tenuta/birreria
La tenuta agricola del Cavallino aveva una stalla, un frutteto, i ricoveri per gli attrezzi. Aveva, perché oggi è stata ristrutturata – pur mantenendone lo stile antico – e trasformata in un ristorante che offre piatti tipici locali accompagnandoli con la propria birra. Si mangia nell’ex stalla o all’aperto sui prati della tenuta e si sceglie di accompagnare ogni singolo piatto con una birra diversa, poiché dove si trovavano i ricoveri degli attrezzi ora c’è il laboratorio, visibile attraverso una vetrata, dove si fa la birra artigianale. Il moderno birrificio a vista produce dalla classica lager bionda alla 4 luppoli, più amara, alla Blanche, fatta con scorze di arancia e pepe di Sichuan, alla Rossa e la Bock. Qui si mangiano i prodotti della tenuta accompagnati con la birra sempre di loro produzione. Noi abbiamo mangiato salumi e formaggi con giardiniera e confetture della tenuta per antipasto, accompagnati dalla Blanche, gnocchi verdi di patate e cicoria con ragù di pomodoro nasone per primo, accompagnati dalla Bionda, stinco di suinetto del basso Piave brasato alla birra Bock del Cavallino, ovviamente accompagnato dalla Bock, e per dolce la Sfera della Tenuta del Cavallino.

Un turismo green e blue, una best practice replicabile
Come abbiamo detto, Cavallino-Treporti è la prima destinazione turistica open air d’Europa, divenuta tale perché negli anni i campeggi si sono evoluti in resort privilegiando il rapporto con la natura e naturalità del territorio. Sulla sostenibilità ambientale si è basato lo sviluppo economico del luogo: “Quando i fenomeni sociali ed economici si basano su grandi numeri, siamo di fronte a un fatto significativo e ne dobbiamo comprendere l’importanza e la reale possibilità che sia un esempio replicabile: agricoltura e turismo insieme rappresentano la storia e il futuro del nostro Paese” dice Roberta Nesto, Sindaca di Cavallino-Treporti, presidente della Conferenza dei Sindaci della Costa veneta, coordinatrice del G20 Spiagge (l’associazione delle 20 maggiori città balneari italiane).
Cavallino-Treporti ha creato una “Blue & Green Community” perché è un territorio connotato dal verde della pineta e delle coltivazioni e dal blu delle acque di mare, fiume e laguna, in un delicato equilibrio da preservare.

Il museo della grande guerra
Oltre alle prelibatezze locali e alle bellezze offerte dalla natura, ci sono quelle artistico-culturali e in questo territorio si può andare anche alla riscoperta della storia. Circa 200 costruzioni belliche sono situate lungo la costa e vi è un circuito museale diffuso, detto la “Via dei Forti”: un percorso che lega le fortificazioni legate alla Grande Guerra. É possibile accedere alle Batterie San Marco e Amalfi e, all’interno del bunker della Batteria Pisani, è stato allestito il Museo della grande guerra. La Batteria Vettor Pisani deve il suo nome al comandante supremo della flotta veneziana che nel gennaio 1380 riportò una clamorosa vittoria contro la flotta genovese di Pietro Doria, durante la guerra di Chioggia. La Batteria fu costruita tra il 1909 e il 1912 e faceva parte di un imponente sistema difensivo costiero approntato sul territorio di Cavallino per difendere Venezia da eventuali attacchi navali. Edificata fronte mare e realizzata in cemento armato, la batteria è costituita nella parte centrale da un lungo tunnel, da due ali laterali e due torri telemetriche per l’osservazione.
Armata con 6 obici puntati verso il mare, poi sostituiti con 4 cannoni antiaerei, la batteria Pisani accolse la quinta compagnia dell’Esercito permanente e il primo reggimento artiglieria da fortezza. Il museo Batteria Pisani oggi è il fulcro della Via dei Forti e illustra il sistema difensivo costiero di Cavallino (4 Batterie da costa, un forte, tre caserme, una polveriera, due porticcioli militari, le torri telemetriche alte fino a 7 piani attrezzate con strumenti di alta precisione per localizzare e osservare le navi nemiche comunicandone le coordinate agli artiglieri) mostrando residuati bellici, strumenti, divise, armi, utensili, materiale di uso comune, ecc. ecc. Ai più giovani sono destinate sezioni multimediali con ologrammi, video e animazioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il principe rosso
Dall’altro lago della laguna di Venezia, prospiciente al territorio di Cavallino-Treporti, si trova Chioggia. E non possiamo completare la nostra escursione in queste terre senza parlare del prodotto principe locale: il radicchio di Chioggia. Premesso che in Veneto si produce più della metà di tutto il radicchio nazionale, quello di Chioggia è primo per superficie coltivata e quantità prodotta. Si cerca di imitare questo speciale radicchio in tutto il mondo senza riuscirvi. Parliamo di un’indicazione geografica protetta dal 2008. Si possono fregiare di questa denominazione solo le produzioni ottenute esclusivamente dal seme autoctono tramandato e custodito dalle famiglie degli ortolani locali, che li coltivano seguendo un rigido disciplinare nel territorio di 10 Comuni delle tre provincie confinanti di Venezia, Padova e Rovigo. Dal 2009, per tutelarlo, è stato costituito un Consorzio (Consorzio di tutela del radicchio di Chioggia IGP). Si divide in due tipologie: il radicchio di Chioggia Tardivo, che si semina dal 20 giugno a metà agosto e si raccoglie da settembre a marzo, e che può essere coltivato nelle 3 province citate, e il radicchio di Chioggia Precoce, che si raccoglie da aprile a metà luglio e che si coltiva esclusivamente nei Comuni litoranei di Chioggia e di Rosolina (vicino Chioggia).

Le virtù del radicchio di Chioggia
Conosciuto fin dall’antichità per le sue proprietà medicamentose, il radicchio si coltiva in Veneto dal XVI secolo, anche se oggi, grazie al particolare terreno e alla costante e paziente selezione praticata dagli agricoltori di Chioggia, il prodotto è decisamente diverso e migliore rispetto a quello di partenza. Per esempio è tipica di qui proprio la forma a palla: per evitare che la sabbia si inserisse nella piantina si è fatto sì che i cespi divenissero impenetrabili. Le piante con screziature rosse sempre più diffuse ed estese sono state selezionate negli anni fino a renderlo il principe rosso delle tavole locali. Il radicchio di Chioggia è ricco di fibre, vitamine e sali minerali nonché povero di calorie. È ricco di potassio ed è depurativo. Il colore rosso è dovuto alla presenza di antiossidanti, in particolare della famiglia dei flavonoidi, che contrastano lo sviluppo dei radicali liberi responsabili dell’invecchiamento cellulare. Il sapore amarognolo è dovuto ai guaianolidi, molecole con proprietà antibatteriche, antinfiammatorie e digestive. Questo radicchio è indicato nelle diete ipocaloriche poiché è quasi del tutto privo di grassi, è fonte di proteine e il suo contenuto di acqua è tale che rende rapidamente sazi. Inoltre, i polifenoli che contiene sono assolutamente indicati per la salute umana e rappresentano una sorta di “elisir di lunga vita”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E con questa presentazione di un prodotto tipico del territorio di Chioggia si chiude il cerchio intorno a Venezia del nostro reportage sulle terre lagunari, sui prodotti tipici, sulla sostenibilità di un territorio meta del turismo green e su un nuovo Comune/comunità sostenibile che si presenta fiera all’appuntamento con il futuro, conscia del proprio ruolo per la tutela dell’ambiente e quindi delle prossime generazioni.

 

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