Diritti Lavoro

Inclusione lavorativa dei disabili in Italia

Nonostante sia in crescita la domanda di lavoro, l’inclusione lavorativa dei disabili in Italia è ancora molto difficile, solo il 32,5% è impiegato

Come favorire l’inclusione lavorativa dei disabili in Italia? Una domanda cui tenta di dare una risposta l’Ordine dei consulenti del lavoro presentando alcune proposte. Il punto di partenza è il report dell’Ufficio Studi dei Consulenti del Lavoro sugli ultimi dati Istat disponibili, dal titolo “Il lavoro giusto al posto giusto. L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità: criticità e prospettive”.

Inclusione lavorativa dei disabili, non obbligo ma diritto
Ribaltare il paradigma, passando dalla gabbia “dell’obbligo normativo” alla valorizzazione della persona, a partire dall’implementazione delle politiche attive che giocano un ruolo determinante. Solo così si può favorire l’inclusione lavorativa dei disabili. Questo perché a tutt’oggi, 20 anni dopo l’entrata in vigore della Legge n. 68/99 sul collocamento mirato, il bilancio sull’inserimento
lavorativo dei disabili in Italia non è positivo: su una popolazione di circa 3 milioni di persone con
gravi limitazioni, solo il 32,5% (nella fascia d’età 15-64 anni) risulta occupata, contro il 58,9% delle persone senza limitazioni. E nonostante sia molto alta la percentuale (20%) di disabili in cerca di occupazione, sensibilmente superiore a quella della popolazione senza forme di disabilità (11,3%). Un quadro preoccupante che emerge dal report dell’Ufficio Studi dei Consulenti del Lavoro.

Lavoro cercasi
Nonostante negli ultimi anni si siano registrati dei miglioramenti (la quota di disabili in cerca o con un’occupazione è passata dal 40,2% del 2011 al 52,5% del 2021), frutto della combinazione di politiche nazionali e regionali da una parte e dell’impegno crescente delle aziende nel diffondere al loro interno una cultura maggiormente inclusiva, permangono ancora molte aree di criticità – spiegano i consulenti del lavoro. La prima è rappresentata dal rischio di cronicizzazione dell’esclusione lavorativa, soprattutto per le persone con limitazioni gravi: “ben il 62,2% dei disabili in cerca di un’occupazione ha tra i 45 e i 64 anni, mentre i giovani rappresentano solo il 37,8%: un dato in controtendenza rispetto a quanto avviene tra la popolazione che non ha limitazioni, dove i giovani rappresentano il 65,4% dei soggetti in cerca di lavoro”.

Esclusione lavorativa
Altro che inclusione lavorativa dei disabili, in Italia per molti disabili si parla proprio di esclusione lavorativa, una situazione che rischia di diventare una condizione permanente di vita, anche a causa dei bassi livelli di istruzione. Purtroppo infatti il 57,6% dei soggetti con gravi limitazioni possiede giusto la licenza di scuola media, solo il 35% è diplomato e il 7,4% laureato. Non parliamo solo quindi di mancanza di inclusione lavorativa dei disabili ma anche di esclusione dagli studi, a prescindere dalla causa.

L’incontro (mancato) tra domanda e offerta di lavoro
In 10 anni, tra il 2011 e il 2021, è aumentato il numero di quanti svolgono una funzione impiegatizia e intermedia (passando dal 28,6% al 35,7%), ma si evidenzia una contrazione di quanti occupano una posizione altamente qualificata (dirigenti, professionisti e quadri, la cui incidenza passa dal 17,8% al 14,5%). Aspetto che si riflette sulla stessa realizzazione professionale: la difficoltà di essere “collocati al posto giusto”, insieme ai limiti strutturali, organizzativi e relazionali di molti luoghi di lavoro, genera un diffuso senso di insoddisfazione tra i lavoratori disabili. Solo il 14,3% si dichiara molto soddisfatto del proprio lavoro, mentre il 30,6% lo è poco o per nulla (8,4%). Colpisce, in particolare, che tra i laureati la quota di insoddisfatti (31,2%) è quasi doppia rispetto a quanti non hanno limitazioni (16,3%).

Il collocamento mirato non è sufficiente. Le proposte
Lo strumento del collocamento mirato, scelto dal legislatore per l’inclusione lavorativa dei disabili, per come è strutturato oggi ha dei limiti che non lo rendono in grado di rispondere da solo alle esigenze dei lavoratori (o aspiranti tali) con disabilità. Dice il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca: “è necessario un cambio di approccio da parte delle imprese che ancora presentano resistenze e decontribuzioni e sgravi potrebbero rappresentare forme di incentivo ulteriori rispetto a quelle già esistenti per le aziende che superano la quota di riserva, oppure agevolazioni finalizzate all’adozione di strumenti di certificazione/rendicontazione sociale sulla promozione di pari opportunità aziendali”. Secondo De Luca somministrazione e accomodamenti ragionevoli per l’adeguamento del posto di lavoro alle necessità dei lavoratori diversamente abili e di quelli la cui disabilità è intervenuta a seguito di un infortunio” sono altri strumenti utili ad accorciare le distanze con il mondo del lavoro. Senza dimenticare “la piena efficacia normativa, attraverso un’attività di controllo e verifica che assicuri da parte delle aziende il rispetto dei vincoli cui sono tenute”.

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