Lavoro Mestieri e professioni

Intervista al presidente di PA Social

Comunicazione pubblica, rivoluzione in corso. Arriva un nuovo modello organizzativo. Intervista al presidente di PA Social Francesco Di Costanzo

PA Social è la prima associazione dedicata alla comunicazione e all’informazione digitale. Ne abbiamo intervistato il presidente.

PA Social per una nuova PA
Nuovo modello organizzativo che integra in un’unica redazione più figure professionali, trasparenza nella comunicazione, informazione digitale. Il tutto con un obiettivo fondamentale: la centralità del cittadino. È la ricetta del presidente di PA Social Francesco Di Costanzo per superare la legge 150 e dare una svolta digitale alla comunicazione pubblica.

La svolta digitale della comunicazione pubblica
La comunicazione pubblica si appresta ad una vera e propria svolta digitale. Lo scorso gennaio si è insediato presso il Ministero per la Pubblica amministrazione un tavolo di confronto per la riforma della legge 150. Tra gli interlocutori seduti al tavolo PA Social, la prima associazione italiana dedicata alla comunicazione e all’informazione digitale, e il suo presidente Francesco Di Costanzo.

Pres. Di Costanzo
Foto di Francesco Pierantoni

Presidente, a che punto siamo? Quali sono le vostre proposte?
“Nonostante le molte difficoltà che ancora stiamo vivendo per l’emergenza, il lavoro del tavolo partito a gennaio è andato avanti e a giugno è stato presentato al ministro Fabiana Dadone un documento condiviso da tutti i principali attori della PA, del giornalismo, della comunicazione, delle nuove professionalità digitali. Come PA Social fin dalla nostra nascita sottolineiamo la necessità di una forte svolta digitale e finalmente, grazie anche allo straordinario lavoro di tanti professionisti in tutta Italia, il percorso è ben avviato. Svolta digitale con il riconoscimento delle professionalità della comunicazione e informazione digitale, nuovo modello organizzativo da redazione unica che integri e potenzi le varie professionalità coinvolte, trasparenza con forte connotazione comunicativa, attenzione specifica ai piccoli enti e a settori particolari come sanità, istruzione, cultura, nuove assunzioni con solide competenze di comunicazione e informazione digitale, apertura dell’Ordine dei Giornalisti alle attività e alle professionalità digitali, ampia applicazione in tutti i settori della PA e del servizio pubblico, manutenzione costante per evitare mancate applicazioni come successo per la legge 150 del 2000. Il tutto con un obiettivo fondamentale: la centralità del cittadino. Grazie alla forte volontà del ministro Dadone e all’attenzione e al lavoro di tutti gli stakeholder interessati, il percorso va avanti, sperando in tempi rapidi e certi. Come PA Social non molliamo di un millimetro e diamo appuntamento a tutti gli interessati alla sesta edizione degli Stati Generali della nuova comunicazione pubblica (16 ottobre a Perugia) che quest’anno avrà la riforma tra i temi centrali”.

Giornalista, comunicatore, social media editor, video maker, foto reporter. Nell’era del digitale chi è il professionista della comunicazione pubblica? Quali caratteristiche deve avere?
“Prima di tutto direi che ormai da tempo è arrivato il momento di superare le diatribe e le discussioni sterili tra il giornalismo e la comunicazione. Remiamo tutti dalla stessa parte, nel quotidiano, anche per l’impatto delle piattaforme digitali, o fai un lavoro comune con vantaggi reciproci o avrai sicuramente risultati peggiori. Comunicazione e informazione non possono più prescindere dalle competenze digitali: servono professionalità dedicate, aggiornamento e formazione costante, scambio di buone pratiche, attenzione continua alla qualità, capacità di gestione del dialogo, dell’interazione, di analisi e comunicazione dei dati. Ormai servono figure con competenze ampie e con la curiosità, la possibilità e la capacità di aggiornarsi costantemente. Il mondo del digitale è sempre in rapida evoluzione e anche il giornalismo e la comunicazione non possono essere da meno”.

L’emergenza sanitaria legata al diffondersi del Covid-19 non ha solo stravolto le nostre vite e la nostra società, ha anche rivoluzionato il modo di fare informazione. Com’è cambiata la comunicazione negli ultimi mesi? 
“L’emergenza ha rivoluzionato tutto e di conseguenza anche il modo di fare informazione e comunicazione. C’è un faro enorme sul digitale, sulle nuove modalità di lavoro, sulle competenze, dobbiamo essere bravi a sfruttare le opportunità e a mettere le basi perché non sia solo una risposta all’emergenza, ma un cambiamento strutturale e culturale completo. Durante il lockdown e anche nelle fasi successive sono nate nuove esperienze di comunicazione, sono stati attivati molti nuovi canali, c’è stato un impegno e una partecipazione straordinaria da parte di tanti professionisti per mettere in campo comunicazione, informazione, servizi ai cittadini. Questo deve far parte, in modo strutturale, della nuova normalità, che ancora non sappiamo con certezza quale sarà, ma sicuramente avrà il digitale al centro”.

È d’accordo con la teoria che il citizen journalism porterà di fatto “all’estinzione” del giornalista/comunicatore tout court? E, in quel caso, come sarà possibile riconoscere e difendersi dalle fake news?
“Non credo che sarà così. Il ruolo del giornalista e del comunicatore è oggi ancora più importante, per questo serve uno scatto e una forte volontà di aggiornarsi e saper rispondere alle chiamate dell’innovazione. La capacità di partecipazione da parte del cittadino è un elemento importante, ma non toglie centralità, anzi a mio modo di vedere ne aumenta il valore, al ruolo delle professionalità. Non solo per difendersi dalla disinformazione, che è ovviamente un tema centrale al quale possiamo rispondere soprattutto con una comunicazione e informazione pubblica sempre più forte e di qualità, ma perché il mondo, anche alla luce di quanto successo con l’emergenza, avrà sempre più bisogno della competenza e di qualcuno che sappia offrire un punto di riferimento, una bussola, un orientamento nel mare magnum di informazioni e comunicazione che noi tutti riceviamo quotidianamente”.

La Legge 150 del 2000 è nata di fatto con l’intento di istituzionalizzare la comunicazione pubblica, legittimando la funzione dell’Urp e inserendo la possibilità di ricorrere in organico alle figure del portavoce e dell’addetto stampa. In che percentuale è stata realmente applicata? Come farà questa nuova riforma ad essere più incisiva della precedente e non restare soltanto l’ennesima chimera?
“Sono passati 20 anni, la legge 150 è stata sicuramente importante così come altri passaggi, piccoli e grandi, che hanno avuto il merito di dare un ruolo alla comunicazione e informazione pubblica. Oggi però è superata dagli eventi, dagli strumenti, dall’avvento di nuove professionalità, va aggiornata con una legge che abbia la capacità di rispondere alle esigenze del presente e del futuro. Siamo in grande ritardo e quindi dobbiamo essere in grado di guardare più avanti possibile. Nel documento che abbiamo presentato al ministro si chiede non solo tempi rapidi e certi, ma anche un lavoro costante di monitoraggio e ‘manutenzione’ della riforma per evitare quello che è successo con la 150, che è stata poco applicata, magari anche prevedendo degli incentivi per le amministrazioni virtuose”.

LA FOTO DI COPERTINA E’ DI FRANCESCO PIERANTONI

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