Imprenditoria Studi e ricerche

Economia agricola e infiltrazioni della criminalità organizzata

agromafie

Tecnologia e sanzioni più severe le chiavi di volta per arginare il fenomeno delle infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia agricola

di Agnese Cecchini

“Non parliamo di agromafie. Non fa bene al nostro prodotto, alla nostra tutela. La criminalità organizzata non è solo investimento” questa la richiesta del presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti in occasione del convegno promosso dall’associazione sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia agricola che si è tenuto alla Università Luiss lo scorso 25 febbraio. Occasione per mettere a fuoco una mafia che, come un organismo complesso, tocca tutti gli aspetti di una filiera che, per Pil, rappresenta il primo settore in Italia.

Un comparto strategico in cui i 33.045 illeciti amministrativi registrati e le oltre 7mila infrazioni penali sono troppi. E in cui 350.000 agricoltori rischiano la bancarotta per usure e debiti.

Uno scenario in cui tecnologie come la blockchain (una sorta di registro digitale sicuro per gestire delle transazioni richiamato come elemento di tracciabilità inequivocabile di merci e moneta ndr.), attualmente in studio al Governo con un tavolo di lavoro dedicato, possono limitare la facilità del riciclo di denaro nella filiera. Ma anche l’uso di telecamere, cybersecurity e intelligenza artificiale potrebbero rappresentare il chiavistello con cui serrare le maglie del settore. Altrimenti difficile da controllare puntualmente, nonostante gli sforzi delle forze dell’ordine.

D’altronde i dati, e i mercati, passano sul web ed è li che può avvenire la prima contraffazione e manomissione. “Conoscere in anticipo il prezzo dello stock del grano duro in Italia o in un altro Paese può impattare su scelte di produzione o meno di altri Paesi” sottolinea Giansanti. Che non risparmia condanne alla connivenza al settore: “Chi usa strumenti messi a disposizione dalla mafia, è mafioso come i mafiosi”.

“L’Arma controlla il fenomeno del caporalato con centinaia di accessi ispettivi” rassicura intanto Angelo Agovino, generale C.A. comandante unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari dei Carabinieri, che segnala anche operazioni in tutte le fasi dalla produzione, dal trasporto alla commercializzazione.

salviniLa sola Guardia di Finanza ha posto sotto sequestro beni pari a 2 miliardi di euro. I NAS hanno realizzato oltre 53mila controlli, riscontrando più di 19mila risultati di non conformità.

“É importante rivedere l’attuale impianto regolamentare per contrastare efficacemente il fenomeno della contraffazione. Serve la rivisitazione del modello di contravvenzione” sottolinea nel suo intervento Antonio Vincenti dello staff di presidenza coordinamento legislativo di Confagricoltura. Il tema della scarsa pena difatti è uno dei punti deboli della macchina dei controlli, come anche l’assenza di alcuni strumenti per operare all’estero.

“Ricreare compattezza nella filiera agroalimentare” è quanto auspica Alessandra Pesce, sottosegretario di Stato al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che indica nell’inserimento delle pratiche sleali (DdL in discussione a fine maggio) le aste a doppio ribasso e un sistema di controllo e sanzioni più avanzato lungo tutta la filiera.

Efficacia dei controlli e prevenzione le chiavi del successo, come sottolinea anche la prof.ssa della Luiss Paola Severino, che sta portando avanti con gli studenti un lavoro sulla legalità realizzando dei rapporti sulla criminalità nei territori.

“Limitiamo le ipotesi di reato, ma limitiamoci a ipotesi di reato efficaci” esorta Francesco Minisci, presidente dell’Associazione nazionale Magistrati, che sottolinea come “Il reato di associazione mafiosa non esiste fuori dall’Italia”. Sarebbe invece un tassello fondamentale per attaccare le mafie nelle diverse operazioni transnazionali in cui operano.
“Siamo riusciti a ottenere sentenze per atti commessi fuori dalle regioni di origine (per l’associazione mafiosa ndr.)” incalza Minisci. “Occorre completare la convenzione di Palermo del 2000, perché partendo dagli aspetti sociali arriviamo alla condizione giuridica. É così che possiamo proseguire il progetto pensato e costruito da Giovanni Falcone”.
Un nome, quello del magistrato Falcone, uscito più volte nel corso di questo convegno dedicato a esperti del settore, ma anche ai giovani universitari, ospiti della sessione e partecipi in grande numero. Segnale che l’interesse sul tema è vivo e attuale.

Un tema caro al Ministro dell’Interno Matteo Salvini, che è riuscito a partecipare in extremis all’iniziativa. Una stretta di vite confermata dall’interesse e dalla centralità del settore per l’Italia. Il ministro ha posto l’accento anche sulla necessità di controllare l’Italian Sound, la tendenza a chiamare con nomi italiani (o che suonano simili a noti marchi italiani) prodotti esteri per valorizzarne l’appeal sul mercato.
Insomma da fare ce ne è molto e, passato il clima elettorale delle europee, le promesse andranno concretizzate.

Potrebbe interessarti