Imprenditoria Studi e ricerche

Il boom delle medie imprese industriali del Sud Italia

Vanno meglio di quelle del resto del Paese, sono più ottimiste e investiranno in digitale e green, le medie imprese industriali del Sud

Uno schiaffo morale a chi pensa che il Mezzogiorno abbia una mentalità meno imprenditoriale rispetto al Nord: le medie imprese industriali del Sud Italia corrono più veloci delle altre e l’87% di esse (contro il 76% del Centro Nord) conta di chiudere con un aumento del fatturato e ben il 92% (contro l’81% del Centro Nord) prevede aumenti delle esportazioni.

Un futuro roseo per le medie imprese industriali del Sud
Si tratta di realtà produttive che guardano al futuro con maggiore ottimismo: il 40% prevede un aumento significativo della propria quota di mercato (contro il 22,9% delle altre aree d’Italia) e anche per questo motivo, 6 medie imprese industriali del Sud su 10 investiranno in digitale e green, proseguendo il cammino intrapreso tra il 2020 e il 2022 o con nuovi investimenti entro il 2025. Il restante 40% circa non ha ancora investito nella Duplice Transizione o non intende più farlo. Sono le barriere economiche a frenare più della metà delle medie imprese del Sud dal fare investimenti 4.0 (contro il 30% delle altre medie imprese), mentre quelle culturali ostacolano prevalentemente la Transizione Green (38% al Sud, 33% altrove).

I fattori di competitività
I dati sono quelli emersi dall’ultimo rapporto “I fattori di competitività delle medie imprese del Mezzogiorno: il ruolo dei ‘capitali’ strategici” realizzato dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere e presentato il 18 dicembre presso la Camera di Commercio del Sud Est Sicilia a Catania. Le medie imprese industriali del Sud sono appena 361 ma solo loro realizzano il 12,6% del valore aggiunto manifatturiero totale dell’area. In Sicilia se ne contano una quarantina, con fatturato aggregato pari a 1,8 miliardi di euro e una forza lavoro di oltre 4.500 unità.

 

Dinamismo e flessibilità
La maggiore dinamicità delle medie imprese del Mezzogiorno è confermata dai risultati conseguiti nell’ultimo decennio: tra il 2012 e il 2021 queste aziende hanno registrato una crescita del fatturato del 44,4% (contro il 40% delle altre); la loro produttività è cresciuta del 33,1% rispetto al 31% del resto d’Italia e la loro competitività è aumentata di 29,6 punti percentuali rispetto a un incremento di 15,3 punti percentuali delle altre, con rilevante ampliamento della forza lavoro (+29,3% contro +20,7%). E anche il 2022 si è chiuso con un incremento del fatturato nominale delle medie imprese meridionali del 20,9% (+5,5% in termini reali) che supera quello delle altre aree (+16,1% nominale, +1,4% reale). Per quanto riguarda le vendite oltreconfine, le medie imprese del Mezzogiorno hanno archiviato il 2022 con un +25,4% nominale (+10,2% reale) sovraperformando rispetto alle altre aree (rispettivamente +15,7% e +1,7%). Performances ottenute in contesti non sempre favorevoli, basti pensare che nel decennio 2012-2021 il livello di tassazione delle medie imprese meridionali risulta più elevato rispetto al resto d’Italia (valore medio: 32,7% vs 29,9%).

Poche ma buone
“Le medie imprese sono un universo composto ancora da poche aziende nel Mezzogiorno, ma stanno dimostrando di potere fare la differenza per sostenere lo sviluppo del Sud e recuperare il ritardo accumulato con il resto del Paese, anche grazie ad una loro elevata propensione ad investire nella Duplice Transizione e sui temi ESG” ha sottolineato il presidente di Unioncamere Andrea Prete. “Per questo vanno incoraggiate, anche attraverso una più equa fiscalità, affinché possano proliferare numericamente e contribuire a creare nel Meridione un tessuto produttivo più solido e competitivo a vantaggio dell’Italia intera.”

Una Sicilia fiera
“Ospitare la presentazione del rapporto sulla competitività delle medie imprese del Mezzogiorno d’Italia è per la Camera di Commercio del Sud Est Sicilia un momento di passaggio strategico, quasi a sancire una nuova e più vigorosa ripartenza dopo l’impasse degli ultimi anni” ha affermato durante la presentazione Antonio Belcuore, commissario straordinario della Camera di Commercio del Sud Est Sicilia. “Il giusto momento di confronto per fare emergere con sempre più convinzione la vitalità e la complementarità produttiva dei territori del Sud Est Sicilia e la visione di sviluppo comune che oggi il mercato richiede”.

Stop alle “etichette”
“Non esiste un unico Mezzogiorno a cui attribuire un’indiscriminata etichetta di area depressa e senza speranza, ma più Mezzogiorni, alcuni dei quali intraprendenti e ponte di collegamento con il Nord” ha aggiunto Gabriele Barbaresco, direttore dell’Area studi Mediobanca il quale ha portato l’esempio della provincia di Catania, che ha una densità imprenditoriale superiore a quella di Forlì-Cesena, Pesaro-Urbino e Parma. “È fondamentale valorizzare le iniziative imprenditoriali di successo del Sud, certamente nell’ambito delle medie imprese, e diffonderle nelle aree meno sviluppate” ha continuato Barbaresco. “I giovani, frequentemente presenti nelle amministrazioni locali del Sud, devono essere protagonisti del riscatto: essi possono avere un ruolo nell’ammodernamento e nell’efficientamento della macchina amministrativa, condizione essenziale per fare del Mezzogiorno un’area business friendly e pienamente ricettiva della grande occasione rappresentata dal PNRR”.

Parole d’ordine: riorganizzazione e competizione
Quasi la metà delle medie imprese industriali del Sud punta su dimensione e competenze per competere, ma anche sulla riorganizzazione della catena di fornitura. Infatti, in risposta all’instabilità del contesto attuale, il 48,6% delle medie imprese del Mezzogiorno ritiene utile ingrandirsi (contro il 47,8% delle Mid Cap delle altre aree) e ritiene necessario favorire l’ingresso di competenze più evolute nel proprio CdA (32,1% negli altri territori). Inoltre, il 28,6% delle medie imprese del Sud ha in programma di aprire il proprio capitale a soci finanziari (rispetto al 13% nelle altre aree) e l’11,4% prevede di far ricorso al capitale proprietario (contro il 6,8% nelle altre aree). Ritengono anche altrettanto importante una corretta gestione delle catene di fornitura, soprattutto in un momento in cui l’incertezza geopolitica potrebbe metterne a rischio la continuità. Per questo puntano a incrementare il numero dei fornitori, privilegiando quelli di prossimità nella convinzione che la minor distanza riduca i rischi di interruzione e che vi possa essere maggiore collaborazione fra gli operatori.

Potrebbe interessarti