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Dall’indagine dell’Istat prendiamo i dati che possono essere utili alle imprese e ai lavoratori

Pubblicata ad aprile l’edizione 2016 della indagine Noi Italia, una selezione di indicatori statistici realizzata dall’Istat per capire chi sono, come si comportano e cosa pensano gli italiani. Noi abbiamo selezionato a nostra volta quelli che riteniamo utili per le nostre lettrici e i nostri lettori.

Il nostro è il quarto Paese per popolazione dopo Germania, Francia e Regno Unito. Le regioni più popolose sono Lombardia, Lazio e Campania, nelle quali si concentra oltre un terzo dell’intera popolazione italiana. È però una popolazione, la nostra, composta prevalentemente di anziani: ci sono 157 anziani ogni 100 giovani. Il motivo probabilmente sta nell’aumento dell’aspettativa di vita: per gli uomini la durata media di vita è di 80 anni, per le donne di oltre 84 (84,7).

Contemporaneamente all’innalzarsi dell’aspettativa di vita, c’è l’abbassarsi del numero di nascite: il numero medio di figli per ogni donna è di 1,37 e questo significa che non c’è ricambio generazionale, visto che per garantire tale ricambio ci sarebbe bisogno che nascessero in media 2,1 figli per donna.

Forse anche questa è la ragione per cui di persone in età non lavorativa ce ne sono sempre meno: ogni 100 in età lavorativa, solo 55 possono lavorare. Con tutto ciò che comporta per il problema pensionistico e per il carico di responsabilità delle famiglie.

Di famiglie “classiche” comunque in Italia ce ne sono poche: abbiamo solo 3 matrimoni ogni 1.000 abitanti. L’Italia ha il primato dei Paesi europei in cui ci si sposa meno.

Riportiamo di seguito uno stralcio della pubblicazione dell’Istat, relativamente ad alcuni indicatori che abbiamo selezionato.

Condizioni economiche delle famiglie

Nel 2015 la quota di persone soddisfatte per la propria situazione economica risulta in aumento (47,4%) per il secondo anno consecutivo; a crescere sono soprattutto coloro che si dichiarano “abbastanza soddisfatti”. Il livello di soddisfazione per la situazione economica presenta una variabilità a livello territoriale: Mezzogiorno e Centro sono le ripartizioni in cui l’aumento delle quota rispetto al 2014 è più consistente (circa 4,5 punti percentuali in più).

Tra il 2013 e il 2014 l’incidenza della povertà – relativa e assoluta – è risultata sostanzialmente stabile. La povertà relativa coinvolge circa un decimo delle famiglie residenti, quella assoluta il 5,7%.

Nel 2013 le famiglie residenti in Italia hanno percepito un reddito disponibile netto (esclusi i fitti imputati) pari, in media, a 29.473 euro, circa 2.456 euro al mese. Il valore varia sensibilmente sul territorio: la provincia autonoma di Bolzano registra il livello più elevato, 17.500 euro in più rispetto al Molise, la regione con il valore più basso.

I Paesi dell’UE28 presentano notevoli differenze in termini di diseguaglianza. Nella graduatoria in ordine decrescente, l’indice di concentrazione colloca l’Italia al decimo posto (0,324), con un valore poco più elevato di quello medio europeo (0,309). Lungo la Penisola è la Sicilia a mostrare la concentrazione dei redditi più alta, con un indice pari a 0,365, mentre Il reddito è più equamente distribuito in Valle d’Aosta e in Friuli-Venezia Giulia.

Nel 2014 l’indicatore di grave deprivazione materiale segna una riduzione, interessa l’11,6% delle persone (12,3% nel 2013). Il valore del Mezzogiorno (19,9%, oltre 4 milioni di individui), per quanto in forte diminuzione, è più elevato di quello rilevato in tutto il Centro-Nord (7,2%, quasi 3 milioni di individui). 

 

Istruzione

Nel 2013 la spesa pubblica in istruzione incide sul PIL per il 3,6% a livello nazionale, raggiunge il 6,0% nel Mezzogiorno – dove è più numerosa la popolazione in età scolare – e scende al 2,7% al Nord-ovest, unica ripartizione in cui l’incidenza della spesa è leggermente aumentata nell’ultimo anno.

Prosegue il miglioramento del livello di istruzione degli adulti. La quota di 25-64enni che hanno conseguito al massimo la licenza media è scesa dal 51,8% del 2004 al 40,5% del 2015 ma sfiora il 50% nel Mezzogiorno (48,8%). Oltre la metà dei giovani 15-24enni è impegnata in un percorso di formazione superiore; i tassi di partecipazione sono più alti nel Centro-Nord, in particolare in Emilia-Romagna e Lazio.

