Presentato al Salone del Risparmio di Milano il 4° Rapporto Censis-Assogestioni, che mostra le difficoltà di comprensione finanziaria dei risparmiatori
La bolla del risparmio cash ha cominciato a sgonfiarsi: 20 miliardi in meno nell’ultimo anno (-1,6%) e l’educazione finanziaria dei risparmiatori continua a essere scarsa: il 40,9% non comprende l’effetto dell’inflazione sul potere d’acquisto, il 47,8% le ripercussioni del tasso di interesse sui prestiti bancari, il 41,6% non sa distinguere tra azioni e obbligazioni. E per il 37,4% un investimento remunerativo è solo un colpo di fortuna. Questa una sintesi dei risultati del 4° Rapporto Censis-Assogestioni dal titolo “I risparmiatori oltre la crisi” che è stato presentato negli scorsi giorni al Salone del Risparmio di Milano da Giorgio De Rita, segretario generale del Censis, e commentato con Alessandro Rota, direttore Ufficio studi di Assogestioni.
Basta con il risparmio di soldi liquidi
La cash-mania è finita: nel 2022 il contante nel portafoglio delle attività finanziarie delle famiglie italiane si è ridotto di oltre 20 miliardi di euro rispetto all’anno precedente: -1,6% in termini reali. E nel mese di marzo 2023 il valore dei depositi sui conti correnti bancari è diminuito del 6,1% rispetto al marzo 2022. Colpa dell’inflazione (all’8,7% nel 2022), che ha ridotto l’attrattività del contante, che nei dieci anni precedenti era aumentato complessivamente di quasi 470 miliardi di euro (+61,8%). Oggi 4 risparmiatori su 10 dichiarano che nell’ultimo anno, a causa della fiammata inflattiva, hanno cambiato le proprie idee su come impiegare i risparmi e il 33% dei consulenti finanziari ha registrato durante l’anno una maggior propensione dei propri clienti a liberarsi della liquidità accumulata.
Gli investimenti
I risparmiatori hanno ora intenzione di riallocare il contante in portafoglio ma le loro competenze su investimenti e processi economici sono molto deboli. Lo ha appurato l’indagine mediante la somministrazione di quattro quesiti a un campione per verificare la reale conoscenza dell’inflazione, dell’effetto di tassi attivi sui depositi, di tassi passivi sui prestiti, della differenza tra azioni e obbligazioni. Ne è risultato che il 40,9% dei risparmiatori italiani non conosce l’effetto dell’inflazione sul potere d’acquisto dei redditi, il 35% non sa come opera il tasso di interesse attivo su un conto corrente, il 47,8% non comprende gli effetti del tasso di interesse passivo su un prestito bancario, il 41,6% non sa distinguere tra azioni e obbligazioni. Sui quattro quesiti di verifica della reale educazione finanziaria, il 26,2% degli italiani ha risposto correttamente a due quesiti, il 16,2% ha risposto correttamente a un solo quesito, il 9,1% a nessun quesito.
Il gap tra la conoscenza finanziaria reale e quella immaginata
Il gap tra quello che i risparmiatori pensano di sapere e quello che sanno veramente è evidente: tra le persone che dichiarano di sapere che cos’è l’inflazione, 4 su 10 non sanno che riduce il potere d’acquisto dei redditi. Vale per il 34,2% dei laureati, il 38,2% dei diplomati e il 63,2% di chi detiene titoli di studio più bassi. La verifica delle reali conoscenze finanziarie smentisce l’autovalutazione positiva di molti risparmiatori. Tra coloro che pensano di avere adeguate conoscenze finanziarie, il 25,4% ha risposto bene a due quesiti, il 15,4% a un solo quesito, il 7,1% a nessun quesito.
Le conseguenze sui risparmiatori
La presunzione di sapere espone al rischio di fare scelte finanziarie sbagliate. E infatti il 40,2% di chi è convinto di possedere adeguate conoscenze finanziarie ha sperimentato perdite sui propri investimenti rispetto al 29,8% di chi pensa di non avere adeguate conoscenze in materia. L’eccesso di fiducia nelle proprie competenze porta ad abbassare la guardia e ad esporsi di più. Tra chi pensa di possedere ottime o buone conoscenze finanziarie, il 14,3% è pronto a prendersi alti rischi per ottenere subito rendimenti elevati rispetto al 7,9% di coloro che pensano di non avere sufficienti competenze.
I risparmiatori e gli investimenti “fortunati”
Il 37,4% dei risparmiatori pensa che gli investimenti remunerativi siano dovuti solo al caso, che i rendimenti dipendano dalla fortuna. Lo pensa il 43,9% di chi è in possesso di un basso titolo di studio, ma anche il 39,2% dei diplomati e il 32,5% dei laureati. L’irrazionale nel rapporto con il risparmio e con gli investimenti è ancora molto diffuso. Per tanti risparmiatori investire è come giocare al superenalotto: contano solo il caso e la buona sorte. Il 46,6% di chi non possiede adeguate competenze finanziarie pensa che i buoni investimenti dipendano dalla fortuna, ma anche il 30,8% di chi dichiara di essere competente in materia.
Il parere dei consulenti finanziari
Il 55,9% dei consulenti finanziari intervistati ritiene che il termine che descrive meglio lo stato d’animo attuale dei loro clienti sia “cautela”. Seguono: disorientamento (40%), ansia (24,3%) speranza (16,5%). In merito alle conoscenze finanziarie dei propri clienti, meno dell’1% dei consulenti le definisce ottime: il 21,3% le giudica buone, il 50% sufficienti, il 28,2% insufficienti. Solo al 7,1% dei consulenti, infine, capita spesso di incontrare clienti con una educazione finanziaria elevata.