La nostra intervista esclusiva con Noa, nome d’arte di Achinoam Nini. Il suo messaggio: “Voler essere sempre perfette ci è solo di ostacolo, smettiamola. Quello che conta è continuare a lottare per la pace e l’uguaglianza”
Donna in Affari ha realizzato una intervista esclusiva con Noa, famosa cantante e autrice israeliana di origini yemenite legata da un cordone ombelicale con l’Italia, Paese che lei ama moltissimo e dal quale è anche totalmente contraccambiata, perché il pubblico italiano la adora. Per le nostre lettrici e i nostri lettori, ricordiamo il contributo di Noa alla colonna sonora del film (tre volte premio Oscar) La vita è bella e anche la sua emozione, in ordine di tempo, di esibirsi davanti a Papa Francesco. Un altro bel momento è stato il concerto in streaming per sostenere, tramite la Onlus Cesvi, l’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Per questo suo rapporto speciale con l’Italia, nel 2018 Noa ha ricevuto dal presidente Sergio Mattarella il titolo di Commendatore della Repubblica italiana.
Le novità
Adesso però ci sono delle novità. Il nuovo album di Noa, dal titolo Afterallogy, uscirà infatti il 30 aprile. Prodotto con il suo chitarrista storico Gil Dor, in Afterallogy si cercano risposte a cosa rimarrà dopo la pandemia. Cosa resterà, di noi, dell’umanità, della nostra gioia di vivere, del dono prezioso dell’amicizia e dell’amore? Di questi interrogativi profondi parlano i brani del suo nuovo lavoro, di cui intanto sono usciti in anteprima i due singoli, My funny Valentine (classico del jazz rivisitato con le sonorità di Noa) e Oh Lord!
La nostra intervista
Alle domande sul dopo pandemia, sono le donne quelle che più di tutti cercano quotidianamente delle risposte, per affrontare con maggiore coraggio la dura realtà di questo ultimo anno di sacrifici e sofferenza. La nostra intervista esclusiva con Noa, in inglese, comincia proprio da qui.
Noa, un’artista come lei cosa vuole trasmettere al cuore delle donne? Qual è il messaggio che lei ci dedica in particolare?
I tempi che stiamo vivendo sono senza precedenti. In vita mia non avevo mai provato nulla di simile. Per la vecchia generazione, che ha superato le guerre, questa pandemia forse potrà sembrare una fase passeggera, niente di troppo tragico o insormontabile, ma per me, come per molti di noi, questa è la crisi internazionale più drammatica mai vissuta finora. Penso alle future conseguenze, che saranno complicate. Allo stesso tempo, però, sento dentro di me che le donne hanno un ruolo molto importante da svolgere per la guarigione di cui il mondo avrà sicuramente bisogno. É questo il momento in cui noi donne possiamo brillare. Ho sempre avuto fiducia nella forza delle donne, sia fisica che emotiva. Credo nella nostra resilienza, nella nostra intraprendenza e compassione, perché noi donne abbiamo il dono di donare la vita, di nutrire la vita che nasce. Inoltre, siamo intelligenti e acute, e sappiamo come risolvere i problemi, perciò l’umanità ha bisogno delle donne oggi più che mai.
Per le donne è sempre difficile realizzarsi pienamente e fare della propria vita un capolavoro. Gli ostacoli, le differenze, non sono ancora stati superati perfino in Paesi avanzati come gli Stati Uniti e Israele, nazioni che lei conosce molto bene. Lei cosa consiglierebbe alle giovani imprenditrici, alle artiste e alle donne, in generale, che ambiscono a fare della propria vita un capolavoro? Occorre diventare sempre più perfette per riuscire nella vita?
Cercare di essere sempre perfette è il nostro più grande ostacolo! Un ostacolo che le donne si sono create da sole. Penso che dovremmo smetterla d’inseguire la perfezione e che dovremmo anche piantarla di volere sempre accontentare gli uomini. Noi donne dovremmo impegnarci a fare una sola cosa: del nostro meglio. Credo che le donne siano ancora troppo sottomesse a modelli patriarcali, ai quali ci aggrappiamo ostinatamente in quanto si tratta di riferimenti sociali che sussistono, dappertutto, un po’ in tutte le culture. Il sistema patriarcale è incorporato nell’educazione dei giovani, così tanto condizionante da diventare l’ispiratore numero uno dei ruoli che poi recitiamo nella vita. Ma perseverare con questo “copione cinematografico” è molto dannoso per le donne. Riflettiamoci attentamente! Le donne, con la gravidanza, il parto e lo svezzamento dei bambini, dedicano una enorme quantità del loro tempo a questi compiti, ma io penso che questo carico di doveri dovrebbe essere condiviso da entrambi i genitori, anche con l’ausilio di leggi e servizi sociali dedicati. Poi voglio spendere una parola sulle tre principali religioni monoteiste (ebraismo, cattolicesimo e Islam) che, secondo me, sono state uno dei fattori determinanti dell’incompleta emancipazione delle donne, intesa come rapporto di parità con gli uomini. Questo squilibrio per me dovrebbe cambiare, perché le donne è come se fossero umiliate dalle stesse religioni in cui credono. É per questo che io mi rifiuto di abbracciare dogmaticamente qualsiasi fede. Io sono culturalmente ebrea, ma non in senso religioso. Io credo nell’umanità, gentilezza, uguaglianza, equità, creatività e compassione. E credo fortissimamente nella musica!
