Fisco e norme

Federalismo fiscale tra realtà e utopia

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Favorevoli e contrari al federalismo fiscale

Il 17 marzo 2011 sono stati celebrati i 150 anni dell’Unità d’Italia, una settimana dopo, il 24 marzo, il Federalismo regionale ha l’approvazione delle Regioni e il via libera dalla Commissione Bicamerale al parere di maggioranza sul decreto legislativo per regolare il fisco delle Regioni e delle Province.
Non pochi sono stati coloro che hanno voluto cogliere questa contemporaneità dei due eventi per ribadire e mettere l’accento sulle loro rispettive ed opposte posizioni.
I “nemici” del federalismo fiscale ricordano come in due anni, dalla primavera del 1859 alla primavera del 1861, grazie al sacrificio di giovani, donne e uomini che hanno creduto in questo obiettivo, da un’Italia divisa in sette Stati nacque il nuovo regno che concludeva un percorso e vedeva la proclamazione di Vittorio Emanuele II re d’Italia, a capo di un nuovo Stato che non aveva tradizioni politiche univoche (c’era un Centro-Nord con tradizioni comunali e signorili ed un Mezzogiorno con tradizioni monarchiche fortemente accentrate a Napoli), ma che trovava il suo elemento di coesione in una nazione culturale di antiche origini.

Dopo questi festeggiamenti per l’anniversario dell’unità d’Italia, gli “anti-federalisti” si chiedono quale sia la necessità di “dividere” l’Italia, optando per un federalismo fiscale che per loro sancisce di fatto una “nuova” divisione dell’Italia.

A queste posizioni anti-federaliste si aggiungono le posizioni “moderatamente preoccupate” di una parte del Paese, interpretate anche dal Presidente della Camera, Gianfranco Fini, che il giorno stesso del passaggio in Bicamerale, esprimeva il suo timore per una situazione che potrebbe degenerare come quella del Belgio, in cui pure se non si arriva ad una secessione nel Paese, ne viene comunque messa fortemente a rischio la coesione.

All’estremo opposto ci sono i sostenitori più convinti del federalismo fiscale, quelli che non vedono nulla di meglio di una riforma come questa per festeggiare i 150 anni di unità nazionale, una riforma che modernizza il paese e instaura il principio “vedo, pago, voto”, compiendo così il primo passo verso la semplificazione burocratica ed amministrativa, verso la fine degli sprechi da parte di quelle Regioni che non si sono dimostrate virtuose nel gestire il denaro pubblico e quindi, nel medio lungo periodo, verso la diminuzione delle differenze fra le varie realtà locali.

Perché il federalismo fiscale

I dati di fatto sono però che il decentramento fiscale è nell’agenda delle riforme di molti Paesi europei e mondiali in quanto l’attribuzione di nuovi poteri agli enti locali è ormai considerata una risposta inevitabile alla ricerca di maggiore efficienza e qualità della spesa pubblica.
In Italia viene considerato un tentativo di sperimentazione di nuove modalità di fornitura dei servizi e una risposta necessaria di fronte alla presa d’atto dei profondi squilibri esistenti all’interno della nostra nazione tra territori. Il motivo sta nella differente capacità di gestire la spesa pubblica nonché nella mancanza di senso di responsabilità da parte di chi queste risorse deve gestirle e che trova “riparo” alla propria inefficienza attraverso un maggiore ricorso alla pressione tributaria.

Il percorso italiano verso il federalismo fiscale è stato più lento e combattuto delle altre realtà europee; dopo decenni di decentralizzazione senza responsabilità e di “federalismo amministrativo”, solo negli ultimi anni questo percorso sembra trovare una concreta realizzazione.

 

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