Nel Belpaese il 70% dei ginecologi non pratica l’interruzione volontaria di gravidanza
Garantire in Italia il libero e tempestivo accesso ai servizi di aborto legale. Dopo il Comitato europeo per i diritti sociali del Consiglio d’Europa – che lo scorso aprile si era espresso pronunciandosi su un ricorso presentato dalla Cgil e affermando che le donne in Italia continuano a incontrare “notevoli difficoltà” nell’accesso ai servizi d’interruzione di gravidanza – anche il Comitato per i diritti umani dell’Onu si dice “preoccupato per le difficoltà di accesso agli aborti legali a causa del numero di medici che si rifiutano di praticare l’interruzione di gravidanza per motivi di coscienza. Lo Stato dovrebbe adottare misure necessarie per garantire il libero e tempestivo accesso ai servizi di aborto legale, con un sistema di riferimento valido”.
Secondo gli ultimi dati del ministero della Salute, in Italia i ginecologi obiettori, che non praticano l’interruzione volontaria di gravidanza (ivg) prevista dalla legge 194 del 1978, sono circa il 70 per cento. Un dato che si mantiene stabile. Le ivg, di contro, sono diminuite in modo significativo nel corso degli anni: nel 1983 erano pari a 233.976; nel 2013 sono più che dimezzate (102.760) e nel 2014 sono scese sotto le centomila, a 97.535. In 30 anni, quindi, le ivg sono calate di 131.216 unità, mentre i ginecologi non obiettori sono scesi di 117 unità.
Se il ministero parla di numeri “adeguati rispetto alle ivg effettuate”, non è dello stesso avviso la Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 194 (Laiga), che sostiene come l’Italia sia tra gli ultimi Paesi in Europa per tutela della salute delle donne che vogliono abortire con otto Regioni in cui la percentuale di medici obiettori oscilla tra l’80 e il 90 per cento, come in Molise e Campania. Percentuali che, secondo la Laiga, pongono l’Italia quasi ai livelli dei paesi in cui l’aborto è vietato, ovvero Irlanda e Polonia, e ben lontana da paesi come la Francia dove l’obiezione è al 7 per cento, il Regno Unito dove è al 10 per cento o i paesi scandinavi dove l’obiezione di coscienza non si registra del tutto.
A livello regionale, degni di nota sono due progetti messi a punto dalle Regioni Lazio (ancora in corso di approvazione) e Toscana, che stanno studiando la possibilità di offrire alle donne di accedere all’aborto farmacologico con la pillola RU486 anche nei consultori familiari.