In una sua precedente intervista (al Fatto Quotidiano) lei è stata molto esplicita sulle pari opportunità. Lei ha detto: “Molti uomini sono codardi. Temono la forza e il potere delle donne, perché minaccia il loro. Non possono creare la vita, quindi devono dominare colei che la crea”. Come possiamo reagire, senza per questo peggiorare il conflitto già esistente nel rapporto fra i sessi?
Ci sono delle volte in cui non si deve avere paura del conflitto, perché la verità è che non c’è modo di evitare la guerra fra i sessi. Noi donne dobbiamo continuare a lottare, in modo non violento ma irremovibile, fino a quando non sarà raggiunta la completa uguaglianza fra i sessi.
Lei si è autodefinita una “ragazza israeliana yemenita del Bronx”, quartiere di new York dove ha vissuto fino ai 17 anni. Successivamente, ha scelto di ritrovare le sue radici e si è trasferita a Tel Aviv, dove ha prestato il servizio militare e completato i suoi studi musicali. Israele è infatti la nazione dove ha scelto di vivere, con suo marito e i vostri tre figli. Nonostante ciò, lei non condivide le politiche dell’attuale governo israeliano, cosa che le ha creato svariati attacchi sul piano personale. Come gestisce la sua libertà d’espressione e il dispiacere di vedere in atto azioni di governo che non condivide nel Paese dove vive?
Quanto accaduto in Israele negli ultimi 26 anni, da quando fu assassinato il primo ministro Yitzhak Rabin, è molto tragico. Con la sua uccisione non è stato eliminato soltanto un uomo, ma è stato cancellato un sogno: quello della pace. Io sento di avere una missione. Voglio fare rivivere quel sogno con tutte le mie forze, per promuovere la pace e l’uguaglianza. Una nazione non è tale solo per il suo governo, perché i governi vanno e vengono e Benjamin Netanyahu prima o poi se ne andrà. Fino ad allora però Israele è come se fosse stretto in una morsa. Io amo il mio Paese, dove ci sono la mia casa e la mia famiglia, amo la mia gente e tutte le persone, l’umanità intera. Lottare per la pace, per i diritti umani e per le pari opportunità mi sembra una cosa naturale, giusta da fare, quindi io porterò avanti questa missione. Non mi interessa accontentare le persone, cercare di ottenere l’amore del pubblico a tutti i costi, fingendo e recitando una parte. A me interessa trasmettere arte, bellezza, amore, compassione, eccellenza, generosità e tanta luce”.
Approfondimenti informativi
Durante la nostra intervista esclusiva con Noa sono stati citati Yitzhak Rabin e Benjamin Netanyahu. Di seguito diamo alcune informazioni su di loro per chi non li conoscesse.
Yitzhak Rabin, insignito del Nobel per la Pace nel 1994, è stato colpito mortalmente alla schiena da due proiettili la sera del 4 novembre 1995, in una piazza centrale di Tel Aviv (piazza che oggi porta il suo nome). É successo al termine di una manifestazione in cui si sostenevano gli Accordi di Pace di Oslo. All’epoca Rabin, del partito laburista, era il primo ministro israeliano, nonché ministro della Difesa (Rabin era anche un generale), ma era fortemente osteggiato dai partiti di destra e dai conservatori.
Benjamin Netanyahu, soprannominato Bibi, è il primo ministro israeliano uscente, leader e uomo forte del Likud (partito nazionalista liberale di destra). Alle ultime elezioni israeliane (svolte per la quarta volta in due anni), avvenute il 23 marzo 2021, Netanyahu non ha ottenuto la maggioranza dei seggi. É stato infatti il partito islamista Ra’am, del parlamentare arabo Mansour Abbas, a passare la soglia di sbarramento. Sarebbe la prima volta che la formazione di un nuovo governo israeliano dipende da un partito arabo: al momento in cui pubblichiamo questo articolo, tuttavia, la questione è ancora in stallo.
Foto pubblicate per gentile concessione dell’ufficio stampa.
La foto di copertina è di Ronan Akerman.