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Expo Milano 2015 per la Green Economy

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Expo Milano 2015 per la Green Economy

La prima esposizione universale della Green Economy. Questa sfida è parte integrante del progetto che stiamo realizzando. Così ha dichiarato Giuseppe Sala, il Commissario unico per Expo Milano 2015 in occasione della presentazione del Rapporto GreenItaly 2013

Il Rapporto annuale realizzato da Unioncamere e Fondazione Symbola è stato presentato negli scorsi giorni a Milano proprio nella sede di Expo 2015, che – lo ricordiamo – avrà come tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”.

 

Sostenibilità ambientale, lotta alla fame nel mondo, rispetto per la vita in ogni sua forma. Questi sono i principi sui quali si dovrà basare l’economia del futuro, la Green Economy. Le imprese che investono nel Green e che seguono i principi etici di rispetto per l’uomo e la natura sono soprattutto quelle a conduzione femminile, come hanno evidenziato numerose ricerche. Che siano dirette da donne o da uomini comunque un dato è certo: saranno queste a dover guidare l’economia del futuro, a partire da oggi.
Il rapporto Green Italy dà dunque l’occasione per una lettura diversa della nostra economia, in cui qualità, innovazione e sostenibilità rappresentano le parole d’ordine per superare la crisi. Non per nulla attualmente si sono iniziate a muovere in questo ambito ben 330mila imprese italiane (il 22% del totale), imprese che permetteranno quest’anno di trovare lavoro a 216mila persone. Il 61% dei nuovi addetti in Ricerca & Sviluppo sono proprio i giovani dei Green Jobs.

In occasione della presentazione del rapporto, che alleghiamo all’articolo, Giuseppe Sala ha dichiarato che il tema prescelto per la nostra Esposizione Universale servirà a far “riflettere sui nuovi modi per produrre cibo con minor impatto sulle risorse naturali. Come ricorda il rapporto GreenItaly, siamo un Paese attivo e intraprendente, cui sta a cuore il destino del Pianeta. Questo è ciò che Expo Milano 2015 deve far emergere e ha il compito di raccontare. La promozione di pratiche di sostenibilità ambientale, come richiesto dalla Dichiarazione finale di Rio+20 è elemento cardine nel lascito che l’Esposizione Universale del 2015 darà al mondo”.

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Naturalmente l’impulso primario in questa direzione lo ha dato anche l’organizzazione stessa dell’Esposizione: la società che la organizza ha già introdotto nelle proprie attività e pratiche di acquisto criteri di ecosostenibilità oggetto di policy europee e internazionali e ha invitato i Paesi Partecipanti ad applicare specifiche linee guida sul “green procurement”, per l’acquisto di differenti categorie merceologiche (dalle stoviglie monouso biodegradabili agli imballaggi in materiale riciclato, alla legna proveniente da pratiche di forestazione sostenibile utilizzata per gli arredi).
Nella stessa direzione si stanno muovendo tutte le aziende partner della manifestazione, che doteranno di infrastrutture energetiche e di telecomunicazione all’avanguardia e a basso impatto ambientale la Digital Smart City di Expo Milano 2015. Poiché le imprese etiche vanno premiate, allo scopo di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di articoli ecosostenibili Expo 2015 S.p.A. ha sostenuto la realizzazione di “SiExpo”, una piattaforma online dove chi parteciperà all’Esposizione Universale potrà entrare in contatto con aziende virtuose che realizzano prodotti sostenibili. “In questo modo” ha detto Sala “Expo Milano 2015 non sarà soltanto uno stimolo per il sistema imprenditoriale, ma sarà un reale punto di svolta per la ‘green economy’ e la ‘green growth’ nazionale e mondiale”.

