In 10 anni sono oltre 3,4 milioni i posti di lavoro persi in Europa nel settore delle costruzioni ma mentre negli altri Paesi dopo la crisi gli occupati sono aumentati, in Italia si continuano a perdere posti di lavoro in questo settore
Dal 2008 al 2018 nel settore delle costruzioni si sono persi oltre 3,4 milioni i posti di lavoro in Europa, di cui 539 mila solo in Italia. Ma, mentre gli altri Paesi dell’euro zona si stanno riprendendo dalla crisi del settore, con un aumento degli occupati, il nostro ha continuato a perdere posti di lavoro registrando un esiguo aumento di 5 mila unità solo nel 2017.
La flessione di mezzo milioni di occupati ha coinvolto principalmente i lavoratori italiani (-498 mila), specie i più giovani, mentre è nettamente inferiore tra gli stranieri extra-comunitari (-41 mila) e soprattutto tra gli stranieri comunitari, in gran parte romeni, che registrano una flessione di sole mille unità (-0,8%).
Contemporaneamente è aumentato – e questo deve farci riflettere – il lavoro irregolare nel settore, che è passato dall’11,4% del 2008 al 15,8% del 2016, rendendo l’edilizia il secondo settore produttivo, dopo quello agricolo, con il più alto livello di irregolarità. Il fenomeno si evidenzia soprattutto nel Mezzogiorno, dove quasi un edile su quattro lavora in nero (23,7%). Il lavoro nero nelle regioni del Nord invece si attesta al 10,4%.
Ma cosa ha causato questo crollo dei posti di lavoro? la flessione degli investimenti, che inizialmente è andata di pari passo con la crisi di questo periodo storico: nei 10 anni considerati si registra una diminuzione di oltre 70 miliardi di euro di investimenti, di cui 65 solo nel comparto delle costruzioni.
A mostrare questa fotografia del settore è l’Osservatorio statistico dei Consulenti del lavoro, con il report “Edilizia, una crisi inarrestabile” sugli effetti della crisi nel settore edile negli anni 2008-2018, che è stato presentato a Genova in occasione di “Verso il Festival del Lavoro 2019”, l’evento di anteprima della decima edizione del Festival del Lavoro, che si terrà a Milano dal 20 al 22 giugno 2019.
Come uscire dalla crisi
Secondo i dati dell’Osservatorio dunque, in Italia abbiamo infrastrutture ferme, mercato del lavoro in perdita e sviluppo del Paese bloccato proprio per gli effetti della crisi del settore edile negli anni 2008-2018.
L’evento di “avvicinamento” al Festival del Lavoro, organizzato dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro e dalla Fondazione Studi, si è svolto nel capoluogo ligure in quanto, oltre a manifestare la vicinanza della categoria alla città dopo il crollo del Ponte Morandi, vuole tenere alta l’attenzione sull’urgenza di un piano per ritornare a investire in infrastrutture, allo scopo di far ripartire economia e lavoro. La ripresa incompiuta dell’Italia, infatti, può essere attribuita principalmente ad investimenti insufficienti: la quota di PIL persa durante i 9 anni di recessione economica è pari complessivamente a 8,1 punti percentuali. Percentuale che invece avrebbe potuto incentivare la creazione di 1,2 milioni di posti di lavoro, con il conseguente abbattimento del tasso di disoccupazione.
Dal report elaborato dall’Osservatorio di Categoria si osserva che a subire la contrazione più pesante, pari al 51,3%, sono gli investimenti per la realizzazione di nuove costruzioni, di opere pubbliche e di edilizia non residenziale privata. Una spinta al settore, anche a livello occupazionale, giunge dagli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle infrastrutture esistenti (+74%). Ad incentivare tali interventi per la riqualificazione del patrimonio edilizio gli incentivi fiscali, che hanno svolto un’azione anticiclica, anche se non risolutiva, rispetto alla recessione registrata nel settore. Su 701 miliardi di euro investiti dal 2007 al 2017 in manutenzione straordinaria, 218 miliardi sono stati mossi dagli incentivi fiscali – pari al 31,1% del totale – che per ciascun anno hanno attivato circa 300.000 posti di lavoro. Si conferma quindi l’importante ruolo di rilancio del settore giocato dagli sgravi.
Aumentare di circa 1 miliardo di euro gli sgravi fiscali – si evidenzia nel rapporto – permetterebbe di ridurre il costo del lavoro e di creare una domanda aggiuntiva diretta e indiretta di circa 2 miliardi e 292 milioni di euro, con una ricaduta complessiva sul sistema economico di 3 miliardi e 513 milioni di euro. Questo produrrebbe inoltre un incremento di circa 15-18 mila unità nette di lavoro, di cui 10-12 mila direttamente nel settore delle costruzioni e il restante nei comparti collegati.
“Investire in infrastrutture e ridurre il costo del lavoro sono le direttrici principali con cui fare ripartire l’economia italiana creando occupazione” ha commentato il presidente della Fondazione Studi, Rosario De Luca. “L’esempio del Ponte Morandi ha drammaticamente sottolineato come il sistema delle infrastrutture viarie in Italia sia fermo da oltre 50 anni. Sono rari gli esempi sia di realizzazione di nuove costruzioni, sia di manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere pubbliche esistenti. Riprendere ad investire in questo settore significherà far ripartire l’economia, fare il bene delle aziende, dei lavoratori e dei cittadini italiani, che finalmente potranno godere di un Paese più moderno e sicuro”.