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Osservatorio lavoro. Tutte le novità per imprese e lavoratori

Osservatorio lavoro. Tutte le novità per imprese e lavoratori

I dati dell’osservatorio della CISL si riferiscono all’occupazione, alla cassa integrazione e alle politiche attive. Li abbiamo affiancati a quelli appena usciti dell’ISTAT sulle retribuzioni e allo studio specifico sul lavoro femminile del Ministero del Lavoro. Tutte le novità sul lavoro per raggiungere i parametri UE del 2020

L’osservatorio del mercato del lavoro curato dalla CISL, ha diramato i dati relativi al mese di maggio. Questi dati, abbinati a quelli dell’ISTAT sulle retribuzioni del primo trimestre 2011 e di aprile, scattano la fotografia dell’Italia dal punto di vista lavorativo e di conseguenza della ricchezza del nostro Paese.

Non occorre dimenticare infatti che è il denaro circolante nelle tasche dei lavoratori ad esprimere il potere d’acquisto di una nazione e di conseguenza la propria forza economica. Nessuna impresa potrà mai crescere se non vende i propri prodotti e non potrebbe venderli se non ci fossero persone in grado di spendere il denaro guadagnato con un onesto lavoro.

Il lavoro femminile è stato analizzato invece da uno studio realizzato dall’Ufficio della Consigliera Nazionale di Parità del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Alessandra Servidori. Si tratta di un “Book in progress”, ovvero di un lavoro sempre attualizzato che avanza man mano che si aggiungono nuove informazioni e pertanto va considerato il preciso momento storico in cui viene preso in considerazione. Per questa ragione, nonostante ci siano dati diversi relativi a periodi diversi, quello che potete visionare cliccando sul link in fondo all’articolo è lo stato attuale dello studio ministeriale aggiornato al giugno 2011.

Trovandoci in un periodo di crisi, il primo dato che emerge dall’osservatorio della CISL è la situazione della cassa integrazione, che si divide in ordinaria (CIGO), straordinaria (CIGS) e in deroga (CIGS) [Per un approfondimento sulla cassa integrazione vedi il nostro servizio speciale].

Il dato è ancora preoccupante poiché in tutto le ore di cassa integrazione sono aumentate rispetto all’anno precedente e tornate ai livelli critici di oltre 100 milioni di ore (esattamente 103 milioni) solo nel mese di maggio. Tra queste – riportiamo le parole precise dello studio – “per quanto riguarda la cassa ordinaria (CIGO), le ore autorizzate sono sostanzialmente invariate, passando da 19,2 a 19,9 milioni. Deciso è invece il calo rispetto allo stesso mese dello scorso anno (-42,6%), quando le ore autorizzate furono 34,7 milioni.  Il numero di ore di cassa integrazione straordinaria (CIGS), pari a 51,7 milioni nel mese di maggio, registra un aumento del 13,2% rispetto a maggio 2010, e del 22% nei confronti di aprile 2011, mese in cui le ore autorizzate sono state 42,3 milioni.
La cassa in deroga (CIGD), con 31,7 milioni di ore, è pressoché stabile, con un leggero aumento rispetto ad aprile 2011 (3,8%), mentre rispetto allo stesso mese dell’anno precedente si riduce dell’11,46%”.
Ricordiamo che alla cassa integrazione guadagni straordinaria possono far ricorso solo le aziende in crisi e di conseguenza un così forte aumento è un segnale di allarme che purtroppo si è stabilizzato nel tempo, poiché è proprio la CIGS a far registrare da anni i valori più alti.

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La stima dei lavoratori per i quali è stata richiesta la cassa integrazione nel mese di maggio è di 600 mila.
La cassa integrazione guadagni ha un andamento altalenante che non permette di fare previsioni a breve termine sull’uscita dalla crisi.
Si è deciso di indagare anche a livello settoriale, per avere un’idea dei comparti economici più in crisi rispetto agli altri (si ricorda che solo le aziende in crisi possono far ricorso alla CIGS) ed è emerso dai dati che nel settore industriale, seppur calano le CIGO e le CIGD, pesa l’aumento della CIGS che è stata richiesta soprattutto dalle imprese del meccanico e del metallurgico. Anche il commercio vede notevoli aumenti delle richieste di CIGS e di CIGD. Sia le imprese dell’industria che dei servizi continuano dunque a navigare in brutte acque.

