COMUNICAZIONE

La pubblica amministrazione a lezione da Jeremy Rifking

americo-bazzoffia

Con l’internet delle cose, la sharing economy e le fonti di energia alternativa la Pubblica Amministrazione entra nella Terza Rivoluzione Industriale

Siamo a Roma, a Palazzo dei Congressi all’edizione 2016 del “FORUM PA”, il forum della Pubblica amministrazione. Ci troviamo nella sala grande, quella degli incontri importanti e un clima di curiosità e ansia si respira tra gli astanti. Mentre la sala si riempie di spettatori e personalità, ci troviamo di fronte a quello che pleonasticamente si definisce una “grande occasione”, si diffondono cuffie per la traduzione e programmi dell’evento. 

L’appuntamento annuale di FORUM PA diventa quest’anno l’occasione per dare spazio all’analisi e al confronto sui temi legati alla condivisione (amministrazione condivisa), alla rete (“governo con la rete”), alla trasparenza (open government e open data), alla collaborazione (Stato partner).

j-rifkinQuando la sala è gremita, con un po’ di ritardo appare dal fondo della sala l’ospite internazionale che tutti attendevamo: lo statunitense Jeremy Rifkin. “Economist, writer, public speaker & activist”, come lui stesso si definisce, Rifkin è da sempre impegnato a sostegno dell’adozione di politiche governative “responsabili” su vari fronti, da quello ambientale a quello scientifico e tecnologico. The National Journal, una delle maggiori riviste americane di politica, considera Rifkin una fra le 150 personalità che influiscono maggiormente sull’amministrazione pubblica degli Stati Uniti.
Oltre ai saggi tradotti in più di 20 lingue, Rifkin è conosciuto per le consulenze per enti e istituzioni pubbliche. Numerose poi le sue apparizioni televisive in programmi statunitensi (Larry King Show, CNN) e i suoi interventi su importanti giornali europei fra cui il britannico The Guardian, El Pais in Spagna, L’Espresso in Italia e la Suddeutsche Zeitung tedesca.

D’un colpo si fa silenzio in sala, fotografi e cineoperatori vengono fatti allontanare, dopo di che Rifking pretende una attenzione assoluta e viene richiesto di spegnere tutti i cellulari.

L’economista spiega con dovizia di esempi quello che lui definisce “La società a costo marginale zero”. Dall’avvento del capitalismo e del socialismo la scena mondiale è stata modificata da un nuovo paradigma, che trasforma l’economia globale in vista di una società più sostenibile dal punto di vista ecologico. Base di questa rivoluzione, come quelle avvenute nel passato, è la compresenza di una nuova fonte di energia (carbone e petrolio in passato, oggi data dalle energie alternative come quella solare, eolica e geotermica); nuovi mezzi di comunicazione (il telefono nell’Ottocento e la televisione nel Novecento e internet oggi) e nuove modalità di trasporto (il treno a vapore nell’Ottocento, l’automobile e i mezzi di trasporto derivanti dalla combustione di petrolio e derivati, e il car sharing oggi).
“La sharing economy è la terza rivoluzione industriale”.
In particolare Rifkin afferma che tale rivoluzione poggia su cinque dinamiche che coinvolgono la nostra società negli ultimi anni:

  • il passaggio alle energie rinnovabili, 
  • i trasporti non alimentati da combustibili fossili, 
  • l’idrogeno e altre tecniche per l’immagazzinaggio di energie, 
  • la conversione degli edifici in centrali produttive, 
  • la tecnologia Smart Grid.

Tutto ciò finalizzato all’esigenza di prevenzione in vista di una possibile catastrofe climatica: fondamentale in questo senso l’utilizzo di un “Internet delle energie”. Secondo Rifkin “entro 25 anni non useremo più energia derivata dal petrolio e dal nucleare: proverrà integralmente da fonti rinnovabili ”.
In futuro l’energia solare sarà sempre meno costosa tanto che tutti saranno in grado di produrla da soli e vendere quella in eccesso. Questa dinamica conduce a conseguenze innovative: i consumatori assumono contemporaneamente il ruolo di produttori. Diventano prosumer e assumono una maggiore rilevanza all’interno del sistema produttivo.

In questo contesto il capitalismo non scompare. Sopravvive, ma assume un ruolo marginale dal momento che in futuro saremo in grado di superare il mercato e assumere uno stile di vita e un modello – produttivo, economico e culturale – più sostenibile. Ciò è possibile grazie a un Commons collaborativo globale sempre più interdipendente e all’economia dello scambio caratterizzata non tanto dal possesso di beni e servizi quale fine ultimo, quanto piuttosto dalla possibilità di accesso ai servizi, collaborazione e orizzontalità.

Scomparsa la proprietà privata e superato il lavoro subordinato, Rifkin sostiene che la libertà non risiede più nella proprietà di oggetti fisici e materiali, ma nelle molteplici opportunità offerte dalla connettività quale stimolo per processi inclusivi e aperti in cui prevale una sorta di eguaglianza dei contenuti.
Le tecnologie riducono il lavoro umano e danno il via a meccanismi di autoproduzione. Non solo wi-fi, banda larga, big data, dunque, ma produzione di energia, mezzi trasporto e IoT quali elementi decisivi che favoriscono questa rivoluzione industriale. Lo scambio di informazioni mediante il web diventa quindi un elemento essenziale della nuova rivoluzione industriale.

Di fronte a tale scenario viene da chiedersi qual è il ruolo che svolge o che potrebbe svolgere la PA? I Governi e le classi dirigenti hanno tempi di reazione lenti e spesso non sono consapevoli del cambiamento in atto. La sharing economy si espande e si diffonde con grande rapidità, l’internet delle cose è ormai una realtà, le energie rinnovabili si stanno sviluppando e stanno divenendo sempre più vantaggiose. In questo processo di continua e incessante trasformazione le leadership non sono al passo con la realtà in costante evoluzione. Il risultato nella maggior parte dei casi è quello di governi che faticosamente rincorrono gli eventi piuttosto che essere istituzioni capaci di gestire e dettare le linee guida e regole all’interno delle quali l’economia dello scambio possa svilupparsi e prendere forma. Servono nuove norme, ma soprattutto serve una nuova PA.

La nuova PA dovrebbe assecondare e facilitare i processi in corso promuovendo al suo interno un cambiamento di natura culturale ed organizzativo ancor prima che normativo.
L’economia della condivisione è incompatibile con la prassi, di gran lunga dominante, della PA burocratica e verticale che segue un approccio monopolistico e tradizionale per quanto riguarda l’erogazione dei servizi pubblici. Prendiamo l’ esempio del trasporto pubblico urbano, per decenni appannaggio esclusivo del soggetto pubblico. Le nostre città stanno cambiando grazie alla comparsa di nuovi attori che offrono servizi complementari o alternativi a quelli pubblici. Con il car-sharing, il bike-sharing, lo scooter-sharing, il ride.sharing la mobilità si sta trasformando. E l’offerta sarà ancor più conveniente e completa quando, anche in questi settori, saranno rimossi gli ostacoli per le condivisioni peer to peer, tra pari. Dunque la società cambia, cambia la PA se le persone che ne fanno parte saranno in grado di leggere ed affrontare i problemi con nuove logiche e nuovi approcci.

Potrebbe interessarti