Ma cos’ha evidenziato il Rapporto GreenItaly, giunto alla sua quarta edizione? Nel ricostruire la forza e mettere in mostra le eccellenze della green economy italiana, ha dato conto anche delle possibilità di lavoro che si sono aperte in questo campo: quest’anno saranno i green jobs a fare la parte del leone in campo occupazionale, dal momento che il 38% di tutte le assunzioni programmate per quest’anno nell’industria e nei servizi (esattamente 216.500 su un totale di 563.400) sarà in campo “verde”. Non solo: i green jobs sono i protagonisti dell’innovazione in quanto copriranno il 61,2% di tutte le assunzioni detinate alle attività di ricerca e sviluppo delle aziende italiane. Al momento si calcola che siano tre milioni i green jobs disponibili.
In tema di occupazione giovanile, segnaliamo che il 42% del totale delle assunzioni under 30 programmate quest’anno dalle imprese dell’industria e dei servizi con almeno un dipendente verrà fatto proprio da quel 22% di aziende che fanno investimenti green.
Se poi guardiamo ai green jobs dal fronte della stabilità occupazione il rapporto evidenzia come, tra le assunzioni a carattere non stagionale, l’incidenza delle assunzioni a tempo indeterminato è del 52%, mentre scende al 40,5% per le figure non connesse al settore green.

Responsabilità etica e opportunità di lavoro a braccetto dunque, per non parlare dell’economia che potrà riprendersi a questo diverso modo di pensare ed agire. Alla green economy italiana si devono infatti ben 100,8 miliardi di euro di valore aggiunto prodotto nel 2012: il 10,6% del totale dell’economia nazionale. In una nota congiunta di Unioncamere e Symbola si legge “la green economy è un nuovo paradigma produttivo che esprime, nel nostro Paese, la parte propulsiva dell’economia: dall’inizio della crisi, nonostante la necessità di stringere i cordoni della borsa, più di un’impresa su cinque ha scommesso sulla green economy. Che è stata, quindi, percepita come una risposta alla crisi stessa, e non ha deluso le aspettative.

Chi investe green è più forte all’estero. Lo dicono i dati del rapporto: il 42% delle imprese manifatturiere che fanno eco-investimenti esporta i propri prodotti, contro il 25,4% di quelle che non lo fanno. Inoltre le imprese green sono innovative: il 30,4% delle imprese del manifatturiero che investono in eco-efficienza ha effettuato innovazioni di prodotto o di servizi, contro il 16,8% delle imprese non investitrici. E non dimentichiamo infine la parte principale per chi apre un’azienda: la redditività: il 21,1% delle imprese manifatturiere eco-investitrici ha visto crescere il proprio fatturato nel 2012, tra le non investitrici è successo solo nel 15,2% dei casi.

L’economia green investe tutti i settori e tutti i campi in modo trasversale: ogni azienda italiana può decidere di fare investimenti sulla eco-sostenibilità; si tratta quindi – come sottolineano i curatori del rapporto – di un tracciante verde che percorre il sistema produttivo italiano e che, a ben guardare, delinea il ritratto più fedele del nuovo Made in Italy. Scorrendo l’elenco dei settori che investono green con più convinzione, infatti, si trovano proprio quelli trainanti del Made in Italy, quelli più tradizionali e quelli di più recente acquisizione: il comparto alimentare (27,7% contro una media del complesso dell’industria e dei servizi del 22%), quello agricolo (49,1%),  il legno-mobile (30,6%), il settore della fabbricazione delle macchine ed attrezzature e mezzi di trasporto (30,2%), e poi tessile, abbigliamento, calzature e pelli (23%).

Il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, ha così dichiarato al riguardo: “GreenItaly ci racconta di un’Italia che sa essere più competitiva e più equa, perché fondata su un modello produttivo diverso. In cui tradizione e innovazione, sostenibilità e qualità si incrociano realizzando una nuova competitività. L’Italia non una delle vittime della globalizzazione ma, anzi, un Paese che ne ha approfittato per modificare profondamente la propria specializzazione internazionale, modernizzandola, proprio grazie alla green economy. Creando valore aggiunto in settori in cui ci davano per spacciati e creando nuove specializzazioni in altri settori, in cui siamo oggi leader.  L’Expo 2015 è un’occasione unica per presentare al mondo questo modello di sviluppo e l’Italia come suo autorevole paladino. Se vogliamo che questo modello vincente contagi tutto il nostro sistema produttivo, dobbiamo sostenerlo. Anzitutto liberandolo dagli ostacoli che incontra lungo il cammino, primo fra tutti l’eccesso di burocrazia. E poi con politiche industriali e fiscali più green: nelle tecnologie, nella formazione, nella tassazione del lavoro, nel credito, negli investimenti.”