La vera criticità – afferma la Cisl – sta nel fatto che rimane alto il numero complessivo di ore autorizzate, che continua ad oscillare intorno ai 100 milioni di ore mensili. Inoltre, i lavoratori in cassa integrazione vengono riassorbiti dal mercato con troppa lentezza e difficoltà. Per questa ragione l’organizzazione sindacale invita il Governo ad approntare misure urgenti per l’occupabilità, come la riqualificazione professionale o il miglioramento dell’incontro tra domanda e offerta che vanno applicate in tutte le Regioni italiane. Come avrete visto dai nostri articoli infatti solo alcune Regioni applicano delle misure straordinarie per sostenere l’occupabilità.
In realtà un accordo con tutte le Regioni è stato siglato dal Governo in data 20 aprile 2011 e prevede che vengano finanziati gli ammortizzatori sociali in deroga per il biennio 2011/2012 per il 60% dallo Stato e per il 40% dalle Regioni (prima il rapporto era 70%/30%). Lo stanziamento previsto dalla Legge di Stabilità (quella che una volta per lo Stato si chiamava Legge Finanziaria) è di 1 miliardo e 600 milioni di euro per gli interventi a sostegno del reddito (le varie CIG).
Il Governo punta molto sulla formazione dei lavoratori che sicuramente aumenta il livello di occupabilità, poiché si acquisiscono in tal modo competenze qualificate.
Inoltre l’intesa conferma l’impegno delle Regioni a rendere effettiva l’accettazione di un lavoro congruo o un percorso di ricollocazione dei lavoratori licenziati o sospesi. I lavoratori che non accettano tali nuovi impieghi o percorsi di formazione, devono essere segnalati all’Inps.

Attualmente, a livello territoriale le ore di CIG sono state richieste in tutta Italia con un aumento lieve nell’Italia del Nord, nel Sud e nelle isole. Ma a preoccupare è l’Italia centrale, dal momento che lì le ore richieste sono aumentate rispetto al mese precedente del 40% ca.

 

 

Disoccupazione e retribuzioni. C’è un nesso?

Ad aprile di quest’anno sono state presentate 66 mila domande di disoccupazione, mentre ad aprile del 2010 ne erano state presentate 75 mila, il che significa che c’è stato un calo del 12,5%.
Secondo i dati presentati dall’Istat però è in calo anche il numero degli occupati, che scende di 71 mila unità. Evidentemente chi ha perso il lavoro non ha presentato domanda di disoccupazione.
Secondo l’Istat ciò significa che queste persone hanno rinunciato a cercare un altro lavoro; infatti aumenta notevolmente il numero degli inattivi (+ 152 mila unità) che equivale a oltre il 38% delle persone in età lavorativa. Gli inattivi sono soprattutto uomini.

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Ad aprile 2011 risultano essere occupate quasi 23 milioni di persone, il che significa che il tasso di occupazione è pari al 57% circa della popolazione. Dopo uno sprint di aumento del numero di occupati, nel mese di aprile, come è evidente dal grafico, l’occupazione è tornata dunque a scendere.
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Secondo la Cisl occorre far caso al dato degli inattivi, poiché non è mai stato così alto, da un anno a questa parte, il numero delle persone che rinunciano a cercare lavoro. Ciò potrebbe significare, afferma il sindacato confederato, che il mercato del lavoro sia pericolosamente bloccato anche se Unioncamere segnala che, secondo le proprie stime, una ripresa delle assunzioni ci sarà, durante quest’anno.

