Diritti Lavoro

Qualità del lavoro, ancora indietro Sud, donne e giovani

Presentata la V indagine sulla qualità del lavoro che ha coinvolto oltre 15mila occupati e 5mila imprese in tutta Italia. La ricerca è stata realizzata dall’Inapp

La V Indagine Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) sulla Qualità del lavoro, che ha coinvolto oltre 15mila occupati (sopra i 17 anni) e 5mila imprese sul territorio nazionale, è stata presentata il 18 gennaio 2023 a Roma durante una giornata di studi presso l’Auditorium dell’istituto. La ricerca è stata introdotta dal presidente, prof. Sebastiano Fadda, che ha subito messo in luce come i risultati indichino che le imprese che hanno puntato su “innovazione, cambiamento organizzativo e buona gestione delle risorse umane sono riuscite a costruire una ‘fortezza virtuosa’ capace di resistere agli shock e di generare un’elevata qualità del lavoro. Queste imprese hanno pagato meno gli effetti della pandemia grazie proprio alla condivisione e alla partecipazione delle attività, alla propensione allo smart working e a un forte orientamento all’innovazione e al cambiamento. Non c’è quindi bisogno né di basse retribuzioni, né di posizioni lavorative precarie, né di limitazioni ai diritti dei lavoratori per garantire solidità e competitività alle imprese; anzi, è vero il contrario”.

La qualità del lavoro? Italia promossa solo a metà
Bene aziende e lavoratori al Centro Nord, indietro Mezzogiorno, lavoratrici e giovani. È questo il risultato delle analisi dei ricercatori dell’Istituto su imprese e lavoratori che colloca il nostro Paese in una sorta di ‘terra di mezzo’ tra quelli dove la qualità del lavoro è più elevata, come i Paesi scandinavi ma anche Germania, Austria, Svizzera e i Paesi dell’Est Europa che sono in fondo alla classifica soprattutto per una scarsa protezione nel mercato del lavoro e dell’ambiente lavorativo (Ocse). In particolare, il 24% dei nostri lavoratori percepisce a rischio la propria salute sul posto di lavoro, questo aspetto risulta più preoccupante nel Mezzogiorno (28%) e tra i dipendenti pubblici (30%). Inoltre, più di un terzo dei lavoratori (37%) dichiara di non avere alcuna flessibilità rispetto all’orario, questo aspetto risulta addirittura più marcato tra le donne (42%) specialmente se dipendenti nel pubblico (50%). Un ulteriore elemento critico evidenziato dai nostri lavoratori riguarda l’immobilismo nelle carriere professionali, che coinvolge il 69% degli occupati e presenta valori addirittura maggiori tra i dipendenti pubblici e tra i giovani 18-34enni (73%). A Tutto ciò si aggiunge una crescente routinizzazione delle attività lavorative, che riguarda in particolar modo i lavoratori del Mezzogiorno, dove il 71% degli occupati dichiara di svolgere attività prevalentemente ripetitive e coloro (68%) incardinati in realtà produttive di piccolissime dimensioni (1-5 lavoratori).

La presentazione della ricerca sulla qualità del lavoro in Italia
Hanno partecipato alla presentazione della ricerca, tra gli altri: Romolo de Camillis, direttore generale dei Rapporti di lavoro e delle relazioni industriali del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali; Tania Scacchetti, segreteria confederale politiche mercato del lavoro e della contrattazione inclusiva della CGIL; Giulio Romani, segretario confederale politiche mercato del lavoro, della formazione professionale, dei servizi all’impiego della CISL; Ivana Veronese, segreteria confederale politiche attive e passive del lavoro, formazione, istruzione e competenze della UIL; Pierangelo Albini, direttore dell’area lavoro, welfare e capitale umano di Confindustria; Guido Lazzarelli, responsabile del settore lavoro, contrattazione e relazioni sindacali di Confcommercio e Antonio Zampiga, responsabile del settore lavoro e relazioni industriali Legacoop.

Imprese smart e qualità del lavoro
Le analisi indicano che per aumentare la qualità del lavoro bisogna migliorare la gestione delle risorse umane e puntare sull’innovazione. Chi lo ha fatto – l’8% delle imprese italiane – ha visto accrescere la propria competitività nei mercati e contemporaneamente la qualità del lavoro per i propri dipendenti. Sono le imprese “smart” (intelligenti) come ribattezzate dall’Inapp. Tali imprese si caratterizzano anche per un’ampia partecipazione sia nella pianificazione delle attività (54,1% dei casi) sia nella discussione dei cambiamenti organizzativi (73,6%) e nell’attenzione al tema del life work balance (l’81% delle imprese ritiene responsabilità dell’azienda la conciliazione vita privata-lavoro). Per queste imprese la qualità del lavoro non costituisce un costo bensì un volano. Tra le imprese “smart” l’introduzione di cambiamenti e innovazioni ha generato nell’85% dei casi un incremento della produttività e nel 78% di fatturato. Inoltre, in circa il 70% dei casi c’è stato un aumento del benessere e della motivazione dei lavoratori. In queste aziende, infine, i lavoratori hanno una maggiore stabilità lavorativa (nel 91% di esse non sono presenti lavoratori a tempo determinato e nel 78% dei casi il precariato porta alla successiva stabilizzazione).

Le altre imprese
Oltre alle smart nello studio Inapp sulla qualità del lavoro emergono altre tre categorie di imprese:

  • le “tradizionali di qualità” (50% delle imprese italiane) con un elevata consistenza di lavoratori permanenti, una bassa propensione allo smart working e un discreto livello di innovazione;
  • le “ibride” caratterizzate da un elevato livello di lavoratori a tempo determinato e una bassa propensione al lavoro agile delle attività (20% delle imprese italiane);
  • le “resilienti” sia in termini di gestione delle risorse umane che d’innovazione (16% delle imprese italiane).

I working paper
I risultati della V Indagine Inapp sulla qualità del lavoro in Italia sono stati diffusi attraverso due working paper:

  • “Le determinanti di un buon lavoro durante l’emergenza sanitaria”. Il paper mira in primo luogo a misurare i livelli di qualità del lavoro della popolazione occupata. Quindi punta a caratterizzare il profilo dell’occupazione italiana rispetto ai differenti livelli di qualità del lavoro, individuando quei segmenti dell’occupazione che presentano bassi livelli di qualità del lavoro e, all’opposto, quelle caratteristiche, dell’individuo e del suo profilo lavorativo, che ne fanno aumentare gli standard.
  • “Le imprese nell’emergenza: caratteristiche, comportamenti e scelte organizzative”. Il paper fornisce una prima ricostruzione del contesto produttivo nazionale a due anni di distanza dall’inizio della crisi per l’emergenza Covid-19, focalizzando l’attenzione sulle scelte organizzative e sulle strategie innovative e competitive intraprese dalle imprese.

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