Nel 2014 la quota di giovani che abbandonano precocemente gli studi in Italia è scesa al 15% (17,7% tra gli uomini e 12,2% tra le donne), superando l’obiettivo nazionale del 16% fissato dalla Strategia Europa 2020.

Sono oltre 2,3 milioni (25,7% del totale) i giovani 15-29enni che nel 2015 non sono inseriti in un percorso scolastico e/o formativo e non sono impegnati in un’attività lavorativa. L’incidenza è più elevata tra le donne e nel Mezzogiorno.

Fra i 30-34enni, il 25,3% ha conseguito un titolo di studio universitario nel 2015, un valore che si avvicina molto al 26% stabilito dalla stessa Strategia europea come obiettivo per l’Italia.

L’aggiornamento durante l’arco della vita, fattore decisivo per l’integrazione nel mercato del lavoro, interessa nel 2014 l’8,0% degli italiani tra i 25 e i 64 anni, valore in aumento ma ancora sotto la media europea (10,7).

 

Mercato del lavoro

Nel 2015 risultano occupate oltre 6 persone in età 20-64 anni su 10, ma è forte lo squilibrio di genere a sfavore delle donne (70,6% gli uomini occupati, 50,6% le donne) come il divario territoriale tra Centro-Nord e Mezzogiorno. Nella graduatoria europea relativa al 2014, solamente Grecia, Croazia e Spagna presentano tassi di occupazione inferiori a quello italiano mentre la Svezia registra il valore più elevato (74%).

Sale al 14% l’incidenza del lavoro a termine nel 2015, più alta nelle regioni meridionali (18,4%) rispetto al Centro-Nord (12,5%). Cresce di poco la quota di occupati a tempo parziale (18,5%), con una distribuzione piuttosto uniforme sul territorio nazionale. In Europa, questa modalità di occupazione è diffusa soprattutto nei paesi nordici (50,3% l’incidenza nei Paesi Bassi nel 2014), mentre lo è poco nei paesi dell’Est di più recente adesione all’Unione.

Il tasso di disoccupazione scende di 0,8 punti rispetto al 2014, riportandosi dopo due anni sotto il 12%. La riduzione interessa entrambe le componenti di genere, ma risulta più rilevante per le donne. Rimangono forti le differenze territoriali, con un tasso nel Mezzogiorno di poco inferiore al 20%.

Nel 2015 il tasso di disoccupazione dei giovani 15-24enni scende al 40,3%, 2,4 punti percentuali in meno rispetto a un anno prima. Il livello massimo si registra nel Mezzogiorno (54,1%), soprattutto in Calabria, dove arriva al 65,1% e fra le ragazze (58,1%).

Poco meno di sei disoccupati su dieci (58,1%) cercano lavoro da oltre un anno, in riduzione dal 60,7% del 2014. Il calo della disoccupazione di lunga durata interessa oltre la metà delle regioni e ha coinvolto soprattutto le donne.

Il tasso di mancata partecipazione, che tiene conto di quanti sono disponibili a lavorare pur non cercando attivamente lavoro, si attesta al 22,5% nel 2015, in rallentamento di 0,4 punti sul 2014. La riduzione è leggermente maggiore nel Mezzogiorno, anche se in questa ripartizione il valore rimane più che doppio rispetto al Centro-Nord.

 

Turismo

Nel 2014 si contano in Italia 158.412 esercizi ricettivi con più di 4,8 milioni di posti letto, in crescita rispettivamente dello 0,6% e del 2,6% sul 2013. L’offerta italiana è superiore a quelle di Germania, Spagna e Francia, ma inferiore, tra le altre, all’offerta di Croazia, Austria e Grecia.

Nel complesso degli esercizi ricettivi gli arrivi sono stati 106,5 milioni e quasi 378 milioni le presenze. La durata media del soggiorno nelle strutture è di 3,55 notti, in lieve calo rispetto al 2013. Tutte le regioni del Nord-est si collocano al di sopra della media nazionale per numero medio di notti trascorse dai clienti negli esercizi ricettivi, mentre le regioni del Nord-ovest risultano al di sotto. Nel Centro solo le Marche registrano un numero medio di notti (5,02) superiore alla media nazionale.

 

Strutture produttive

La crisi economica si è riflessa in un calo del numero delle imprese. Nel 2013, in Italia operano circa 62 imprese ogni mille abitanti, un valore tra i più elevati del continente europeo. Solo cinque paesi (Repubblica Ceca, Portogallo, Slovacchia, Svezia e Grecia) hanno una densità di imprese più elevata, mentre i principali partner (Francia, Germania e Spagna) presentano valori più bassi.

