L’evoluzione digitale nel mondo dell’energia ha portato a una trasformazione del lavoro. L’importanza della formazione e l’acquisizione di nuove competenze per i lavoratori delle imprese elettriche può portare benefici ai lavoratori del settore
“Dagli elettroni ai bit. Le trasformazioni del lavoro nel settore elettrico” questo il titolo del convegno tenutosi a Roma a fine settembre 2018 promosso da ANEV (Associazione nazionale energia del vento), Elettricità Futura (Associazione delle imprese elettriche italiane) e Utilitalia (Federazione delle imprese acqua ambiente ed energia). Focus dell’incontro, cui hanno partecipato imprenditori, sindacalisti e rappresentanti istituzionali, una ricerca del Politecnico di Torino sulla Quarta Rivoluzione Industriale e sugli effetti che l’Internet of Things, l’Intelligenza Artificiale, i Big Data, la Robotica e la Realtà Aumentata comporteranno nel mondo dell’energia e nel mercato occupazionale.
Il settore elettrico apripista nell’evoluzione del lavoro
Il settore elettrico si può considerare un’apripista in quanto l’evoluzione dell’organizzazione del lavoro si sta manifestando con anticipo rispetto ad altri comparti industriali. Ciò grazie all’introduzione di nuovi strumenti e all’incremento di processi – come la decarbonizzazione – che andranno a generare nuovi contesti operativi in cui il ruolo del lavoratore sarà centrale. Conseguenza diretta di questi cambiamenti è infatti la nascita di nuove professionalità e competenze.
La diffusione più rapida delle tecnologie innovative (ad esempio internet delle cose, intelligenza artificiale, big data, robotica, realtà aumentata, realtà virtuale) in questo settore è dovuta a un insieme di fattori – come i cambiamenti climatici, la diffusione delle fonti rinnovabili, le nuove regolamentazione, ecc. – che hanno aumentato la complessità di produrre, distribuire e vendere energia elettrica.
Per questo si sta aprendo uno scenario lavorativo differente. La ricerca presentata in occasione della tavola rotonda, ha evidenziato alcuni elementi di quelle che potranno essere le configurazioni organizzative tipiche di molti settori in futuro e ha permesso di delineare il gap tra i sistemi di gestione del personale oggi utilizzati nel settore rispetto alle configurazioni necessarie in futuro per poter supportare l’organizzazione del lavoro. Nello specifico interviste e focus group con esperti del settore (manager, sindacati, e rappresentanti di alcune istituzioni) hanno permesso di delineare alcune conclusioni su come cambia il lavoro e una serie di implicazioni di intervento sui sistemi di gestione del personale delle aziende elettriche.
Come sta cambiando il lavoro nelle aziende elettriche
Grazie all’Internet of Things (IoT), centrali termo elettriche, impianti eolici e fotovoltaici, reti di trasmissione e distribuzione e infine abitazioni e imprese dove l’energia elettrica viene consumata, possono essere oggi monitorati e controllati con maggior precisione e tempestività. Questa maggiore intelligenza nelle “macchine” coinvolte nel ciclo di generazione, trasmissione, distribuzione e consumo dell’energia elettrica (turbine, reti elettriche, elettrodomestici o macchinari industriali) fa sì che i dati sul funzionamento di impianti elettrici possono essere controllati da soggetti distinti da quelli che posseggono e utilizzano gli impianti. Queste imprese sono specializzate nell’aggregare dati (es. su prestazioni, consumi ed eventi rari come interruzioni e malfunzionamenti) e nel generare da essi conoscenza utile per ottimizzare le prestazioni dei processi operativi degli impianti. Questo tipo di trasformazione sta portando a nuove forme di specializzazione delle filiere.
La separazione nella gestione dei dati generati dalle “macchine intelligenti” dal loro contesto operativo non avviene però marginalizzando il ruolo del lavoratore. Nel momento in cui le macchine vengono “sensorizzate” e algoritmi di intelligenza artificiale predicono possibili anomalie e interruzioni il ruolo dell’operatore diventa più importante nel controllare l’esattezza dell’algoritmo e nel migliorarne la precisione.
Anche il lavoro sulla linea diventa più complesso, poiché richiede meno attività manuali e un maggior sforzo cognitivo da applicare ad attività di programmazione e controllo, così come alla risoluzione di problemi dove è richiesta capacità di saper leggere e interpretare statistiche e una forte attitudine ad imparare (ad esempio i suggerimenti sul corso di azioni espressi dal software). Per molti ruoli questo avviene sollevando l’uomo da mansioni rischiose per la sua salute e sicurezza (es. l’applicazione dei droni per lavori sotto tensione sulle reti) e ponendolo sempre più in un contesto di lavoro in team inter-funzionali e dove viene richiesta flessibilità negli orari e nelle modalità di lavoro.
I benefici per i lavoratori
Un lavoro maggiormente “data driven” e supportato da dispositivi digitali e da sistemi informativi produce potenzialmente dei ritorni positivi per i lavoratori. Ad esempio, wearables e smartphone portano a:
– “facilitazione” del lavoro, con errori e comportamenti rischiosi per salute e sicurezza che vengono “bloccati sul nascere” dal software,
– possibilità di accedere a dati e statistiche e documentazione su interventi passati permette di ampliare la specializzazione dei lavoratori aumentando contenuto cognitivo,
– motivazione del lavoro,
– potere decisionale e livello di collaborazione con supervisori ed enti tecnici.
– benefici ai lavoratori in termini di riconoscimento economico del merito e delle competenze.
