Politica e donne

La sfida di Donna In Affari ai politici italiani

Donna in Affari

La sfida di Donna In Affari ai politici italiani

Come tutte le nostre lettrici e i nostri lettori sanno, la nostra è l’unica testata giornalistica registrata in Italia specializzata nei temi del lavoro, della formazione e dell’imprenditoria femminile.

Come tutti i giornali, per Legge, offre a parità di condizioni la possibilità di pubblicare inserzioni per la campagna elettorale a tutti i partiti e i candidati politici. Finora nessuno però ha raccolto la sfida: il nostro dubbio è che l’elettorato femminile non venga considerato interessante dai candidati del nostro Paese.

La poca considerazione che la società italiana sembra avere per le donne si ripercuote anche nella politica: poche le donne candidate, troppo spesso agli ultimi posti nelle liste elettorali affinché – in base alla normativa vigente – non possano essere elette, dal momento che potranno essere eletti solo i candidati che occupano le prime posizioni nella lista di appartenenza. Non solo: nessun interesse per le elettrici, nonostante la popolazione italiana sia composta più da donne che da uomini e nonostante le donne abbiano un tasso di scolarizzazione più elevato, con titoli formativi maggiori rispetto agli uomini sia per quantità che per qualità (voti conseguiti). Quasi nessun candidato al Parlamento si preoccupa di rivolgersi alle donne se non in sporadiche occasioni che a volte hanno il sapore della strumentalizzazione e dell’opportunismo. Tanto per fare un esempio, nei programmi – che molti partiti tengono ben celati al proprio interno preoccupandosi solo di fare la guerra retorica ai propri concorrenti – si fa un accenno a volte al problema della parità dei diritti uomo/donna sui posti di lavoro, ma non sembra sia un punto di forza che valga la pena di evidenziare. Dalle nostre pagine denunciamo la totale assenza di parità di diritti nei luoghi di lavoro ma questo non influisce di certo sui decisori politici che evidentemente credono che le donne debbano essere sottomesse agli uomini per legge naturale. Così si deve fare una lotta titanica per riuscire a raggiungere almeno un minimo di percentuale di donne che possano avanzare nella carriera al pari degli uomini o avere una retribuzione – a parità di titoli e di anni di carriera – che almeno si avvicini alla loro.

Quando abbiamo lanciato il nostro giornale presentandolo, tutti gli uomini che abbiamo contattato hanno reagito con frasi del tipo: “bel giornale, certo, ma ce ne sono tanti di giornali femminili: parlate di trucco, gossip, ricette, oroscopi, vero?” dimostrando non solo di non aver capito un bel nulla di ciò di cui ci occupiamo nello specifico, ma di considerare questi gli interessi principali delle donne. Con tutto il rispetto per le donne che hanno tali interessi, non credete che le donne di oggi, impegnate nel lavoro e nello studio e nell’imprenditoria, abbiano interessi più articolati? A quanto sembra invece la visione maschile continua a essere quella di donne che stanno chiuse in cucina a preparare la cena ai mariti che tornano stanchi dal lavoro, donne che hanno passato la giornata a districarsi tra lavatrici e pannolini e il cui impegno doveroso è scegliere una mise erotica per eccitare i propri compagni – che dopo una giornata di duro lavoro hanno diritto a divertirsi ed essere soddisfatti nei propri piaceri culinari o sessuali che siano. L’unico svago che si concede loro? Leggersi un po’ di gossip per vedere quali scandali abbiano coinvolto le star del momento, giusto per “tenersi informate”. Chiediamo alle nostre lettrici: vi riconoscete in questa figura femminile modello standard degli anni ’50? Perché sembra che gli uomini ci vedano così.

Dunque ci chiediamo: possibile che chi scende in politica abbia questa visione di chi appartiene al genere femminile? Possono le donne sentirsi rappresentate da chi le considera in tal guisa? E ancora, tornando alla nostra sfida iniziale: perché le inserzioni della campagna elettorale (che vengono pagate con fondi pubblici) non le ritroviamo sui giornali diretti a un pubblico femminile?
Vediamo un po’ la pubblicità elettorale: sapete quanti politici sono in un modo o nell’altro coinvolti nella proprietà di una testata giornalistica? E quanti giornali sono schierati politicamente? Tanti, tantissimi, troppi. Ed è quindi una conseguenza naturale che, tramite una serie di accordi politici e commerciali e di sinergie strategiche, siano solo questi giornali ad ottenere le pubblicità elettorali.
Per quanto riguarda Donna In Affari, ha un target femminile di alto livello culturale, non è schierato politicamente, la proprietà è di un’associazione culturale non profit (FLIDON – Formazione, Lavoro, Imprenditoria Donna) dunque quale interesse potrebbe avere per un politico? Questa è la domanda che si pongono – supponiamo – i candidati con la mentalità antiquata di cui sopra. Eppure i candidati e i partiti politici ignorano che il numero delle nostre lettrici e dei nostri lettori è molto alto e che si tratta di elettrici ed elettori importantissimi, perché particolarmente attivi nella società italiana e coinvolti nel nostro tessuto economico produttivo e culturale.

Dunque rieccoci alla sfida iniziale: fateci vedere di cosa siete capaci, mostrateci quali battaglie siete in grado di portare avanti a favore delle donne una volta eletti, nostri cari candidati e partiti politici. Ve la sentite di rivolgervi con cognizione di causa all’elettorato femminile? Cosa proponete, cosa vi offrite di fare per la parità reale dei diritti?
Il nostro giornale non è schierato politicamente e offre informazione pura e libera, ma – come impone la legge e la deontologia professionale – non fa campagne elettorali mascherate sotto forma di informazione, per cui se volete fare una campagna elettorale, noi vi offriamo degli spazi a pagamento, dai costi bassi e concorrenziali, ma ben evidenziati come pubblicità elettorale a pagamento, rivolti a tutti alle stesse condizioni (par condicio). Questo significa offrire alle nostre lettrici e ai nostri lettori un servizio reale perché le campagne elettorali devono essere a pagamento e non rappresentare scambi di favore, logiche opportunistiche, ritorni economici indiretti.

Allegati

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