Ermete-RealacciErmete Realacci, presidente della Fondazione Symbola per le qualità italiane, ha aggiunto: “non sarà certo la politica economica dell’Adda passà ‘a nuttata, per dirla con De Filippo, a tirarci fuori dalla crisi. L’Italia deve affrontare i suoi mali antichi, che vanno ben oltre il debito pubblico e che la crisi ha reso ancora più opprimenti: le diseguaglianze sociali, l’economia in nero, quella criminale, il ritardo del Sud, una burocrazia spesso persecutoria e inefficace. Deve rilanciare il mercato interno, stremato dalla recessione, dall’austerità e dalla paura. E deve saper fare tesoro della crisi per cogliere le sfide, e le opportunità, della nuova economia mondiale”. Come? “Scommettendo sull’innovazione, la ricerca, la qualità, la green economy, per rinnovare il suo sapere fare, la sua vocazione imprenditoriale e artigiana. L’Italia, insomma, deve fare l’Italia. La prossima Expo di Milano, pensata dopo la crisi, può essere anche la prima esposizione mondiale della green economy”.

La green economy fa già parte del presente della nostra economia ma deve ancora coinvolgere il resto dell’imprenditoria per diventarne il futuro e, come auspicano i due presidenti, “a questo tracciante verde dell’Italia migliore deve guardare con più curiosità e attenzione la politica quando ragiona di sviluppo e rilancio. E non può non farlo Expo 2015: che, partendo dalle fila dell’agroalimentare e dipanandole lungo la filiera e i territori, rappresenterà una straordinaria occasione di rilancio del sistema paese, che in questa green economy ha la sua avanguardia”.

Alleghiamo l’intero rapporto e riportiamo di seguito i dati principali della “geografia degli eco-investimenti e dei green jobs” forniti dai curatori.

imprese-italiane-che-investono-nel-greenLa green Italy è diffusa in modo piuttosto uniforme lungo tutto lo Stivale. Tuttavia, vista la diversa concentrazione delle imprese nelle diverse regioni del Paese, trova nel Nord il suo punto di forza: quasi 170 mila delle nostre 328mila imprese green, ossia il 52% del totale, si trovano al Nord, di cui 94mila nel Nord-Ovest (28,7%) e circa 75.600 nel Nord-Est (23,1%).  Un’altra buona fetta di imprese verdi si trovano al Meridione, ben 93.500 (28,5%), mentre nel Centro si fermano a 64.800 (19,8%).
Analogamente scendendo a livello delle singole regioni, spicca il numero di imprese lombarde che hanno fatto o faranno ecoinvestimenti: più di 60mila, ovvero il 18% delle imprese green di tutto il Paese. Nulla da stupirsi, dunque, se è la Lombardia a guidare la classifica regionale per  numero delle imprese che tra il 2008 e il 2013 hanno investito o investiranno in prodotti e tecnologie verdi. Segue il Veneto con 30.670 imprese che puntano sull’eco-efficienza (9,4%), terza posizione a pari merito  davanti all’Emilia-Romagna e il Lazio, dove sono presenti, in ciascun territorio, poco più di 28mila imprese (8,6%). Seguono Piemonte, Campania, Toscana e  Puglia, rispettivamente con 23.690, 22.540, 21.440 e 20mila imprese attente alle loro performance ambientali. E quindi troviamo la Sicilia, a quota 19.760, e le Marche, che si attestano a 9.830 imprese green. Passando dalle Regioni alle Province, Roma non rinuncia al suo ruolo di Capitale e guida la classifica provinciale per numero di imprese investitrici nell’eco-efficienza con 20.450 imprese green (pari al 6,2% del totale nazionale delle imprese verdi). Sul podio anche Milano, seconda a quota 18.400 imprese (pari al 5,6% del totale nazionale), e Torino, terza con 11.090 imprese (3,4%).
 