Ma – questa è una nostra riflessione scaturita dalle nostre inchieste già pubblicate – potrebbe anche significare che c’è un aumento di lavoro nero. È difficile infatti pensare che una persona che ha perso il posto di lavoro rimanga ferma senza cercare una nuova occupazione. E se il nostro ragionamento è esatto, si dovrebbero considerare i motivi che spingono le aziende ad “assumere” in nero invece che con regolari contratti di lavoro: forse occorrerebbe mettersi anche nei panni di un datore di lavoro e vedere qual è l’effettivo costo di un lavoratore soprattutto dal punto di vista contributivo.

Le ricerche effettuate dall’Istat parlano di retribuzione e costi del lavoro nei seguenti termini: nel primo trimestre 2011 le retribuzioni di una persona assunta a tempo pieno (ULA) sono aumentate dello 0,7% rispetto al trimestre precedente (del 2,6% rispetto allo stesso trimestre del 2010). Le retribuzioni sono aumentate del 4% nel settore industriale (quello maggiormente in crisi, che è ricorso abbondantemente alla cassa integrazione straordinaria) e dell’1,4% in quello dei servizi.
Gli aumenti più alti sono arrivati nelle buste paga dei dipendenti nel settore della fornitura di energia elettrica, gas e aria condizionata: ben il 14%. Invece i dipendenti del settore delle attività finanziarie e assicurative – un settore molto nutrito in Italia, e dunque con un alto livello di concorrenzialità – si sono visti calare le retribuzioni del 3,7%.

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E per quanto riguarda i cosiddetti oneri sociali, ovvero la tassazione e la contribuzione, il costo di un singolo lavoratore è aumentato del 3% nel primo trimestre e l’incremento è maggiore per i lavoratori dell’industria (+ 3,8%) e minore per quelli dei servizi (+2,3%).
Simili aumenti sono piuttosto pesanti per una imprenditrice o un imprenditore e vanno controbilanciati da servizi adeguati per il lavoratore.
Dal punto di vista della tassazione delle lavoratrici, la Banca d’Italia ha realizzato nel mese di maggio uno studio che riguarda gli effetti della struttura fiscale come disincentivo alla partecipazione femminile.
Essa ha mostrato infatti un conflitto tra le esigenze di sostenere il reddito delle famiglie e l’ampliamento dell’occupazione femminile. Una proposta è di tassare di meno i redditi delle lavoratrici, ma ciò comporterebbe un’ingiustizia.
Per questo motivo ci si continua a chiedere cosa fare per aiutare le donne a trovare un’occupazione stabile, dal momento che i datori di lavoro sono tuttora spaventati dalla possibilità che una donna si assenti per un lungo periodo a causa della maternità e dell’allattamento.

Per quanto riguarda le donne sono state comunque previste dal Ministero del Lavoro alcune regole che i datori di lavoro dovranno seguire. Si tratta delle azioni a sostegno delle politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro, che riportiamo qui sotto:

Ministro sacconi: testo avviso comune ooss
Azioni a sostegno delle politiche di conciliazione tra famiglia e lavoro

Orari

  • -contrattazione di regimi di orario di lavoro modulati su base semestrale o annuale e correlati alla conciliazione;
  • -possibilità di beneficiare di particolari forme di flessibilità di orario in entrata e in uscita, entro i primi tre anni di vita del bambino, fermo restando il monte orario complessivo previsto dalla contrattazione collettiva di riferimento;
  • -possibilità di ricorso alla banca delle ore e, là dove possibile, di meccanismi di banca ore specificamente dedicati ai lavoratori e lavoratrici con esigenze di conciliazione, entro i primi ventiquattro mesi di vita del bambino;
  • -possibilità, compatibilmente con le esigenze di servizio, di usufruire, a fini di conciliazione, di orario di lavoro concentrato, inteso come orario continuato dei propri turni giornalieri;
  • -impegno, compatibilmente con le esigenze di servizio, a trovare possibili soluzioni negoziali in merito alle esigenze legate alla fase di inserimento dei figli nei servizi socio educativi, nella scuola per l’infanzia e nel primo anno di scuola primaria.

