Italian Tech Tour 2016

 

Le imprese italiane incontrano gli investitori internazionali

La nascita e la crescita di un’impresa sono gli stadi in cui un imprenditore oltre a buone idee deve avere anche qualcos’altro: gli investimenti. L’opportunità di ottenere le risorse necessarie perché la start-up o l’impresa nascente vadano avanti si crea soprattutto mettendo in contatto imprenditoria e investitori, attraverso piattaforme digitali e meeting. L’Italia si sta facendo strada nel creare queste occasioni d’incontro grazie al supporto sia delle istituzioni sia delle grandi imprese sia delle agenzie governative deputate allo sviluppo dell’innovazione imprenditoriale.
Proprio dalla collaborazione d’intenti tra questi soggetti è stato possibile ospitare per la terza volta nel nostro Paese (la prima è datata 2003), nelle giornate del 15, 16 e 17 novembre 2016, il Tech Tour, evento internazionale che dal 1998 consente alle imprese innovative nel settore tecnologico, che si trovano a diversi livelli nel loro percorso di sviluppo, di presentare il proprio progetto, il proprio lavoro e le proprie prospettive di crescita ad un vastissimo panorama di Venture Capitalist, con la possibilità di ottenere i finanziamenti necessari alla prosecuzione, al consolidamento e alla scalata sul mercato del proprio business.

L’Italian Tech Tour 2016 è partito da Torino con la giornata del 15 Novembre, per approdare a Roma nei due giorni seguenti ed ha visto protagoniste 50 imprese italiane operanti in ambiti quali intelligenza artificiale, apprendimento automatico (machine learning), IoT (internet delle cose), tecno finanza, advertising, virtual sensing, RMS (remote monitoring system), digitalizzazione applicata alla salute, tecnologie del settore agroalimentare, mobilità, che hanno illustrato i propri modelli e più di 100 tra investitori, corporate partners e business angel.
L’organizzazione è stata curata da Techtour in collaborazione con International Venture Club e un ampio partenariato tra cui Pictet, Orrick, Enterprise Europe Network, Alps, Camera di Commercio di Torino, Unioncamere Piemonte, Intesa San Paolo (che ha ospitato la tappa torinese), Invitalia (che ha ospitato la tappa romana), Lazio Innova, Startup Europe, Octo, Pi Campus, Rai Way, Aifi (Associazione italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt), Bae (Business Angel Europe), I3P (Incubatore Imprese Innovative Politecnico di Torino), il Sole 24 Ore.
La selezione delle imprese che hanno avuto la possibilità di presentarsi all’Italian Tech Tour è stata effettuata da una commissione di valutazione di Techtour sulle domande di partecipazione pervenute.

La tappa romana è stata salutata dal benvenuto di Domenico Arcuri, Ceo di Invitalia, Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa del Ministero dell’Economia, che rappresenta uno dei motori di promozione della sinergia tra pubblico e privato per il sostegno dell’imprenditoria nel nostro Paese.
Arcuri ha ricordato come l’Italia si stia impegnando nel sostenere in misura crescente la nascita ed il consolidamento di start-up innovative, attraverso passi in avanti normativi, finanziari, fiscali e la semplificazione burocratica del rapporto tra start-up e istituzioni. Invitalia, in rappresentanza del Governo, ha messo a disposizione un comitato di esperti per la valutazione dei progetti d’impresa, un portale in cui tutti i cittadini che intendano fare proposte nell’innovazione possono interagire in modo trasparente, un fondo, Invitalia Venture, a compartecipazione pubblico/privato per il consolidamento delle imprese innovative.
“Bisogna focalizzare gli investimenti” ha dichiarato Arcuri “in ambiti precisi. In Italia non basta la domanda dei cittadini, ma bisogna intercettare le tendenze di sviluppo futuribili e investire in modo mirato. Non ci si può basare però solo su fondi pubblici, ma serve anche il contributo di grandi imprese e investitori privati per percorrere la strada promettente che abbiamo intrapreso”.
Così la partecipazione delle 50 imprese all’Italian Tech Tour 2016 rappresenta uno dei passaggi evolutivi di un sistema economico in cambiamento, in cui la concezione del fare impresa e di sviluppo dipendono sempre di più da sinergie e non dalla sola volontà del singolo.

L’intervista

Tra le 50 imprese selezionate, le donne a rivestire ruoli cardine sono 8. Per Donna in Affari abbiamo intervistato Gioia Pistola, Presidente e Cofondatrice di Atooma. Ecco la sua esperienza di imprenditrice e partecipante all’Italian Tech Tour:

D: Cosa ti ha portata a pensare di creare proprio questa App?
R: Atooma è una società nata nel 2012 con l’obiettivo di lanciare l’omonima applicazione che rende automatici centinaia di compiti ricorrenti che svolgiamo ogni minuto sul nostro Smartphone, dal più semplice utilizzo dei comandi vocali alla guida, fino all’utilizzo di una certa App musicale mentre facciamo sport. Atooma è in grado di comprendere le nostre abitudini e propone quindi di automatizzare tutto ciò anticipando i nostri bisogni. L’idea ci è venuta pensando a quanto la tecnologia, oltre ad aiutarci, moltiplica il nostro bisogno di attenzione per essere utilizzata e faccia ancora affidamento troppo spesso al nostro input. Miravamo a una tecnologia più umana, in grado di assisterci in modo intelligente.

