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Imprese sociali: ad oggi 1.000 attive, 735mila addetti

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Secondo l’osservatorio Isnet con la riforma del Terzo Settore il numero salirà a 15mila

Ad oggi sono 1.053 le imprese sociali attive in Italia, che hanno svolto attività per 20,6 miliardi di euro e impiegato 735 mila addetti. Il dato emerge dalla decima edizione dell’osservatorio Isnet sull’impresa sociale, a pochi giorni dall’entrata in vigore della legge delega per la riforma del Terzo Settore, che ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico le società benefit aprendo di fatto la strada all’economia sociale e a nuovi attori organizzativi.

Secondo il rapporto, con l’attuazione della riforma il numero delle imprese sociali salirà ad almeno 15.100, confermando di fatto il trend di crescita dell’ultimo anno. Il 37,2 per cento delle cooperative sociali dichiara di aver incrementato il proprio volume di attività facendo così registrare un +3,6 per cento rispetto al 2015. Per non parlare dell’impatto sociale: solamente in termini di inclusione lavorativa, il sistema occupa 67.100 soggetti svantaggiati.

Ma si sa, le novità spesso sono accompagnate da scetticismo e diffidenza. L’osservatorio Isnet mostra che le cooperative sociali si dividono in ‘riformisti’ (28,4 per cento del campione), favorevoli all’ingresso di nuovi attori, per gli effetti di contaminazione positiva, l’acquisizione di know how e la maggiore dinamicità organizzativa che ne può conseguire; e ‘tradizionalisti’ (35,8 per cento del campione), che al contrario temono l’innescarsi di meccanismi competitivi con imprese che assumono la veste sociale prevalentemente per motivi opportunistici. La restante parte delle cooperative sociali intervistate non ha ancora maturato una posizione.

Secondo la presidente dell’associazione Isnet e responsabile dell’osservatorio, Laura Bongiovanni, “i riformisti non sembrano preoccupati dell’ingresso di nuovi attori nella sfera dell’economia sociale che rappresenta al contrario un’opportunità, una sfida per il miglioramento; sono già forti e non temono il confronto. Dal lato opposto, i tradizionalisti non ne fanno una questione di salvaguardia e marcatura del territorio, così come si potrebbe facilmente pensare, ma si appellano ai principi fondativi, allo spirito e ai valori che guidano il fare Impresa sociale, che non possono essere assolutamente confusi con obiettivi di profitto”.

(dar)

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