 

Lavoro a tempo parziale

  • -possibilità della trasformazione temporanea del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale per un periodo corrispondente almeno ai primi tre anni di vita del bambino ovvero per oggettive e rilevanti esigenze di cura di genitori e/o altri familiari, entro il secondo grado, con diritto al rientro a tempo pieno;

Telelavoro

  • -possibilità dell’impiego del telelavoro, anche misto, in periodi con maggiori esigenze di conciliazione;

 

Permessi

  • -utilizzo dei permessi accantonati in flessibilità individuale o banca delle ore da far fruire in via prioritaria ai lavoratori con oggettive esigenze di conciliazione;
  • -possibilità di concordare con il datore di lavoro, nel caso di documentata grave infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado, diverse modalità di espletamento temporaneo della attività lavorativa, (ad es. a risultato, telelavoro, oppure utilizzando “ad ore” i giorni di permesso o congedo per gravi motivi familiari);
  • -possibilità di concedere permessi non retribuiti al dipendente in caso di malattia del figlio entro i primi otto anni di vita;

 

Rientro dalla maternità

  • -impegno, al rientro dalla maternità, di assegnare la lavoratrice alle stesse mansioni ovvero a mansioni equivalenti;
  • -verifica della possibilità di fornire alla lavoratrice o al lavoratore, durante il congedo di maternità e i congedi parentali nonché al rientro, corsi mirati di aggiornamento/formazione assicurando il pieno reinserimento professionale;

 

Welfare aziendale

  • -forme di welfare aziendale, anche incentivate, rese anche per il tramite degli enti bilaterali;

 

Criteri di valutazione della produttività

  • -Individuazione congiunta di criteri innovativi in grado di cogliere incrementi di produttività dei lavoratori che beneficiano di misure di conciliazione.

 

Congedi parentali

  • -Verifica della possibilità, per lavoratori e lavoratrici, di usufruire del congedo parentale in modalità di part time, allungandone proporzionalmente la durata compatibilmente con le esigenze di servizio.

Questi dunque sono i provvedimenti in essere per quanto riguarda il lavoro femminile, affinchè vengano supportate le donne nel loro doppio lavoro di cura della casa e della famiglia e di lavoro esterno, in un Paese che ha il seguente andamento occupazionale:

Il futuro del lavoro

L’Unione Europea ha stabilito dei parametri da raggiungere  nell’anno 2020. Essi prevedono l’aumento del tasso di occupazione femminile e giovanile e, secondo i calcoli effettuati dallo Stato, per raggiungere tali parametri occorrerà un investimento di 3,5 miliardi di euro ogni anno.
Di conseguenza il Governo ha necessità di attuare al più presto le riforme con al centro le politiche sul lavoro e l’occupazione. La prima che ha dichiarato di voler attuare è quella sull’apprendistato.

Il contratto di apprendistato è finora stato troppo poco utilizzato e il Governo intende innanzitutto scoprire perché e anche perché in certe Regioni è meno utilizzato. A questo proposito, il Governo ha siglato da alcuni mesi un’intesa con le parti sociali e le Regioni per stabilire quale normativa sia applicabile al riguardo a seconda dei singoli territori e dei settori di attività.
Il Ministro Sacconi punta sulla promozione dell’apprendistato “per rendere più occupabili i lavoratori con basse qualifiche. E punta in particolare sulla promozione dell’apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione, mentre per l’apprendistato «professionalizzante», una delle quattro forme previste, la più diffusa nell’industria e nel terziario, si punterà ad ottenerne un’attuazione uniforme e immediata su tutto il territorio nazionale”.

Seconda mossa allo studio è il disegno di legge delega sullo Statuto dei lavoratori. In pratica si vuole creare un nuovo Testo Unico sulla materia che semplifichi la normativa esistente.
Questo Testo Unico dovrà raccogliere anche le norme relative ai lavoratori a progetto, quelli a committenza unica, ecc.. Alla contrattazione collettiva (quella portata avanti dai sindacati) sarebbero affidate le tutele dei lavoratori definite in base non solo alle aziende dei diversi comparti economici ma anche ai territori in cui si opera (anche derogando dalle leggi esistenti).

Allegati

pdf Lavoro-femminile-Ministero-pol-soc.pdf

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