di Mariangela Giusti, Docente di pedagogia interculturale all’Università di Milano Bicocca
In questi giorni prossimi all’inizio del nuovo anno scolastico non si può non parlare di scuola in una rubrica come questa perché le vetrine dei negozi, gli scaffali dei grandi magazzini e degli esercizi commerciali si riempiono di articoli che, in un modo o in un altro, hanno a che vedere con la scuola. Il rientro è imminente, gli edifici scolastici vengono puliti e sistemati per l’arrivo dei ragazzi, le vetrine appaiono piene di novità: è positiva questa sinergia; non è per nulla da sottovalutare. Ogni anno è inevitabile rinnovare un pochino le attrezzature di scuola: gli zaini, gli astucci, grembiuli, grembiulini, diari, pennarelli…
Quando si vedono questi articoli esposti sugli scaffali sembra che tutto sia rimasto uguale a cinque, dieci, perfino a vent’anni fa: le stesse risme di quaderni e quadernoni, gli stessi grembiulini da scuola materna a quadretti rosa o celesti, gli stessi colletti bianchi sul nero del grembiule per le bambine delle scuole elementari.
Anche tante metodologie e contenuti che la scuola propone sono uguali (non tutti, certo…). I cambiamenti maggiori sono proprio nei ragazzi, negli allievi, piccoli e grandi.
Inoltre, è un dato di fatto che è sempre più difficile (rispetto, appunto, a cinque/dieci/venti anni fa) per i genitori seguire i percorsi dei figli a scuola. A maggior ragione per le donne (e uomini) che lavorano nel mondo dell’impresa, degli affari, del business perché il loro tempo è poco e perché sono sempre più sporadici i punti di contatto fra ciò che giorno per giorno fanno per il loro lavoro e ciò che il bambino o la bambina fa a scuola.
Un consiglio che si può dare (soprattutto alle donne che non riescono a seguire molto l’andamento scolastico del figlio) è di fidarsi dell’insegnante o degli insegnanti.
Se si è consapevoli di non essere all’altezza di seguire i programmi e i contenuti, una cosa che si può fare è partecipare alle riunioni rivolte ai genitori e cercare di capire le scelte dell’insegnante (o degli insegnanti, se sono più di uno). Anche se diciamo a noi stesse di “non capire nulla di scuola”, dobbiamo almeno cercare di capire se le scelte dell’insegnante sono (o no) orientate a costruire menti aperte e plurali, menti creative, menti in grado di prendere decisioni e di giocare nell’esperienza le proprie capacità.
Gli adolescenti dei primi decenni del 2000 (ma oramai anche i bambini di 7 o 8 anni) sono abituati all’uso delle tecnologie, a essere connessi con qualche device, fino dagli anni dell’infanzia. Sembra paradossale, ma sono ragazzi che riescono a collegarsi allo stesso modo, con la stessa naturalezza, al mondo del simbolico e al mondo del tecnologico. Sono nativi digitali con l’abilità “innata” verrebbe da dire (e comunque ignota alle generazioni precedenti a quelle attuali) di svolgere più attività cognitive in contemporanea.
Eppure, nonostante ciò, alla base della comprensione e dell’apprendimento, secondo la psicologia dello sviluppo e i modelli teorici attuali, si collocano le emozioni. Le forme di sviluppo dell’intelligenza sono connesse in maniera inscindibile alla crescita emozionale. E’ fuori dubbio la centralità della figura insegnante e la necessità del suo lavoro a sostegno dei soggetti in formazione, però nella gran parte dei casi le emozioni vengono coltivate in famiglia dai genitori, dai nonni. Per molti anni si è ritenuto che la sfera delle abilità cognitive e razionali fosse nettamente distinta dall’ambito affettivo.
All’inizio degli anni Sessanta, le ricerche condotte in ambito cognitivista proponevano la metafora della mente come computer. Ciò ha contribuito a diffondere un modello di funzionamento cognitivo in cui ai fattori emozionali non veniva prestata attenzione. Negli ultimi anni, invece, si è riconosciuto alle emozioni un ruolo importante per le operazioni cognitive come, per esempio, la risoluzione dei problemi o la memorizzazione. Ciò dipende dalla particolare struttura del sistema nervoso centrale.
Le emozioni possono essere un sostegno fondamentale per il pensiero. Si pensi al ruolo che hanno sentimenti positivi come l’ottimismo nel motivare i ragazzi a perseguire gli obiettivi, anche di fronte a difficoltà e insuccessi. Ecco, allora, una buona idea per sfruttare questi ultimi giorni prima della riapertura: fare un giretto insieme per negozi per comprare qualcosa di nuovo perché inizia un nuovo anno scolastico. E magari, in quelle due ore che siamo fuori insieme, affiancare all’acquisto di un piccolo oggetto un racconto d’infanzia, forse una paura che si aveva quando si andava a scuola, o qualcosa che nelle scuole di oggi non c’è più ma che noi ricordiamo benissimo e possiamo raccontare…Cercare insomma, mentre si fanno piccole pese per la scuola, di attivare un canale emozionale. Non è facile e non è detto che ci si riesca. Bisogna mettere nel conto il senso di frustrazione, nel caso che non ci riusciamo… Ma almeno ci si può provare, sapendo che questo non può fare altro che bene al figlio o alla figlia per l’anno scolastico nuovo, che sta appena per iniziare.