Made in Italy

Made in Italy: agroalimentare traina ripresa

pecorino

 

Secondo una ricerca della Cna, il settore rappresenta l’8,7% del Pil nazionale. E sono i prodotti di qualità il vero carburante

L’Italia vanta 801 prodotti di qualità, tra Dop, Igp e specialità tipiche geografiche, che da sole valgono oltre un quarto delle vendite mondiali delle merci riconosciute. Se l’agroalimentare è il motore del Made in Italy, artigiani e piccole imprese ne sono i cavalli, ma il carburante sono i prodotti di qualità. A scattare la fotografia del settore una ricerca della Cna, dove si evidenzia che l’agroalimentare rappresenta l’8,7% del Pil nazionale, che tocca addirittura il 13,9% se aggiungiamo il valore dell’indotto. 

 

Nel manifatturiero italiano l’agroalimentare è secondo solo al metalmeccanico. L’anno scorso ha totalizzato 36,8 miliardi di esportazioni, segnando un +7,3%: due volte e mezzo la crescita dell’export nazionale, attestata al +3,7%. Un’eccellenza firmata quasi totalmente da artigiani e piccole imprese. Infatti, su 58 mila aziende specializzate nella produzione alimentare 40 mila sono le imprese artigiane e 12 mila le imprese con meno di 50 dipendenti. 

Eppure artigiani e piccole imprese del settore non riescono a esprimere pienamente tutte le loro potenzialità. Lo testimoniano le risposte di circa mille piccole imprese a un questionario della Cna: contraffazione, difficoltà ad arrivare sui mercati internazionali e invasione di prodotti agroalimentari d’importazione sono solo alcune della problematiche più comuni. Sul banco degli imputati c’è anche l’incubo della burocrazia: per avviare un’attività alimentare sono necessari 56 adempimenti; e il tempo sottratto all’attività per adempiere alle richieste burocratiche occupa fino a 15 giorni l’anno secondo il 14% degli interpellati, tra 16 e 60 giorni per il 48%, oltre 60 giorni per il 38%.

“Abbiamo nell’agroalimentare una leva fondamentale di sviluppo, un pezzo del nostro futuro” ha commentato il ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina “ma bisogna uscire dai luoghi comuni: non sempre gli strumenti e gli elementi di forza dell’agroalimentare italiano, come le Dop e le Igp, sono sufficienti ad affrontare i problemi epocali che stanno emergendo dalla zootecnia al lattiero-caseario”. Un passaggio fondamentale, per il ministro, è quello di arrivare a politiche di filiera davvero integrate: “bisogna che produttori e trasformatori, e tutti gli attori della filiera, si rendano conto che lavorare insieme porta risultati migliori ed è conveniente unire le forze”. 

(dar)

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