La dimensione media delle imprese italiane, pari a 3,8 addetti, è di gran lunga inferiore al dato medio europeo (5,9). Sotto il profilo territoriale, la dimensione media si conferma più bassa nel Mezzogiorno (2,8).

Il tasso di imprenditorialità – calcolato come rapporto tra numero di lavoratori indipendenti e totale dei lavoratori delle imprese – si attesta al 30,2% e risulta secondo solo a quello della Grecia fra i paesi dell’Unione europea; tra le maggiori economie dell’area, Germania e Francia presentano quote decisamente più contenute (8,3 e 9,5%). Sul territorio nazionale, la propensione all’imprenditorialità è maggiore nel Mezzogiorno (38%) che nel Centro-Nord (28,2%).

Il turnover lordo delle imprese, che fornisce una misura del grado di dinamicità di un sistema economico, in Italia cresce per il terzo anno consecutivo (15,6% nel 2013). I valori sono alquanto diversificati sul territorio: nel Mezzogiorno la popolazione di imprese risulta più instabile, mentre il Nord-est si caratterizza per una minore nati-mortalità delle imprese.

La struttura produttiva italiana presenta le peculiarità di alcune economie dell’area mediterranea, dove prevalgono le forme più legate alle tipicità del territorio. La micro impresa nel settore dei servizi domina il panorama delle attività del sistema economico italiano. Rispetto alla media nazionale, nel Mezzogiorno prevalgono le micro imprese, sia di servizi sia dell’industria, nel Nord-ovest è più diffusa la grande industria, nel Nord-est le micro e piccole imprese dell’industria e nel Centro le grandi imprese dei servizi.

Dopo il recupero del biennio 2010-2011, nel 2013 prosegue la perdita di competitività delle imprese italiane, con 122,9 euro di valore aggiunto ogni 100 euro di costo del lavoro (124,6 nel 2012). Le regioni del Nord-ovest mostrano i livelli di competitività più elevati, mentre il Mezzogiorno registra valori inferiori alla media nazionale.

 

Scienza, tecnologia e innovazione

Nel 2013 la spesa per ricerca e sviluppo aumenta in Italia sia in termini assoluti sia in rapporto al Pil (1,31%). Tale valore è inferiore a quello medio europeo (2,03%), ancora distante dall’obiettivo nazionale della Strategia Europa 2020 (1,53%) e dal target europeo del 3%.

Il 93,5% delle imprese italiane con almeno 10 addetti si connette a Internet tramite la banda larga (anno 2014), un valore superiore alla media Ue28 ma ancora distante da quelli dei paesi europei di testa come Finlandia, Danimarca, Paesi Bassi e Slovenia (98%). A livello regionale le imprese attive in Calabria e Basilicata sono in maggiore ritardo rispetto alla media, quelle del Nord-ovest appaiono le più performanti.

Gli addetti alla ricerca e sviluppo (in unità equivalenti a tempo pieno) nel 2013 sono 4,1 ogni mille abitanti, meno rispetto alla media europea (5,4) e ai valori delle economie più importanti. Sul territorio nazionale, si confermano forti disparità e resta elevato il ritardo del Mezzogiorno.

Nel 2013 i laureati in discipline tecnico-scientifiche sono 13,5 ogni mille residenti tra i 20 e i 29 anni, valore inferiore alla media europea (17,1). In ambito nazionale, il distacco del Mezzogiorno rimane forte (-4,4 punti rispetto al dato nazionale).

Nel 2015 il 60,2% della popolazione italiana di 6 anni e più utilizza Internet e il 40,3% si connette quotidianamente. La totalità delle regioni del Centro-Nord ha livelli di uso di Internet superiori al valore nazionale, nel Mezzogiorno la quota è invece più bassa. La posizione nazionale è decisamente inferiore alla media Ue28 (75% nel 2014), solo Bulgaria e Romania registrano una quota più contenuta.

Poco più di sei famiglie su dieci si connettono a Internet tramite la banda larga; il Mezzogiorno, e in particolare la Calabria (56,6%), si trovano in posizione svantaggiata. Nel confronto europeo, la quota di famiglie italiane è inferiore alla media dei 28 paesi (78% nel 2014), mentre i valori più elevati si registrano nel nord Europa.

 

Cultura e tempo libero

Nel 2015 si stabilizza la quota di persone che leggono quotidiani (47,1%) e aumenta leggermente quella di chi legge libri, anche se è ancora sotto il 50%. Le percentuali maggiori di lettori si registrano fra i giovani e le donne. A livello territoriale tutte le regioni del Mezzogiorno presentano valori inferiori al dato nazionale ad eccezione della Sardegna.