Le nuove élite professionali
Emergono anche nuove “élite professionali” composte da specialisti con competenze uniche (per esempio i data scientist, i responsabili della cyber security) in grado di applicare o migliorare gli algoritmi. Agli appartenenti a questa “aristocrazia” non è richiesta una specializzazione industriale tanto elevata quanto quella necessaria su algoritmi e nuove tecnologie.
Accanto alle élite diventano importanti nuovi “ruoli di integrazione” in grado di assicurare il coordinamento tra i data scientist con il resto degli enti tecnici.
Una nuova contrattazione nazionale e aziendale
Nel loro insieme queste evidenze suggeriscono che la quarta rivoluzione industriale offra alle imprese la possibilità di tracciare una “via alta” al futuro del lavoro e ai sistemi di gestione delle Risorse umane, contrariamente alle ipotesi “classiche” sul ruolo dell’innovazione nel favorire la distruzione di posti di lavoro e divari crescenti nelle retribuzioni tra lavoratori con alta e bassa qualificazione.
Le implicazioni prodotte da questi cambiamenti nei ruoli e nel contenuto del lavoro per la contrattazione nazionale e aziendale sono molteplici.
La gestione del personale può motivare e premiare il coinvolgimento dei lavoratori nell’innovazione dei processi operativi e per attrarre i lavoratori altamente qualificati appartenenti alle élite professionali aumentando il peso della retribuzione variabile.
Di fronte alla necessità di sviluppare nuove competenze legate all’applicazione delle tecnologie digitali, cresce l’importanza di programmi di alternanza scuola-lavoro e di apprendistato professionalizzante, nuovi strumenti finanziari (a livello di contrattazione collettiva) e approcci gestionali legati a mappatura delle competenze e alla valutazione dei risulti possono supportare i processi di formazione continua dei lavoratori più giovani e quelli legati agli obiettivi di riqualificazione e riconversione per i lavoratori più anziani.
Di fronte al più elevato costo del lavoro nel settore elettrico e alla rigidità dei livelli di inquadramento stabiliti dalla contrattazione collettiva rispetto ad altri comparti industriali, altri contratti collettivi nazionali del lavoro possono risultare più attrattivi per imprese con una forte presenza nei comparti della generazione da fonti rinnovabili, della vendita, e delle multi-utilities, aree che si stanno oggi in parte posizionando al di fuori del tradizionale perimetro del settore elettrico.
Le Relazioni Industriali e le aree delle Risorse Umane sono quindi chiamate a rivedere il contratto di lavoro per poter giocare un ruolo di primo piano nel contribuire a far intraprendere al settore elettrico la cosiddetta “via alta” alla organizzazione del lavoro e alla gestione del personale di fronte alle opportunità di cambiamento offerte dall’applicazione delle tecnologie digitali e dalla transizione verso le fonti rinnovabili.
Transizione energetica: la sfida dell’innovazione fa nascere nuove forme di lavoro
Durante la tavola rotonda il presidente dell’ANEV, Simone Togni, ha spiegato che la trasformazione del lavoro derivante dall’applicazione delle nuove tecnologie “fornirà nei prossimi anni importanti elementi di innovazione e di trasformazione dei lavori tradizionali. L’aumento del numero di lavoratori che nel settore energetico si avrà grazie allo sviluppo e alla realizzazione di nuovi impianti alimentati da fonti rinnovabili, necessari per portare a termine la transizione energetica prevista dagli accordi internazionali, sarà sempre più orientato verso i servizi digitali che le nuove tecnologie offriranno. Questa evoluzione porterà sicurezza energetica e sicurezza sul lavoro e aiuterà la transizione energetica in modo sostenibile anche da un punto di vista occupazionale. È indispensabile quindi predisporre tutti quegli elementi necessari a formare queste nuove risorse e a riconvertire quei lavoratori che dovranno garantire la realizzazione della transizione, per questo serve uno sforzo da parte di tutte le forze in campo, per rendere il meno traumatico possibile il percorso di trasformazione iniziato”.
Opportunità occupazionale e maggior partecipazione dei consumatori
Simone Mori, presidente di Elettricità Futura si è detto convinto dell’importanza di un dibattito sullo sviluppo di questo settore perché è necessaria una “responsabilità condivisa fra decisori politici, imprese, organizzazioni sindacali e istituzioni educative nel gestire la transizione e assicurare l’occupabilità di tutte le fasce di lavoratori. Un processo di profondo cambiamento che, se affrontato in maniera responsabile, genererà grandi vantaggi per la nostra società, attraverso migliori e più efficienti modelli di produzione, nuove opportunità occupazionali e maggiore partecipazione dei consumatori.”
Infatti – come ha sottolineato il vicepresidente di Utilitalia, Stefano Donnarumma, “utilizzare al meglio le tecnologie e i processi digitali può rappresentare una grande grande opportunità per le imprese e per gli addetti del settore. Gli investimenti in formazione, l’analisi degli effetti delle innovazioni, lo sviluppo di nuove competenze ed un rafforzamento dei legami con il sistema scolastico sono oggi vie obbligate – dimostra lo studio – per un miglioramento complessivo del sistema dei servizi pubblici. Il tutto garantendo contemporaneamente gli obiettivi di tutela del lavoro e di tutela dell’ambiente. Questo potrebbe contribuire a spingere i nostri giovani a restare in Italia e a mettere le loro menti al servizio del Paese. Ma è necessario investire anche sulla preparazione dei lavoratori in riferimento all’utilizzo proficuo delle nuove tecnologie”.