Le green valleys italiane: geografia dei green jobs

I territori più ricchi e ‘affamati’ di competenze verdi sono quelli a maggiore presenza di imprese eco-investitrici:  il 35,6% del totale nazionale delle assunzioni non stagionali di green jobs in senso stretto previste dalle imprese industriali e dei servizi (con dipendenti) per il 2013 si concentra infatti nel Nord-Ovest, con 16.600 assunzioni, grazie soprattutto alla Lombardia, dove se ne contano quasi 11.600, e al più contenuto contributo del Piemonte, regione dalla quale arrivano oltre 3.500 assunzioni di green jobs in senso stretto (quarta regione della graduatoria assoluta) che corrispondo ad un apprezzabile 7,9% del totale nazionale. 
Ma anche il Nord-Est e il Mezzogiorno fanno segnare una presenza importante per domanda di green job: il Mezzogiorno vanta 11mila assunzioni green, mentre il Nord-Est sfiora quota 11mila. In entrambi i casi si parla di circa  il 23/24% del corrispondente fabbisogno complessivo nazionale. Per il Nord-Est spicca l’Emilia-Romagna, con quasi 5mila assunzioni (seconda regione per valori assoluti) che corrispondo ad un decimo (10,4%) del totale nazionale, e il Veneto (circa 3.600 assunzioni; 7,7% del totale Italia). Per il Mezzogiorno, invece, si distingue la Campania, dove sono previste per il 2013 quasi 3.500 assunzioni di green jobs in senso stretto (7,3% del totale nazionale), seguita dalla Sicilia (2.500; 5,4%) e dalla Puglia (1.300; 2,8%). Completa il quadro dei nostri ‘distretti verdi’ il Centro, dove si concentra il 17,4% della domanda nazionale di green jobs in senso stretto (8.100 assunzioni).
Sul podio delle province per valore assoluto delle assunzioni non stagionali di green jobs in senso stretto previste dalle imprese nel 2013 troviamo Milano, al primo posto grazie a 6mila assunzioni di queste figure (12,9% del totale nazionale), Roma (3.400; 7,3%) e Torino (2.300; 5%).

 

Edo-RonchiAgricoltura, dove la competitività va a braccetto con qualità e sostenibilità

La nostra agricoltura è una delle più competitive a livello europeo con primati nel valore aggiunto per ettaro (2.181 euro/ha, il triplo di quello del Regno Unito, il doppio della Spagna, quasi il doppio della Francia, 1 volta e mezza di quello tedesco), occupati agricoli ad ettaro (10,1 ogni ogni 100 ha, il triplo rispetto a Francia, Germania e Spagna, quasi 6 volte quello del Regno Unito), export nel mondo e sicurezza alimentare.
Riguardo a questo ultimo aspetto, basti pensare che il settore agricolo italiano vanta il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite (0,3%), inferiori di 5 volte a quelli della media europea (1,5% di irregolarità) e di 26 volte a quelli extracomunitari (7,9%).  Risultati importanti, raggiunti anche grazie alla scommessa sulla qualità e sulla sostenibilità.  Quasi la metà (49,1%) delle imprese con produzione prevalente agricola con dipendenti, infatti, negli ultimi tre anni (2010-2012) ha adottato metodi e tecnologie per la riduzione dei consumi di energia ed acqua. Si tocca la punta del 63% nel settore delle coltivazioni di serra e dei vivai, dove il consumo di acqua ed energia è piuttosto elevato.

Start-up

Delle circa 117mila ‘vere’ nuove imprese (iscrizioni al Registro delle imprese che non siano frutto di trasformazioni, scorpori, separazioni o filiazioni) nate nel primo semestre 2013, quasi 33mila, il 28%, hanno investito in prodotti e tecnologie green nei primi mesi di vita del 2013 e/o prevede di investire nei successivi 12 mesi. Si tratta di una quota molto rilevante, se si pensa che nel corrispondente semestre del 2012 tale incidenza era pari a quasi la metà. Le start-up che fin dall’inizio della loro storia aziendale adottano approcci “green” creano maggiori spazi per assunzioni addizionali di personale: il 21,3% delle start-up nate nel primo semestre del 2013 che realizzano eco-investimenti prevede un aumento del personale nei successivi 12 mesi, quando nel caso di quelle che non investono la quota scende al 12,9%.

 

pdf Rapporto GreenItaly 2013

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