D: Come funziona Atooma?
R: Ad oggi Atooma, oltre ad aver lanciato due applicazioni disponibili su Smartphone Android e iOS gratuite per tutti gli utenti sin dal 2012, ha lanciato il suo primo Prodotto di punta nel settore dell’internet of things, chiamato Resonance AI. ‘AI’ sta per artificial intelligence, e si tratta di una piattaforma software per sviluppatori ed aziende che vogliono creare o potenziare oggetti connessi (un auto, uno smartwarch, o qualsiasi dispositivo) rendendoli in grado di comprendere come l’utente si comporta per suggerire proattivamente l’utilizzo ed adattarlo al suo personale stile di vita. Questo pacchetto software è disponibile su richiesta e richiede competenze di sviluppo software per essere implementato.

D: Quali sono state le maggiori difficoltà incontrate nella fase di avvio della start-up?
R: Concepire un business model solido e appetibile per gli investitori è stato un passaggio iniziale che ha richiesto molti sforzi. Siamo partiti infatti dall’idea di un prodotto innovativo, più che da un modo per fare soldi, e queste due cose spesso non convergono nella fase di prototipazione. Superato questo scoglio pi ovviamente reperire fondi è stato un processo continuo e che non ammette momenti di debolezza, e soprattutto richiede la capacità di non mollare nonostante i rifiuti che chiunque ha ricevuto. In Italia come Ben sappiamo i fondi privati per le start-up Sono scarsi e allo stesso tempo per essere attraenti all’estero bisogna davvero essere persistenti e lavorare duramente.

D: A tuo parere le differenze di genere incidono nel percorso di creazione d’impresa?
R: Incidono nella stessa misura come in altri ambiti a mio avviso. E quindi la risposta è sì, incidono, se non nella creazione che richiede piuttosto competenze e determinazione a prescindere dal genere, incide nel processo di crescita se si dipende da finanziamenti esterni e si opera nella tecnologia. Il mondo tech è un mondo prevalentemente maschile, lo sono gli investitori, lo è il pubblico agli eventi. Questo è quanto più vero in Silicon Valley, ecosistema che spesso è stato criticato come il trionfo del bianco, maschio, e della bro-culture. In Italia forse nemmeno ci arriviamo, ovvero la propensione al rischio delle donne sembra essere inferiore a quella maschile, frenando sul nascere la parità di condizioni necessaria per poter giudicare quanto il genere influisca sulla crescita delle Start-up.

D: Nella tua esperienza a che punto è l’Italia nel favorire l’incontro tra investitori e idee?
R: Oggi rispetto al 2011, quando abbiamo iniziato noi, la situazione è decisamente evoluta in positivo. E lo dico per numero di start-up, di acceleratori aperti e finanziati, quantità di soldi investiti, e quindi anche di competenze messe in circolo. In tutto ciò però è ancora un ecosistema debole, fatto spesso di singole iniziative che non si agganciano a fondi più grandi per garantire continuità nello sviluppo delle start-up, o senza un vero collegamento con le aziende che dovrebbero comprare innovazione. C’è un gran fiorire di iniziative anche grazie a fondi pubblici, spesso però difficili da accedere. Personalmente sono molto felice quando sento di imprenditori italiani all’estero che decidono di tornare in Italia perché possono portare una cultura dell’innovazione senza eguali, bisognerebbe incoraggiare di più la presenza di persone competenti a ogni anello della filiera.

D: Cosa ti aspetti dal Tech Tour?
R: È un’occasione per incontrare investitori e fare networking, ci aspettiamo di incontrare persone con cui siamo già in contatto e quindi di agevolare lo scambio con interlocutori almeno europei. Come sempre, poi, ascoltare anche le presentazioni di molte altre start-up più o meno di successo è sempre uno stimolo a interrogarsi sul proprio percorso, auto criticarsi se necessario, e farsi una idea di come sta andando il mercato start-up in Italia.

D: Qual è il primo consiglio che tu daresti a chi ha un’idea e vorrebbe creare un’impresa?
R: Di studiare prima e di informarsi su tutti gli aspetti legati al proprio Business e al processo di creazione di impresa e fundraising. La concorrenza è spietata e soprattutto se si mira all’estero bisogna davvero essere i migliori in quel che si fa. Oltre a questo, direi di creare il proprio team con molta attenzione perché è ciò che farà la differenza. Infine, ricordarsi che chiunque sia riuscito in quel che faceva è stato di certo qualcuno che non ha mollato di fronte a grandi difficoltà.

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