Ambiente Imprenditoria

Direttiva europea Case Green e immobili italiani

Gli immobili italiani sono i meno sostenibili e per adeguarli ai parametri della Direttiva europea sulle Case Green si dovranno spendere 270 miliardi

Tanto parlare sulla sostenibilità ambientale, sull’ecologia, sulla transizione energetica e poi arriva una Direttiva europea, quella sulle Case Green, e ci troviamo un conto salato, perché si scoprono gli altarini: gli immobili italiani sono classificati nelle peggiori classi energetiche (F e G). La conseguenza è che rientrano fra quelli che, in base alle nuove regole europee, dovranno essere riqualificati, con importanti investimenti a carico di famiglie e imprese.

Mani al portafoglio per le Case Green
Il conto in arrivo non è da poco: 270 miliardi di euro è la stima che fa Unimpresa per i lavori che serviranno a rendere Case Green gli oltre 7,6 milioni di edifici (il 61% rispetto ai 12,5 milioni di edifici in totale) che dovranno essere ristrutturati per adeguarli alle regole europee approvate definitivamente il 12 aprile 2024 dall’Ecofin, con il voto contrario del Ministro italiano Giorgetti.

 

La spesa per ciascun immobile dovrebbe essere tra le 20.000 e le 55.000 euromonete (quelle che noi abbreviamo in euro, parlandone erroneamente al maschile). A fare questi calcoli è stato il Centro studi di Unimpresa, alla luce delle nuove regole battezzate Energy performance of buildings directive, secondo le quali entro il 2050 tutte le case d’Europa dovranno essere a impatto ambientale zero.

Ideologia e realtà
Secondo la presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, questo provvedimento “dimostra come l’Unione europea non guardi agli interessi complessivi, ma operi molto frequentemente sulla base di ideologie. Col risultato che alcuni paesi risultano avvantaggiati e altri, come l’Italia, ma anche la Spagna, la Grecia e il Portogallo, arrancano e pagano un conto molto salato. Serve un ripensamento, serve soprattutto determinazione da parte dei partiti italiani e di quelli che rappresentano i Paesi europei più danneggiati dalle nuove norme. I governi hanno due anni di tempo per attuare nei rispettivi ordinamenti questa follia normativa dell’UE e a giugno si insedierà, dopo le elezioni, il nuovo Parlamento europeo. Esiste lo spazio teorico, dunque, ma va riempito con la volontà politica, di cambiare le regole perché stavolta si corre il rischio di danneggiare seriamente l’economia italiana”.

Numeri alla mano
In base ai calcoli del Centro studi di Unimpresa, il patrimonio immobiliare italiano – per buona parte costruito prima della Seconda guerra mondiale – è composto di 12.498.596 unità: di queste solo 137.814 (l’1,1% del totale) appartiene alla classe energetica migliore cioè la A4.
Nella classe A3 rientrano 138.103 immobili (1,1%), mentre nella A2 sono 176.377 (1,4%) e nella A1 225.671 (1,8%).
Altri 287.994 (2,3%) sono in classe B, 522.901 (4,2%) sono nella categoria C.
Si passa poi alla fascia D che contempla 1.269.155 (10,2%) abitazioni, mentre in classe E ne figurano 2.118.057 (16,9%).
Ciò significa che la maggior parte degli immobili italiani appartiene alle categorie peggiori, ovvero F e G, rispettivamente con 3.157.942 (25,3%) unità e con 4.464.582 (35,7%) unità. In sostanza, 7.622.524 abitazioni, pari al 61% del totale, cioè tre su cinque.

Cosa fare secondo la Direttiva Case Green
Secondo la direttiva europea sulle Case Green (cui tutti i Paesi europei sono obbligati ad aderire) bisognerà ridurre i consumi di energia di: abitazioni (-16% entro 2030 e -22% entro 2035), edifici pubblici (-16% entro il 2030 e -26% entro il 2028), nuovi immobili: zero emissioni dal 2030 (tutti con pannelli fotovoltaici), arrivando a una piena riqualificazione energetica di tutti gli immobili entro il 2050.
Il piano potrebbe comportare una spesa media per ciascun immobile di circa 35.000 euro in media (da 20.000 euro a 55.000 euro il range). Si può pertanto stimare una spesa complessiva a carico dei privati pari a 266,7 miliardi di euro nei prossimi 20 anni circa – sottolinea Unimpresa.

La direttiva nel dettaglio
Più nel dettaglio, la direttiva europea “case green” prevede che gli Stati membri riducano il consumo di energia degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035. Il 55% di questa riduzione dovrà essere ottenuta tramite la ristrutturazione del 43% degli immobili con le prestazioni peggiori. Saranno i singoli Paesi a definire nei piani nazionali come intendono raggiungere questo obiettivo. Inoltre, tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere a emissioni zero dal 2030.Per raggiungere questi obiettivi, la direttiva europea “case green” definisce un quadro comune generale della metodologia per il calcolo della prestazione energetica integrata degli edifici e delle unità immobiliari e l’applicazione di requisiti minimi di prestazione energetica di edifici e unità immobiliari di nuova costruzione ed esistenti.
Dagli interventi sono esclusi alcuni immobili e in particolare: edifici vincolati e protetti, immobili storici, edifici temporanei, chiese, abitazioni indipendenti con superficie inferiore a 50 metri quadrati, case vacanza, ovvero le seconde case occupate per meno di 4 mesi/anno; è inoltre prevista anche la possibilità di esentare l’edilizia sociale pubblica qualora i lavori di riqualificazione facessero aumentare gli affitti in modo sproporzionato rispetto al risparmio conseguibile nelle bollette energetiche.

La direttiva al momento non prevede sanzioni particolari per coloro che non adeguano i loro immobili ai nuovi standard entro i tempi stabiliti e non sono previste limitazioni alla vendita o all’affitto delle abitazioni per coloro che non possiedono il bollino verde dell’Unione Europea. Tuttavia, spetta ai singoli governi nazionali decidere quali sanzioni applicare, oltre alla perdita automatica di valore degli immobili non conformi alle normative.

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