Si conferma elevato, anche se in leggera diminuzione, l’utilizzo della Rete per la lettura di giornali, news o riviste; tra i giovani di 20-24 anni uno su due usa il web a questo scopo. Su scala europea l’Italia occupa l’ultima posizione insieme all’Irlanda (Anno 2014).

Nel 2015 l’8,2% della popolazione di 6 anni e più legge online e scarica dal web libri e e-book, la quota sale a poco meno del 20% tra i giovani di 15-24 anni. Questa forma di fruizione culturale è più diffusa nel Nord-ovest, unica ripartizione dove si registra una crescita rispetto al 2014.

Cresce la partecipazione culturale. Negli ultimi anni sono aumentati i visitatori a musei/mostre e a siti archeologici/monumenti ma anche le persone che vanno al cinema (quasi il 50% della popolazione). La fruizione di spettacoli o intrattenimenti fuori casa è piuttosto differenziata a livello territoriale: il divario tra ripartizioni è molto rilevante nel caso di visite a musei e monumenti, maggiori nel Centro-Nord.

Nel 2013 le famiglie italiane hanno destinato alla spesa per ricreazione e cultura mediamente il 6,5% della spesa complessiva per consumi finali, una quota inferiore a quella riscontrata nel 2012. La riduzione accomuna tutte le ripartizioni; il valore più elevato di questa spesa si osserva nel Nord-ovest, mentre il Mezzogiorno presenta una quota inferiore alla media nazionale.

La propensione alla pratica sportiva è in crescita nel 2015 ma riguarda ancora solo un terzo della popolazione (più gli uomini che le donne); la quota più elevata si riscontra nel Nord-est (39,4%), la più bassa nel Mezzogiorno (24,9%). Poco meno di un quarto dei praticanti vi si dedica in modo continuativo.

 

Agricoltura

Nel 2013 il valore aggiunto per addetto del settore è pari a 142,8 euro per 100 euro di costo unitario del lavoro, confermando il trend di crescita. La migliore performance si riscontra nel Nord-ovest, grazie alla maggiore presenza di aziende di grande dimensione. All’interno delle ripartizioni geografiche, al Nord il livello più elevato dell’indicatore si registra in Lombardia, al Centro nel Lazio mentre tra le regioni meridionali si distinguono Calabria, Sicilia e Sardegna.

Nel 2014 la distribuzione di fertilizzanti semplici per uso agricolo si mantiene stabile (0,1 tonnellate per ettaro di SAU), mentre aumenta quella di principi attivi per ettaro di superficie agricola utilizzata (4,9 Kg per ettaro di SAU).

I prodotti agroalimentari di qualità si confermano una componente significativa del comparto agroalimentare italiano, infatti il nostro Paese registra il numero di certificazioni più elevato a livello comunitario, 269 nel 2014. Oltre all’Italia le produzioni di qualità sono valorizzate in Francia, Spagna e Portogallo.

L’agriturismo conferma la tendenza strutturale alla crescita: tra il 2004 e il 2014 le aziende agrituristiche sono aumentate del 55,1%, quasi il 36% è gestito da donne.

 

Energia

Nel 2014 diminuiscono sia i consumi elettrici (-3% circa rispetto al 2013) che la produzione lorda di energia elettrica (-4,3% rispetto al 2013). I consumi sono stati pari a 4.710,3 kWh per abitante, il valore più basso degli ultimi 12 anni; la produzione lorda di energia elettrica si è invece attestata a 46 GWh per 10 mila abitanti, in flessione per il terzo anno consecutivo.

Per il nostro Paese entrambi gli indicatori energetici risultano inferiori alla media europea e a quelli degli altri paesi di grandi dimensioni. A livello territoriale, la produzione lorda di energia elettrica in rapporto alla popolazione si attesta su valori superiori alla media nazionale nelle ripartizioni settentrionali e nel Mezzogiorno. Nel 2014 i consumi elettrici per abitante risultano inferiori alla media nazionale in tutte le regioni del Mezzogiorno ad eccezione della Sardegna.

Nel 2014 è aumentata la produzione lorda elettrica da fonti rinnovabili e la sua incidenza sul consumo interno lordo di energia elettrica (37,3% contro 33,7% del 2013). Sul territorio, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili si conferma in quantità nettamente superiore alla richiesta interna in Valle d’Aosta e nelle province autonome di Trento e Bolzano. Con una quota del 31,3% l’Italia si posiziona sopra la media Ue28 per consumi di energia elettrica generata da fonti rinnovabili (25,4% nel 2013).

(D.M.)

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