Lavoro Sicurezza

L’impatto del Covid-19 su aziende e lavoratori

I Consulenti del lavoro pubblicano lo studio che analizza l’impatto del Covid-19 su aziende e lavoratori. 8,5 milioni i lavoratori dipendenti a casa. I dati sul blocco delle attività imprenditoriali italiane

Pubblicato lo studio sull’impatto del Covid-19 su aziende e lavoratori realizzato dalla Fondazione studi Consulenti del Lavoro che mostra come in Italia si sia fermato il 65,9% delle imprese italiane e sia a casa il 65,8% dei lavoratori dipendenti. L’indagine è stata condotta tra il 23 e il 25 marzo 2020 chiedendo informazioni a 4.463 consulenti del lavoro.

L’impatto del Covid-19 su aziende e lavoratori. I risultati dell’indagine
8 milioni 434 mila lavoratori dipendenti che in questo periodo non lavorano, in larga parte perché interessati dal fermo imposto dai DPCM dell’11 e 22 marzo scorso, e successive modifiche (5 mln e 717 mila unità, il 44,6%) e in altra misura perché sono in ferie obbligate o bloccati dalla sospensione volontaria delle attività (2 mln e 717 mila, il 21,2%). I restanti 4 milioni 384 mila lavoratori dipendenti (il 34,2%), invece, continuano a lavorare: nel 17,2% dei casi principalmente o in via esclusiva da casa (2 mln 205 mila), in un altro 17% in sede (2 mln e 179 mila).
Il blocco delle attività produttive, unito alla chiusura volontaria di altre, ha portato alla sospensione del 65,9% delle attività imprenditoriali italiane.

L’impatto del Covid-19 su aziende e lavoratori. I commenti degli analisti
Il blocco produttivo causato dall’emergenza si è manifestato in un tessuto già affaticato, dove iniziava a farsi strada un nuovo rischio recessione. Infatti, guardando i dati, è facile notare come l’impatto dettato dal Coronavirus e dai numerosi provvedimenti adottati per contenere il rischio di contagio sia di grande portata e senza precedenti, interessando allo stesso modo sia le imprese delle regioni del Nord Italia, dove la quota delle attività sospese è stimata al 65,7%, sia quelle delle regioni del Centro e del Sud del Paese, dove la percentuale si colloca rispettivamente al 67,4% e 65,4%. Della restante parte di aziende ancora in attività (34,5%), solo l’11,5% continua a lavorare come prima, mentre il 23% segnala comunque un rallentamento del lavoro.

Le anomalie nelle richieste di Cassa integrazione guadagni
A suscitare interesse – spiegano gli analisti del Centro studi dei Consulenti del lavoro – sono soprattutto i dati riguardanti l’avvio delle procedure per richiedere gli ammortizzatori sociali, diffusissimo secondo le prospettive dei Consulenti del Lavoro e in considerazione dello stallo occupazionale che interessa l’Italia. Il 41,5% dei professionisti dichiara di avere riscontrato comportamenti anomali da parte delle organizzazioni sindacali nelle procedure di accesso alla Cigo o Cig in deroga.
Il Centro Italia è l’area geografica dove si riscontrano le maggiori anomalie (45,2%) e le Marche sono la regione con la più alta quota di comportamenti non conformi riscontrati (58,3%).
Tra le principali anomalie, il 59% segnala l’applicazione di istituti contrattuali non coerenti (71,6% al Nord Italia), il 50,6% la richiesta di tesseramenti e la richiesta di pagamento di oneri per i servizi resi.

I modi delle imprese di affrontare l’emergenza
Se si guarda alle misure con cui le imprese stanno fronteggiando l’emergenza, la maggioranza dei Consulenti del Lavoro intervistati (45%) dichiara che le aziende hanno per lo più cercato di adottare un “mix” di misure tra lavoro in presenza, lavoro da casa e ricorso a ferie e permessi, in modo da “diluire” la presenza in sede e ridistribuire i costi dell’emergenza sull’intera comunità aziendale. Una tendenza questa che ha caratterizzato soprattutto le imprese del Nord, presumibilmente più innovative in termini di organizzazione del lavoro (51,3%), rispetto a quelle del Centro (42,1%) e del Sud d’Italia (39,6%).
Il 28,3% dei Consulenti del Lavoro coinvolti dal questionario ha indicato l’utilizzo di ferie e permessi: modalità più diffusa al Centro (33,4%) e al Meridione (30,5%), rispetto al Settentrione. Solo il 10,8% degli intervistati, invece, ha risposto che il comportamento principale adottato delle aziende è il ricorso allo smart working, con le regioni settentrionali che registrano una percentuale leggermente più alta (13,2%), mentre secondo un altro 10,7% di Consulenti del Lavoro le imprese hanno invece cercato di garantire quanto più possibile la presenza in sede di tutti i lavoratori: una percentuale questa che varia dall’8,2% del Centro-Nord al 15,2% del Sud.

Il commento della presidente Marina Calderone
“Gli intoppi che si verificano nelle richieste di accesso agli ammortizzatori sociali si aggiungono alle numerose difficoltà riscontrate dai Consulenti del Lavoro in questo delicato momento” sottolinea la Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone, “che li vede anche alle prese con i rallentamenti del sito dell’Inps, preso d’assalto per le richieste di ammortizzatori sociali ma anche dei bonus previsti dal dl ‘Cura Italia’, e con la necessità di predisporre un’informativa sindacale che non è utile, vista la causale ‘Covid-19 nazionale’ adottata per far fronte all’emergenza. Disguidi che allungano i tempi per l’elargizione degli strumenti di sostegno al reddito ai numerosi lavoratori italiani in attesa. Urgono semplificazione e rapidità”.

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